UNIVERSITÀ E SCUOLA

Federica dalla Scuola Galileiana a Kathmandu

Quel mondo così lontano non lo scorderà mai. “Non c’è paragone. Per me è stato molto più emozionante immergersi nelle atmosfere di Kathmandu che ritornare a casa. Qui sembra tutto grigio, laggiù, invece, la  vita è piena di colori, i panorami sono stupendi, la gente è molto cordiale”. Federica Poletti racconta con sorridente malinconia i suoi quattro mesi trascorsi in Nepal, da febbraio a maggio. In quella fetta di mondo, compresa fra la pianura del Gange e la catena dell’Himalaya,  Federica è arrivata per caso: attraverso il servizio stage all'estero dell’università di Padova, aveva appreso che la Società Dante Alighieri di Kathmandu offriva un posto di stagista a una laureata in lettere e filosofia; detto e fatto, ed eccola prendere l’aereo da Milano e decollare con in valigia l’entusiasmo e la voglia di avventura dei suoi 22 anni.

Federica frequenta il primo anno della specialistica in Scienze Filosofiche alla Scuola Galileiana di Padova. Alla scuola superiore dell’ateneo è giunta dal liceo Maffei di Verona nel 2008. Ora che il periodo formativo sta avvicinandosi al traguardo, sente che è tempo di decidere cosa fare da “grande”. Le piacerebbe operare nel mondo della cultura in ambito internazionale, magari arrivare fino all’Unesco o fare la giornalista. Lo stage di lavoro a Kathmandu le è parsa un’esperienza per “gettare anche uno sguardo sul mondo”. E ora mette insieme scampoli di ricordi e frammenti di “avventure” con entusiasmo e nostalgia.

Nella sede della Società Dante Alighieri in Nepal, Federica si è occupata dell’organizzazione di eventi culturali incentrati sull’Italia, mentre una sua collega di stage insegnava la lingua. Ha anche organizzato un festival del cinema italiano e curato la pubblicazione di un inserto poi ospitato su un giornale locale dedicato alla Mille Miglia e ad altri avvenimenti “made in Italy”. Non solo, ha anche realizzato una parte del progetto socio-antropologico curato da ricercatori  dell’università di Padova, che stanno studiando il territorio e le popolazioni di etnia sherpa nella valle del Khumbu, sotto l’Everest.

Federica era anche incaricata di raccogliere, per un progetto dell’Università di Padova e dell’Università Tribhuvan in Nepal, campioni di saliva di Sherpa,che sarebbero serviti  a studiare la popolazione di quelle zone in relazione al loro ambiente e alle leggende sulle loro origini . Proprio attraverso l’esame del Dna si cercherà di ricostruire i movimenti dei vari clan Sherpa nello spazio e nel tempo. Ma come si fa a prelevare la saliva alla gente, dopo averne ottenuto il consenso e averla informata sulle finalità del progetto?

“A Padova, il professor Gian Umberto Caravello mi aveva dato speciali kit: un tubicino di plastica con dentro della bambagia e un scheda dove dovevo annotare le generalità delle persone cui prelevavo la saliva. Sono andata in un’agenzia di trekking di Kathmandu e sono partita con una guida, che parlava la lingua degli Sherpa e un po’ d’inglese, alla volta di Lukla a quota 2 800 metri. In quindici giorni abbiamo raggiunto vari villaggi fino a 5 400 metri e cammin facendo, nei vari lodges (ostelli) che incontravamo, ho raccolto 34 campioni di saliva”. 

Federica è stata la seconda studentessa universitaria padovana a fare uno stage di lavoro in Nepal. Fra il Bo e l’università nepalese di Tribhuvan  è in atto da tempo una collaborazione scientifica che prevede lo scambio di docenti, ricercatori e studenti, ma anche ricerche e interventi A Padova ci sono diversi studenti nepalesi, ma dalla città del Santo le “migrazioni” verso Kathmandu si contano ancora sulle dita di una mano.

Federica sa parlare con l’accento di chi ne ha già viste tante: “Certo la capitale nepalese non è una città facile per viverci. Sono arrivata a febbraio e ho scoperto che nelle case non c’è riscaldamento. L’elettricità viene data a determinate fasce orarie per 11 ore al giorno. Non ci sono semafori, le strade sono in uno stato pietoso. Ma c’è tutto un altro mondo che ripaga dei disagi: una natura meravigliosa, gente dall’ospitalità genuina, che in ogni momento ti offre una tazza di the, ci sono i templi buddhisti e induisti, la cultura, le tradizioni, profumi e  colori inimmaginabili”. Un “paradiso abitato da dannati” l’avrebbe definito la scrittrice Anna Maria Ortese.

Una dimensione nello stesso tempo antica e selvaggia, irreale alle nostre latitudini, dove lo spirito di adattamento non deve mancare, soprattutto nei giovani. Ma quando si è così lontani dal mondo di tutti i giorni qualcosa sarà pur mancata a Federica. “Sì, certo, la mozzarella e lo spritz” risponde divertita.

Valentino Pesci

 

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