SOCIETÀ

La genetica parla chiaro: il concetto di razza non esiste

L'articolo 3 della costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Negli scorsi giorni uno dei candidati alle elezioni regionali della Lombardia ha espresso esternazioni in merito alla difesa della “razza bianca” dal rischio immigrazione, aggiungendo poi che “dovrebbe anche cambiare la Costituzione perché è la prima a dire che esistono le razze”.

Fare appello alla Costituzione per giustificare almeno in parte l'utilizzo del termine razza è un'argomentazione che non può reggere: nel momento in cui si sostiene che la razza bianca va difesa, si sta apertamente andando contro la Costituzione, che stabilisce che non debba esserci alcuna disparità di trattamento tra cittadini.

Quanto all'esistenza delle razze umane, oggi la comunità scientifica di genetisti e antropologi concorda in maniera pressoché unanime nell'asserire che il concetto di razza umana sia del tutto infondato. A ribadirlo sono due comunicati, uno pubblicato dall'Associazione genetica italiana (Agi) e l'altro da varie società e associazioni che rappresentano la comunità degli antropologi italiani. Il dato genetico parla chiaro: ognuno di noi condivide il 99,9% del patrimonio genetico con qualsiasi individuo umano. Questo perché negli ultimi 200.000 anni le popolazioni di Homo sapiens partendo dall'Africa si sono spostate in nuovi ambienti e si sono accoppiate tra loro, rimescolando ogni volta il corredo genetico. Le differenze che osserviamo oggi, colore della pelle, dei capelli e degli occhi, capacità o incapacità di digerire il lattosio, vanno ricercate in quel misero 0,01%. Inoltre, quello 0,01% di differenze è distribuito in modo tale che ciascuna popolazione umana ospita in media l’88% della variabilità dell’intera specie. E se prendiamo due persone qualsiasi, provenienti da due qualsiasi aree geografiche della Terra, troviamo che le differenze genetiche tra di loro sono troppo poche per poter stabilire l'esistenza di raggruppamenti genetici tali da identificare razze umane diverse.

Destituire di fondamento scientifico il concetto di razza umana tuttavia non è sufficiente per eliminare il razzismo, un fenomeno che persiste, sul piano culturale.

Un gruppo di studiosi italiani (biologi, antropologi, linguisti, giuristi, genetisti, bioeticisti, giornalisti) ha recentemente partecipato alla pubblicazione di un volume intitolato No razza, sì cittadinanza, edito da Ibis edizioni e a cura di Manuela Monti, docente di scienze biomediche della Scuola Universitaria Superiore di Pavia, e Carlo Alberto Redi, professore di zoologia all'università di Pavia. Gli autori del volume discutono della possibilità di eliminare dalla Costituzione la parola “razza” (per un'analisi approfondita del termine razza nella Costituzione si rimanda a questo articolo). Il dibattito è stato aperto nell’ottobre del 2014 da un appello rivolto dagli antropologi Olga Rickards e Gianfranco Biondi alle più alte cariche dello Stato, pubblicato sul sito web Scienza in rete. L’idea è stata poi rilanciata dall’Istituto italiano di antropologia e dall’Associazione nazionale universitaria antropologi culturali.

Un dibattito analogo era sorto in Francia nel 2012 quando François Hollande aveva promesso che si sarebbe impegnato a sopprimere la parola “razza” da tutta la legislazione in vigore. Il nuovo testo costituzionale avrebbe dovuto recitare “La Repubblica combatte il razzismo, l’antisemitismo e la xenofobia. Non riconosce l’esistenza di nessuna razza presunta”. Per varie ragioni di tattica politica il progetto si è arenato e la promessa di Hollande non è andata a buon fine.

Nel volume collettaneo Pietro Greco, giornalista scientifico, dedica un capitolo a una breve storia del termine “razza”, da Erodoto ai giorni nostri: a cavallo tra Settencento e Ottocento la teoria gerarchica delle razze era ritenuta valida e proliferavano le classificazioni delle razze umane in base a dati morfometrici e frenologici. Tuttavia, delle centinaia di catalogazioni proposte, non ve n'erano due che concordassero: un brutto segno per il rigore scientifico di quegli studi.

“È chiaro a tutti che abolire il termine ‘razza’ non significa certo abolire il razzismo: le parole però, come il fuoco e la ruota, sono uno strumento tecnico inventato dall’uomo di potenza devastante” scrivono in un capitolo i curatori Monti e Redi. “Il persistere nell’utilizzo di questo termine è dannoso poiché incoraggia atteggiamenti culturali discriminatori e frena l’integrazione dei migranti, non solo in Europa”.

Non tutti gli autori del volume tuttavia concordano nell'asserire che la soluzione più opportuna sia quella di cancellare il termine “razza” dalla Costituzione. Secondo il genetista Guido Barbujani (intervistato qui da il Bo Magazine) l’idea di eliminare la parola “razza” dall’Articolo 3 muove senz’altro da intenzioni nobili. Barbujani però dubita che Terracini, La Pira e tutti coloro che collaborarono alla stesura dell’Articolo 3 stessero pensando ai biologi: “in quel momento, non era tanto la discussione sulle nostre differenze biologiche che contava, ma la recente e drammatica esperienza delle leggi razziali del 1938”. La presenza del termine “razza” servirebbe dunque per tenere viva la memoria.

“Talvolta sono contrari all’abolizione del termine razza dalle costituzioni proprio coloro che non ci aspetteremmo, cioè le vittime storiche delle discriminazioni razziali e i loro discendenti” nota nella sua analisi del termine razza il filosofo della scienza Telmo Pievani, il quale tuttavia sostiene che “non abbiamo bisogno dell’essenzialismo sotteso al concetto biologico di razza né per discriminare né per vietare la discriminazione”.

Il 5 agosto 1938 usciva il Manifesto della razza,firmato da un gruppo di studiosi fascisti sotto l'egida del ministro della cultura popolare, in cui veniva stabilito che le razze umane esistono, compresa la “pura razza italiana”, che gli ebrei non appartengono alla “razza italiana”, e che la razza è un concetto puramente biologico. Oggi, a 80 anni dalle leggi razziali in Italia, ancora ci troviamo a discutere di razze umane nel dibattito politico. Pochi giorni fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che sarà ospite a Padova l'8 febbraio prossimo per l'inaugurazione dell'anno accademico) ha nominato senatrice a vita Liliana Segre, testimone diretta dell'Olocausto, sopravvissuta ad Auschwitz. Quello della prima carica dello Stato è stato letto come un segnale chiaro sulla assoluta impossibilità di negoziare valori fondanti come l'antirazzismo e l'antifascismo.

Francesco Suman

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