SOCIETÀ

Genitori digitali

Stanchezza eccessiva, problemi scolastici, diminuzione dell’interesse per gli hobby, isolamento dagli amici, disobbedienza e ribellione. A descrivere i campanelli d’allarme relativi a un uso problematico del web da parte delle giovani generazioni è Alessio Vieno, responsabile  scientifico di Lab ID, laboratorio di ricerca su internet e dipendenza del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’università di Padova. “Ai genitori consigliamo di parlare e confrontarsi il più possibile con i propri figli, di insegnare loro come proteggersi online offrendo gli strumenti per tutelarsi e mettendo in chiaro di chi possono fidarsi”.

Nel libro Genitori digitali di Barbara Volpi, recentemente pubblicato da Il Mulino, si cercano strumenti e buone pratiche per educare responsabilmente i figli nell’era di internet, partendo da una domanda, che oggi si presenta come una vera e propria sfida: come possiamo proteggerli dai tanti pericoli della rete? “La navigazione nel mondo digitale – si legge nel libro - non ha solo prodotto un cambiamento profondo in tutte le sfere del vivere quotidiano, spaziando dal gioco alle amicizie, alla comunicazione, al lavoro, ma ha anche messo alla prova e trasformato in modo sostanziale il nostro modo di essere genitori richiedendoci inevitabilmente, per assolvere al compito primario della crescita dei nostri figli, il plusvalore della digitalità”.

Una ricerca del Pew research center del 2016 (Parents, teens and digital monitoring) ha fornito interessanti dati relativi al controllo delle attività in rete dei ragazzi da parte della famiglia: emerge che “il 61% dei genitori di giovani tra i 13 e i 17 anni controlla la cronologia del pc allo scopo di individuare i siti consultati dai figli, il 60% spia il profilo dei social network […], il 94% riporta di non aver mai discusso con i propri figli riguardo al materiale da condividere online, il 95% non ha mai consigliato loro i contenuti da visionare e non ha mai espresso la propria opinione su un utilizzo appropriato dei media”. Al tempo stesso, pur non avendo mai avuto un confronto costruttivo con i figli, “il 65% dei genitori si avvale della propria importanza per scopi punitivi, togliendo la possibilità di accesso alle loro protesi psichiche”. In sintesi: se ti comporti male, ti tolgo l’accesso a internet. E non c’è altro da aggiungere. Ma questa strategia funziona davvero o è solo un'illusione di controllo? Qualsiasi metodo coercitivo ha rilevato la sua inefficacia – precisa Vieno - Negli anni Sessanta era la radio, successivamente la tv e così via. È ormai conclamato, nella letteratura scientifica, che un buon livello di monitoraggio dei figli, sottolineo monitoraggio e non controllo, debba essere affiancato da una buona dose di sostegno, unico vero modo per instaurare nei ragazzi un clima che facilita la loro apertura: disclosure è il termine anglosassone che bene esprime il concetto”. Sostegno e dialogo come parole chiave. La verità però è che, sempre più spesso, accade che gli stessi genitori, critici circa il comportamento digitale dei figli, assumano atteggiamenti non propriamente educativi nell'utilizzo dello stesso strumento: “Se ne può avere una conferma empirica osservando il parallelo aumento della problematicità connessa all’uso delle nuove tecnologie in adolescenza, ad esempio i disturbi del sonno, e l’esponenziale aumento degli account di Facebook avvenuto nella fascia tra i 29 e i 49, nello stesso periodo in seguito all’entrata in commercio del primo iPhone nel 2007 – continua Vieno -. È interessante osservare questo trend, perché nel momento in cui la collega americana Twenge sostiene la provocatoria ipotesi che gli smarthphone starebbero distruggendo una generazione, sottovaluta quello che sta avvenendo parallelamente nella generazione dei genitori”. E continua: “Mi permetto a mio modo di provocare: le nuove tecnologie sono a volte impiegate dai genitori come dei silenziatori delle emozioni dei figli”. Nell'era digitale è cambiato il modo di divertirsi, è cambiato il modo di apprendere ed è cambiato il modo di comunicare. Il diario segreto a cui affidare emozioni, preoccupazioni, desideri è scomparso e con lui quel momento di riflessione e segretezza. Oggi affidiamo i nostri pensieri ai social network, rendendoli pubblici. A cosa stai pensando?, ci chiede Facebook in ogni istante della giornata invitandoci a eliminare ogni residuo di pudore e intimità. Le modalità con cui abbiamo scambiato i nostri segreti sono evolute non solo in seguito all’avvento dei nuovi media. La cosa più interessante da osservare in questo periodo storico è la rapidità e l’immediatezza della soddisfazione di alcuni bisogni. La cosa che mi sembra più preoccupante del rapporto che i giovani instaurano con i media è proprio il tempo, che implica la capacità di procrastinare e quindi di tollerare le frustrazioni, abilità che viene ritenuta centrale nella crescita e nello sviluppo”. Lab ID svolge attività nell'ambito della dipendenza da internet e dell’uso problematico della rete a partire dall'adolescenza. In questo senso, il lavoro svolto nelle scuole risulta particolarmente interessante. “Esiste una discrepanza tra l’estrema competenza tecnica dei ragazzi rispetto all’uso della tecnologia e la grande incompetenza emotiva nella gestione delle relazioni online, nella maggior parte dei casi coincidenti con le relazioni offline – conclude Vieno - I ragazzi hanno dei mezzi tecnologicamente nuovi per soddisfare i vecchi bisogni, ovvero essere accettati e amati. Proprio per questo, il ruolo educativo dei genitori, e anche degli insegnanti, è cruciale per promuovere lo sviluppo positivo dei ragazzi e un uso positivo del web. I nostri dati ci dicono che se il 40% dei ragazzi dichiara che i genitori controllano come usano internet, usare internet di nascosto dai genitori è un’abitudine che riguarda circa il 30% di loro. Ecco che ritorna l’importanza di una comunicazione aperta ed efficace tra le generazioni su questo tema”.

Francesca Boccaletto

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