SCIENZA E RICERCA

Le mappe in 3D per il futuro dell'esplorazione spaziale

Immaginate di essere su Marte, di osservarne da vicino le dune, i crateri, le valli. Ora spingetevi oltre e provate a pensare di poterne scrutare anche il sottosuolo con i suoi tunnel di lava sotterranei. Non si tratta, come potrebbe sembrare, di una possibilità tanto remota se si considera che già esistono ambienti virtuali che consentono di fare esperienze del primo tipo. Ora, grazie al progetto PlanMap – Planetary mapping project, sarà possibile esplorare anche la geologia sub-superficiale di pianeti come Marte e Mercurio e della Luna, il nostro satellite, grazie alla realizzazione di mappe e modelli geologici tridimensionali. Ne abbiamo parlato con Matteo Massironi docente del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova e principal investigator del progetto europeo, coordinato dall’ateneo e finanziato nell’ambito del progetto Horizon 2020.

 

Professor Massironi, a cosa mira il progetto?

Si tratta di creare delle carte geologiche, degli ambienti virtuali, dei modelli geologici tridimensionali per supportare le future missioni orbitali e robotiche e umane sui pianeti del sistema solare e in particolare su Luna, Marte e Mercurio. Ci sono le missioni Exomars e Bepi Colombo dell’Esa, ad esempio, per l’esplorazione rispettivamente di Marte e Mercurio, oppure Mars 2020 della Nasa o, ancora, le future esplorazioni soprattutto robotiche e umane per l’esplorazione lunare.

Utilizzeremo prodotti ottenuti da missioni già effettuate e produrremo carte geologiche di fase più avanzata rispetto a quelle esistenti. Fino a questo momento si creavano delle distinzioni della superficie dei pianeti in base alla morfologia, ora invece vogliamo cercare di riconoscere le composizioni e le litologie attraverso la risposta spettrale che producono. Le carte geologiche prodotte in maniera classica saranno dunque integrate con queste nuove informazioni.

Creeremo inoltre modelli tridimensionali da osservazioni orbitali e di rover per arrivare a realizzare anche ambienti virtuali. Questi saranno integrati con informazioni geologiche e saranno di utilità per i corsi di training geologico degli astronauti, dell’Esa in particolare, per la preparazione di future missioni umane. Infine produrremo modelli geologici tridimensionali che ricostruiscono l’ambiente sub-superficiale in funzione delle informazioni che si ottengono dalla superficie, analizzando per esempio come sono disposte le unità geologiche a livello di orientazione nello spazio.

Uno studio dunque che restituirà un’immagine a tutto tondo dei pianeti considerati.

Cerchiamo di non limitarci alla topografia di superficie dei pianeti, ma di studiarne la geologia. Con i mezzi che oggi possediamo, riusciamo a creare degli ambienti virtuali in cui chiunque può “passeggiare” sia sulla superficie che sotto. E tutto questo avrà un riscontro interessante per il pubblico, dato che vorremmo rendere possibile quest’esperienza a tutti.

Esistono già ambienti virtuali di Marte. E penso in particolare a un progetto francese condotto dalla stessa unità che collabora al progetto PlanMap, e cioè il Centre National de la Recherce Scientifique. Noi a questo prodotto, che dà la sensazione di essere sulla superficie di Marte, aggiungeremo informazioni geologiche, ottenendo l’effetto di trovarci sotto la superficie del pianeta in alcune zone. In altri casi il pubblico potrà sperimentare dei percorsi virtuali sub-superficiali che renderemo disponibili in rete.

Ci sono degli aspetti specifici cui si dedica l’università di Padova?

Oltre ad avere il coordinamento generale e a seguire la disseminazione dei risultati, ci occuperemo in particolare della modellazione tridimensionale della geologia. I diversi gruppi a livello europeo sono coinvolti trasversalmente in tutti i tipi di attività, dunque anche noi parteciperemo alla stesura delle carte geologiche, che sono la base da cui partire. Ogni gruppo poi si dedicherà ad attività specifiche. Il gruppo francese, ad esempio, seguirà la progettazione degli ambienti virtuali. La Westfälische Wilhelms-Universität Münster lavorerà in particolare sulla stratigrafia e cronologia. L’Open University di Milton Keynes sulla cartografia e geomorfologia di base. L’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma studierà gli spettri di composizione. La Jacobs University di Brema coordinerà la gestione dei dati e la loro distribuzione sia alla comunità scientifica che al largo pubblico.

Quanto durerà il progetto?

Il progetto durerà tre anni, ma la nostra intenzione è di dare un respiro più ampio e costruire una rete di istituti universitari, oltre a quanti già partecipano allo studio europeo, che si occupino di questi argomenti e in particolare della cartografia geologica planetaria, perché l’Agenzia spaziale europea necessita di questi prodotti per progettare e realizzare future missioni spaziali.

Attualmente le carte geologiche planetarie vengono realizzate e distribuite solo dal Servizio geologico americano e non nelle forme che noi intendiamo produrre, ma nella forma base.

Le missioni però ormai sono tante e tali e il coinvolgimento dell’Europa talmente forte che non può più essere un solo istituto al mondo a occuparsi dell’elaborazione dei prodotti che servono durante l’esplorazione per determinare strategia di osservazione o filosofia di missione. Noi riteniamo possa essere un vantaggio se questo progetto fungesse da punto di aggregazione per altri enti e istituti che si occupano di queste argomenti, perché si riuscirebbe a creare una rete in grado di supportare la competitività dell’Europa nell’ambito dell’esplorazione spaziale.

Monica Panetto

 

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