SOCIETÀ

Il 2020 e due eventi che non si sono verificati

2020. Sono poco meno di 50 anni che aspetto questa data per verificare il verificarsi di due importantissimi eventi: il picco sino al progressivo esaurimento della disponibilità del petrolio e il superamento del divario tra nord e sud. 

Dico due eventi perché trascuro di parlare dell’ormai superato 20/20/20. il “pacchetto clima” dell’Unione Europea secondo il quale avremmo dovuto ridurre le emissioni di gas serra del 20%, portare al 20% la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e al 20% il risparmio energetico. Tutto entro il 2020, naturalmente. Non è di questo che intendo parlare, ma dei due eventi che prima richiamavo.

E perché aspettavo questa data? Non certo come risultato di mie personali ricerche, bensì come risultato di altre ricerche e previsioni. In entrambi i casi datate 1972.

Nel primo caso si tratta della ricerca del MIT (Massachusetts Institute of Technology) per il primo rapporto al Club di Roma sui dilemmi dell’umanità  noto col titolo I limiti dello sviluppo. Quel rapporto è noto soprattutto come avvertimento all’umanità che se la crescita fosse continuata nei modi e nei ritmi che l’avevano caratterizzata dalla rivoluzione industriale in poi, presto non ce ne sarebbe stato più per nessuno. Perché le risorse utilizzate essendo tutte non rinnovabili in tempi storici si sarebbero esaurite compromettendo ulteriore sviluppo e crescita. Su una di queste risorse, il petrolio, mi sembrava importante soffermare l’attenzione. Perché i ricercatori del MIT riuscirono anche a indicare i tempi di prevedibile durata della disponibilità di ciascuno degli elementi classificati nella tavola di Mendeleev. Per il petrolio considerata la crescita della domanda e la molteplicità delle sue utilizzazioni, si prevedeva che, data la consistenza quantitativa dei giacimenti noti, la disponibilità di questa importante risorsa sarebbe durata per altri 30 anni. Vale a dire sino al 2000. Tuttavia se la ricerca di altri giacimenti avesse portato sino a quintuplicare la quantità disponibile, non per questo si sarebbe allungata di 150 anni la disponibilità, ma solo di altri venti a causa della crescita esponenziale della domanda.

Il picco e la indisponibilità si sarebbero verificati, dunque, nel 2020. Sappiamo bene che non è stato così. La domanda di fonti di energia si è andata fortemente diversificando; si fa minor uso di petrolio e, continuando ad estrarne in quantità esuberanti la domanda, è accaduto anche che i produttori, non sapendo dove mettere il grezzo esuberante, abbiano dato essi un po’ di dollari a chi se lo comprava. E questa è stata un’attesa delusa. La quale, peraltro, non mi scontenta.

Ben diversa è stata la delusione per l’altra attesa. Quella che era il frutto di una documentata previsione di Pasquale Saraceno all’epoca – anche in questo caso era il 1972 – presidente della SVIMEZ. Il quale in un rapporto per il ministero del Bilancio prevedeva che il divario fra Nord e Sud sarebbe stato colmato solo nel 2020. “Solo”, ma a condizione che, crescendo ad un tasso di sviluppo annuo del 5 per cento, “il Sud prendesse un punto di vantaggio nei confronti del resto del Paese”. Un punto all’anno, naturalmente. Le cose sono andate diversamente. Molto diversamente. E in modo obbiettivamente imprevedibile dopo le convincenti motivazioni dei meridionalisti napoletani e pugliesi; dopo la Cassa per il Mezzogiorno; dopo la infrastrutturazione delle regioni meridionali; dopo la costruzione delle industrie di base; nel tentativo di far valere il mazziniano concetto secondo il quale “L’Italia sarà quello che il Mezzogiorno sarà”.

A nulla è valso questo concetto e, tanto meno, quello, ancora più “spinto”: “Prima di tutto il Sud”. A nulla è valso tutto ciò anche perché l’infrastrutturazione è ancora incompleta; le industrie di base (siderurgia, raffinazione del petrolio, cementifici) hanno soprattutto alimentato quelle che furono definite “cattedrali nel deserto” e in un deserto nel quale hanno fatto più danni all’ambiente che crescita economica; e, non ultimo, la Lega Padana è stata al governo del Paese anche per legiferare contro.

Tutto era imprevedibile e l’atteso 2020 esce dal mio calendario delle speranze. Mentre nel calendario entra la pandemia in corso che ha provocato anche il ribaltamento del tradizionale modo di intendere le differenze tra Nord e Sud. Un ribaltamento in termini di numeri che indicano minori contagiati, più guariti, meno morti nelle regioni meridionali rispetto a quelle del “poligono” industriale.

La spiegazione del perché è legata a varie interpretazioni. Ma una cosa è certa: la ripresa della economia in gran parte compromessa, può e deve cominciare proprio da qui. Dal Mezzogiorno facendo tesoro e finalmente buon uso di qualche centinaio di miliardi di euro europei in investimenti mirati a frenare l’esodo di giovani e a richiamarne di fuorusciti: nella ricerca scientifica; nell’agricoltura; nel risanamento di ambiente e territorio; nel turismo, nell’industria tecnologicamente avanzata.

Ma presto. Prima che vi mettano le mani le meglio organizzate associazioni criminali.

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