UNIVERSITÀ E SCUOLA

Giovani, studenti e detenuti

Una o due aule per istituto, una biblioteca che spesso si trasforma in classe. Carte geografiche e un buon numero di libri, non molto di più. “Ogni individuo ha diritto all’istruzione […] L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”, recita la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Scuola per tutti, dunque, anche per i giovani detenuti dei 16 Istituti penali per minori presenti in Italia, da Nord a Sud, luoghi dove avviene l'esecuzione dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria quali la custodia cautelare o l'espiazione di pena nei confronti di minorenni o giovani adulti (dai 18 ai 25 anni) che hanno commesso il reato quando erano minorenni e dove l’assetto organizzativo della didattica è coordinato dagli uffici regionali del Miur. In Ragazzi fuori, terzo rapporto pubblicato dall’associazione Antigone sugli istituti penali per minori e realizzato in collaborazione con Isfol, si parla anche di istruzione dei ragazzi nelle carceri. Che corsi frequentano, chi li accompagna nel percorso di studi, che obiettivi raggiungono? Il programma prevede corsi di alfabetizzazione linguistica e per l’integrazione linguistica (attivati in dieci istituti, per un totale di 84 partecipanti soprattutto stranieri), lezioni di scuola primaria (11 istituti, 98 frequentanti), secondaria inferiore (13 istituti, 115 frequentanti), secondaria superiore (7 istituti, 60 frequentanti) e qualche corso universitario (3 istituti, 3 frequentanti).Lezioni garantite a cui si aggiungono diverse attività extracurriculari: corsi di alfabetizzazione motoria e di promozione delle attività sportiva, scrittura creativa e informatica di base, teatro, musica, grafica e pittura. Mancano, invece, laboratori per attività sperimentali e scientifiche. E soprattutto mancano i docenti di ruolo. O meglio, ce ne sono pochi e quei pochi non sono giovani. A sostituirli sono sempre più spesso docenti volontari o dipendenti degli enti locali, e in nessuno dei sedici istituti italiani ci sono insegnanti di sostegno, nonostante la presenza di ragazzi con difficoltà fisiche e psichiche. Non sono inoltre previsti corsi di formazione specifica per i docenti che insegnano negli Ipm: più semplicemente, all’inizio di ogni anno scolastico, gli insegnanti vengono affiancati dagli educatori che li aiutano a inserirsi nel particolare contesto. Un quadro piuttosto critico che non crea di certo le condizioni ideali affinché i giovani detenuti possano affrontare serenamente gli studi e ottenere risultati soddisfacenti. Gli ultimi dati relativi agli esiti dell’istruzione in carcere si possono trovare nel rapporto del Dipartimento giustizia minorile del 2012: su 1066 iscritti ai corsi solo 201 ragazzi hanno ottenuto crediti formativi, 88 l’ammissione e 71 il conseguimento del titolo. 

A rivestire, poi, un ruolo centrale all’interno delle carceri è la formazione professionale, a maggior ragione oggi con l’immissione nel circuito penale minorile di giovani fino al compimento del venticinquesimo anno di età, per reati commessi da minorenni. La formazione e l’inserimento lavorativo in carcere risultano fondamentali nel quadro del trattamento rieducativo: vi sono istituti con una significativa offerta formativa e con la capacità di attrarre finanziamenti anche da enti locali e privati, mentre altri istituti hanno un’offerta formativa più limitata e maggiori difficoltà ad aprirsi al territorio e agli attori locali. Nell’ambito della formazione professionale, non tutti gli istituti erogano corsi riconosciuti dalle Regioni e partecipano ai bandi, ma tutti offrono la possibilità di frequentare laboratori professionali, in particolare artigianali. Vi sono strutture detentive con laboratori muniti di strumentazioni professionali di panetteria, pasticceria, cioccolateria che prevedono la vendita dei prodotti all’esterno degli istituti (Torino, Milano, Palermo); altri offrono ai ragazzi un servizio di orientamento con l’apertura di uno sportello permanente (Milano, Torino, Roma, Potenza, Catanzaro). Degni di nota le esperienze di borse lavoro, tirocini, apprendistato, work experience, simulazioni di impresa a Milano, Torino, Treviso, Bologna, Pontremoli, Airola, Bari, Quartucciu, Potenza, e il ricorso a piccoli sussidi per i ragazzi che lavorano all’interno delle strutture detentive (rari sono invece i casi di lavoro all’esterno in imprese o cooperative sociali), giovani impegnati in attività di manutenzione ordinaria e straordinaria o nei settori dell’edilizia, dell’elettricità, della termoidraulica e meccanica, del giardinaggio, della lavorazione dei metalli e del legno, a cui viene applicato l’art. 21 dell’ordinamento penitenziario (Roma, Airola e Catania). Il rapporto evidenzi una maggiore attenzione alla formazione professionale al Sud con corsi che variano da 200 a 600 ore, articolati in lezioni teoriche e pratiche, spesso finanziati dai piani operativi regionali del Fondo sociale europeo. Accanto a questa tipologia di corsi c’è anche quella per l’assolvimento dell’obbligo formativo con corsi triennali di formazione professionale. Diverse sono le Regioni che prevedono il ricorso a bandi dedicati all’utenza penale, in particolare Puglia, Basilicata e Sardegna. Per quanto riguarda gli istituti penali minorili del Nord, si segnalano esperienze di eccellenza nelle strutture di Milano e Torino con un’ampia offerta formativa e concrete possibilità di inserimento lavorativo. “Le carceri minorili hanno oramai, fortunatamente, un uso davvero residuale all’interno del sistema della giustizia dei minori. Proprio per questo, tuttavia, rischia di essere stigmatizzante. Solo i più cattivi vanno a finire in galera: è questo il messaggio che dobbiamo oggi decostruire”, ha spiegato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, nella prefazione al rapporto. E continua: “L'obiettivo di oggi è rendere gli istituti penali per minori sempre meno simili a una prigione. Il personale, il modello disciplinare, i contatti con il mondo esterno, le attività educative: tutto deve essere diverso rispetto a un carcere tradizionale”. Un luogo dove poter studiare, imparare un mestiere, rinnovarsi, riscoprirsi e diventare uomini migliori.

F.Boc.

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