CULTURA

Galileo e Padova: un viaggio attraverso scienza, arte e storia

Consumai li diciotto anni migliori di tutta la mia età. Così Galileo Galilei raccontava la sua esperienza a Padova dalla lettera A Fortunio Liceti. E non poteva che essere così: il genio, che rivoluzionò il mondo e il cielo così come erano intesi prima delle sue scoperte, trascorse a Padova uno dei periodi più prolifici della sua attività, protetto da una città e da un’università che gli garantì – cosa rara in quegli anni – un ambiente culturalmente ricco e soprattutto libero. Un insegnamento, non soggiogato dal controllo di religiosi, calvinisti o cattolici, dove la più ampia libertà di pensiero si accompagnava, come scrivevano i cronisti dell’epoca a una vita in cui “studenti e viaggiatori affollavano strade e locande […] e molti sono i francesi che vengono a Padova non solo a studiare ma a imparare la danza, le belle maniere, a vivere insomma”.

E in questo ambiente, ancora oggi culturalmente ricco, una mostra celebra la figura di Galileo, non solo scienziato, ma anche letterato, imprenditore ante litteram, storico dell’arte, musicista e artista.

Un percorso ai più sconosciuto, sciolto in Rivoluzione Galileo. La scienza incontra l’arte, allestita dal 18 novembre con un progetto della Fondazione Cariparo in collaborazione con l’università di Padova e curato da Giovanni Carlo Federico Villa.

Un viaggio in compagnia di Galileo con 150 opere in grado di creare un cammino ideale dagli anni immediatamente precedenti allo scienziato fino ad arrivare all’epoca contemporanea, sancendo quello che fu Galileo: un traghettatore di un passaggio epico e millenario dal transito del cielo pensato dagli astrologi a quello invece studiato dagli astronomi.  Si tratta di una narrazione visiva: i visitatori saranno accompagnati attraverso celebri rappresentazioni cartografiche del Cinquecento – su tutte la Mappa celeste boreale e la Mappa celeste australe di Albrecht Dürer – e le tele con le raffigurazioni dei Quattro elementi di Abraham Govaerts e dei Bruegel, la Via Lattea di Rubens del Prado e quella di Tintoretto ad introdurre la luna raccontata da Van der Neer nel dipinto al Kunsthistorisches Museum di Vienna arrivando all’opera capace di visualizzare mirabilmente l’“ammasso di innumerevoli stelle”, nelle parole di Galilei: il capolavoro di Adam Elsheimer raffigurante una notte di plenilunio con il cielo solcato dalla Via Lattea, prima eco pittorica del Sidereus Nuncius.

Galileo fu il primo, nel 1609, ad osservare la Luna con quel cannocchiale descritto al doge di Venezia quale efficacissimo strumento di guerra. E con quelle osservazioni parlò del nostro satellite descrivendone “le catene di monti e di profonde valli”. L’inizio di quello che poi è diventata l’osservazione e la scoperta dell’Universo, grazie all’uso di lenti sempre più straordinarie. E proprio il cuore della mostra è la scoperta della Luna e del cielo stellato sopra di noi. Il Galileo scienziato sarà mostrato anche nella sua veste di artista con quegli acquarelli (le Sei fasi lunari del 1609) capaci, grazie a una maestria fuori dal comune, di suggerire, attraverso un gioco di luci ed ombre, la struttura fisica della Luna. Da qui si dipana un altro percorso, che porterà il visitatore attraverso le parole di Italo Calvino fino alle immagini moderne della Nasa, in un parallelo che permetterà di comprendere quanto le osservazioni di Galileo fossero accurate e corrette.

In esposizione anche reperti di cannocchiali, come quello in legno e cartone di Fontana e Campani, a dialogare (anche con l’ausilio di installazioni di video-mapping) con le osservazioni compiute, arrivando poi a Jules Verne, al Barone di Munchausen illustrato da Gustave Doré e alla contemporaneità di artisti quali Paolini, Pagler, Ernst, Taut, ma anche Hergé con il suo Tintin e le immagini dei film di Georges Méliès e Martin Scorsese.

Si tratta di un racconto fortemente “interattivo ed emozionale”, nelle parole del curatore Giovanni Carlo Federico Villa, che lascerà stupito il visitatore nel riconoscere quanto genio avesse lo scienziato, anche oltre agli ambiti che gli sono comunemente attribuiti.

E in un tragitto di questo tipo, la collaborazione con l’università di Padova non poteva che essere forte, visto il legame tra l’ateneo, la sua storia e la figura di Galileo. Era infatti il 7 dicembre del 1592 quando il Maestro tenne la sua prima lezione inaugurale. A Palazzo Bo, all’ingresso dell’Aula magna, viene custodita la Cattedra da cui Galileo teneva lezione. Negli archivi sono custoditi documenti risalenti agli anni del suo insegnamento che porteranno, come spiega il rettore Rosario Rizzuto, “alla pubblicazione di un nuovo approfondimento sugli anni galileiani a Padova” da cui emergeranno anche aspetti non consueti della personalità e dell’esperienza padovana dello scienziato. “La nostra volontà – afferma Rizzuto - è di dare voce alla tradizione musicale in casa Galilei, innanzitutto, ma anche di evidenziare la portata degli studi teorici che vedono impegnato Galileo proprio sulla musica. Il progetto, che porterà alla realizzazione di un grande concerto, è in via di definizione con la Fondazione Studi e Ricerche Benetton, che ha una linea di ricerca riservata alla musica antica. Grazie all’attenta regia di Giovanna Valenzano, prorettore al patrimonio artistico, musei e biblioteche, l’ateneo affiancherà questa importante mostra anche con un programma di incontri e approfondimenti”, affidati a noti docenti come Cesare Barbieri e Maurizio Rippa Bonati.

Infine verrà realizzato un itinerario che raggiunga i luoghi della città caratterizzati dalla memoria viva di Galileo: dal Palazzo del Bo, alla Specola, passando per il museo della Medicina e quello di Fisica.

Un abbraccio ideale a Galileo, un tributo allo studioso che molto diede alla storia e alla notorietà di Padova.

Mattia Sopelsa

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