UNIVERSITÀ E SCUOLA

Studenti all'estero: le nuove frontiere del business

Entro il 2024 circa 3 milioni e 900.000 studenti nel mondo lasceranno la propria nazione per frequentare una università all’estero. Nel 2011 erano tre milioni. Le previsioni sono riportate nel rapporto The future of the world’s mobile students to 2024, pubblicato pochi giorni fa dal British Council (BC), l’organismo del governo britannico per l’educazione e la cultura. La ricerca, condotta su 56 nazioni, coniuga recenti dati OCSE sui flussi migratori con proiezioni demografiche elaborate dalle Nazioni Unite e con previsioni macroeconomiche della Oxford Economics. Il lavoro rappresenta il risultato di un difficile calcolo i cui fattori - sociali, politici ed economici – si intrecciano fittamente, evolvendosi in direzioni anche inaspettate.

Negli ultimi anni il settore dell’educazione è andato incontro a una sostanziale espansione, ancora presente nonostante la crisi economica. In particolare, a livello universitario è cresciuta velocemente la sua componente internazionale, che rappresenta un mercato d’esportazione piuttosto lucrativo per molte nazioni. Secondo il rapporto BC, a beneficiare della mobilità studentesca saranno in futuro ancora i “mercati tradizionali” - Stati Uniti, Regno Unito,  Australia, Germania e Canada - ai quali si affiancheranno nazioni emergenti  nel campo dell’educazione, come Cina e Malesia. Già l’anno scorso, infatti, la Cina ha ospitato 328.000 studenti internazionali; l’obiettivo è quello di raggiungere il mezzo milione entro i prossimi due anni. Sul fronte delle iscrizioni universitarie, nel 2024 sarà indiano il tasso di crescita più rilevante, in accordo con le proiezioni demografiche secondo cui India, Cina, Indonesia e Stati Uniti conteranno più della metà della popolazione mondiale compresa fra i 18 e i 22 anni.

Il British Council indica che il numero di studenti in uscita crescerà in media dell’1,8% all’anno, continuando quindi un trend positivo, ma in evidente calo rispetto al tasso di aumento del 6% registrato in anni recenti. Un appianamento fisiologico, sul quale influisce in buona parte la crescita nel campo dell’educazione dei paesi Bric, in particolare della Cina, che sta sviluppando molto rapidamente un proprio sistema educativo. Il grande flusso di studenti continuerà comunque ancora a muovere dalla Cina e dall’India verso gli Stati Uniti e il Regno Unito;  entro il 2024 le due nazioni manderanno all’estero rispettivamente 855.000 e 376.000 studenti, per circa un terzo di tutta la mobilità studentesca globale, e ben tre quarti di quella statunitense. Si è stimato che se la crescita economica in Cina e India rallentasse, il numero di studenti internazionali diminuirebbe globalmente di 52.000 unità.

Terza nazione fra i maggiori “esportatori” di studenti potrebbe presto essere la Germania. In questo stesso contesto, potrebbero emergere Arabia Saudita, Nigeria, Nepal, Pakistan, Iraq, Brasile, Turchia e Indonesia. Il declino demografico potrebbe invece causare una diminuzione degli studenti in uscita dalla Corea del Sud e dal Giappone, importanti paesi esportatori in passato. Secondo il rapporto BC, fra il 2011 e il 2024 i maggiori flussi di mobilità partiranno dalla Nigeria verso la Gran Bretagna, dall’Arabia Saudita agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, dal Pakistan alla Gran Bretagna, e dal Nepal agli Stati Uniti. 

Fra le maggiori nazioni “riceventi”, l’Australia sarà probabilmente la più penalizzata da fattori interni, fra i quali una moneta molto forte e l’alto costo della vita, poco invitanti per gli studenti internazionali: il numero di studenti indiani è infatti piombato da 27.000 nel 2009 a 14.000 nel 2011. Il rinnovato quadro dell’Australia,  che in un rapporto BC precedente era stata erroneamente stimata come futura nazione leader per velocità di crescita del mercato di studenti stranieri (posto invece conquistato dagli Stati Uniti),  fa comprendere la fragilità dei calcoli operati dall’organismo britannico, soggetti a variabili non controllabili. Con aplomb inglese, dunque, il rapporto avvisa che le proprie previsioni  potrebbero aver sovrastimato la crescita delle immatricolazioni internazionali nei mercati tradizionali e allo stesso tempo non aver tenuto in debita considerazione destinazioni pronte ad emergere. 

Chiara Mezzalira

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012