SOCIETÀ

Grecia: un credito di 11 miliardi di euro

Il Quarto Reich tedesco occupa Atene. A scherzarci su stavolta è proprio l’ultimo numero dello Spiegel, che in copertina pubblica un fotomontaggio con la cancelliera Merkel e gli ufficiali della Wehrmacht, con tanto di Partenone sullo sfondo. “Gli altri continuano a vederci così”, scrive il popolare settimanale. Proprio la questione dell’occupazione nazista, con relativa richiesta di riparazioni, è stata ultimamente riportata in auge dal nuovo governo greco, e c’è da scommetterci se ne parlerà anche oggi nel colloquio tra la Kanzlerin e il primo ministro ellenico Alexis Tsipras.

Quali sono le prospettive concrete delle richieste greche? Ne parliamo con Lutz Klinkhammer, storico, già intervistato dal Bo a proposito dei crimini di guerra tedeschi compiuti in Italia. “Non si tratta di una questione banale né scontata – esordisce lo studioso – perché Tsipras è stato votato anche da gruppi sociali molto gelosi della memoria della resistenza greca, intenzionati ad andare a fondo sulla questione”.  Quali sono gli argomenti della Grecia? “Bisogna distinguere tra indennizzi alle vittime, riparazioni di guerra e la questione del prestito forzoso della banca centrale greca. Per quanto riguarda gli indennizzi, all’inizio degli anni Sessanta c’è stato un trattato tra il governo greco e quello tedesco, che si è impegnato a versare 115 milioni marchi alle vittime. Un accordo analogo a quello italo-tedesco del 1961, che come quello ha poi in fase di esecuzione escluso molte persone che si sentivano vittime a pieno titolo. Ricordo che in Grecia sono stati assassinati circa 30.000 civili, e che il paese fu devastato in misura amplissima, con danni forse incalcolabili”.

Gli accordi degli anni Sessanta infatti non hanno impedito che la questione venisse portata di fronte ai tribunali, sia in Italia che in Grecia. “È il caso della strage di Distomo, 218 civili assassinati, paragonabile nella memoria greca alle stragi di Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema. Nel 1997, il ricorso dei familiari delle vittime portò in Grecia a una condanna per il risarcimento, ma l’esecuzione fu bloccata dal ministro della giustizia. Che tra l’altro aveva fatto i suoi studi in Germania, come del resto come molti altri appartenenti alle élites greche”, continua Klinkhammer. “Poi un avvocato tedesco, che esercita la sua professione a Firenze, ha scoperto che la sentenza poteva essere eseguita pure in Italia. Spinto ulteriormente dai processi intentati da italiani vittime del nazismo che sono arrivati fino alla Corte di Cassazione italiana, in questo modo si è innescato un meccanismo che nel 2009 ha portato Germania e Italia dinanzi al tribunale dell’Aja”. Finché, nel 2012, la Corte di Giustizia Internazionale ha dato ragione al governo tedesco.

Discorso diverso è quello delle riparazioni: “Gli stati vincitori possono decidere di pretenderle: dipende dalle posizioni politiche e dai rapporti di forza in quel momento”. È quanto è accaduto ad esempio con le sanzioni previste dal Trattato di Versailles, che dopo la prima guerra mondiale pesarono non poco nella successiva ascesa del nazismo. Un debito in realtà mai pienamente onorato dallo stato tedesco, finché negli anni Venti e poi, nel 1953, alla Conferenza di Londra, venne notevolmente ridotto dalle potenze vincitrici. “Sulle riparazioni del secondo conflitto invece la questione fu diversa – spiega lo studioso –. La soluzione della questione in quel caso fu rinviata al futuro trattato di pace, che però arrivò solo con la riunificazione tedesca nel 1990. Si tratta del cosiddetto ‘quattro più due’; l’accordo infatti fu firmato dai due Stati tedeschi unificati solo con le quattro grandi potenze vincitrici: URSS, Usa, Francia, Regno Unito”. 

In quel caso non furono stabilite riparazioni: “La Germania ebbe buon gioco a sostenere di aver già pagato abbastanza in 45 anni di occupazione e di divisione, oltre alle ingenti perdite territoriali”. Il governo tedesco si limitò solo a pagare i costi connessi al ritiro delle truppe russe; poi intorno agli anni Duemila creò una fondazione, pensata soprattutto per l’indennizzo dei lavoratori coatti dell’Europa dell’Est. Sta di fatto che la Grecia non ha stipulato nessun trattato di pace con la Germania, quindi non ha nemmeno mai rinunciato alle possibili riparazioni. E non è tutto: c’è anche la questione del prestito forzoso che la banca centrale greca fu obbligata a versare alla Germania: 476 milioni di marchi dell’epoca, che oggi equivalgono a circa 10-11 miliardi di euro. “Si tratta della rivendicazione giuridicamente più valida – giudica Klinkhammer – perché non fa parte né delle riparazioni né degli indennizzi, e venne riconosciuta dagli stessi funzionari nazisti all’epoca, e quindi andrebbe in linea di principio ripagata”. Tutto questo fa sì che, secondo lo studioso tedesco, “da un astratto punto di vista giuridico la posizione greca sia abbastanza forte”.

Cosa può fare adesso concretamente la Grecia? “Oggi il nuovo ministro della giustizia potrebbe autorizzare il sequestro delle proprietà del governo tedesco, come ad esempio le sedi dei Goethe-Institut. Si tratterebbe però di un gesto puramente simbolico, e che politicamente rischierebbe di isolare ancora di più la Grecia”. Si tratta comunque di una questione ancora sentita in Germania? “I giornali in questo periodo ne parlano molto e anche i partiti si sono mossi. Da parte della sinistra, dei Verdi e dei socialdemocratici della Spd ci sono state anche delle aperture; una deputata autorevole come Gesine Schwan, candidata a suo tempo alla presidenza della repubblica, si è espressa per la costituzione di una fondazione a favore della gioventù ellenica. Un gesto simbolico che comunque sottolinea le ragioni morali dei greci”. Un obiettivo politico intanto sembra raggiunto: “Le richieste di Tsipras sono comunque riuscite a spostare il dibattito, che prima si focalizzava solo sulle difficoltà e sulla corruzione dei greci. Anche se nel medio periodo il rischio è quello di avvelenare il clima delle relazioni bilaterali”.

C’è chi chiede un atteggiamento più aperto da parte della Germania rispetto all’austerity, sull’esempio di quello degli alleati dopo la seconda guerra mondiale? “Bisogna ricordare che alcune aperture sono già state fatte, e che inoltre la posizione della Germania nei confronti della Grecia è condivisa in larga parte non solo dai paesi nordeuropei, ma credo anche da Francia e Spagna. A questo riguardo è stato anche detto che la Germania ha già assolto al suo debito storico contribuendo alla costruzione europea, anche dal punto di vista economico. Tra l’altro credo che nessuno stato sarebbe mai in grado di pagare le riparazioni per tutte le devastazioni di una guerra moderna. E men che mai quelle di una guerra mondiale”. Le ombre del nazismo sono un pericolo per la leadership tedesca nel continente? “La realtà è che la Germania oggi si trova ad esercitare un ruolo a cui era impreparata, e che forse neppure voleva”. 

Daniele Mont D’Arpizio

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012