SOCIETÀ

30 anni dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia, a che punto siamo?

In occasione dei 30 anni dalla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, il master in Human rights and multi-level governance e il Centro per i diritti umani Antonio Papisca dell'università di Padova sono stati promotori di un seminario che si è tenuto nella mattinata del 21 marzo: ospite d'eccezione di questa iniziativa è stata Ann Skelton, docente dell'università di Pretoria e membro del Comitato sui diritti dell'infanzia delle Nazioni Unite. Un'occasione particolarmente interessante che ha permesso a diversi studenti del master e non di approfondire alcuni aspetti di questo lavoro.

La Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia è stata approvata il 20 novembre 1989, durante l'Assemblea generale delle Nazioni Unite: è composta da 54 articoli e rappresenta un valido strumento normativo di controllo sull'operato dei vari stati. Per la prima volta si riconosce alle bambine, ai bambini e agli adolescenti diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici che devono essere tutelati dai vari paesi.

Ad eccezione degli Stati uniti, tutti gli stati del mondo hanno ratificato la Convenzione: in Italia è avvenuta tramite la legge 176 del 27 maggio 1991. Alla base ci sono quattro principi fondamentali: la garanzia dei diritti a tutti i bambini senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione; la superiorità dell'interesse sul minore rispetto a ogni altra legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata; il diritto alla vita e alla sopravvivenza tramite ogni risorsa da parte dei governi e l'ascolto delle opinioni dei minori in tutti i processi decisionali che li coinvolgono.

In totale sono 196 i paesi che hanno ratificato la Convenzione Onu, tranne gli Stati Uniti: con questo gesto è stato possibile dare delle garanzie minime per tutelare l'infanzia nel mondo. Inoltre, sono stati aggiunti tre protocolli opzionali alla Convenzione: il primo si occupa del coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati e il secondo contrasta la vendita e la prostituzione di bambini e la pornografia rappresentante minori. Entrambi i protocolli sono entrati in vigore all'inizio del 2002; il terzo, invece, è più recente: la sua approvazione è stata decisa dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 2011, l'entrata in vigore nel 2014. L'argomento di questo documento fornisce ai minori uno strumento per far fronte alla violazione dei loro diritti: ogni bambino che appartiene a un paese che ha ratificato il protocollo può presentare al Comitato sui diritti dell'infanzia una denuncia nel caso in cui sia in corso o ci sia stata una violazione dei proprio diritti.

L'intervento di Ann Skelton si è focalizzato nella seconda parte sull'analisi e le problematiche di questo protocollo. L'iniziativa è nata nel 2008 da un gruppo di organizzazioni che si occupa dei diritti dell'infanzia: la loro richiesta, sviluppata in seguito da un gruppo di lavoro della Nazioni Unite, era di aggiungere ai già presenti report anche una procedura per le comunicazioni al Comitato, sia individuali che collettive. Il terzo protocollo contiene 24 articoli, divisi in 4 differenti sezioni: le competenze del Comitato, le funzioni principali, le regole della procedura da seguire (in particolare la salvaguardia del bambino dalle manipolazioni da parte di chi si occupa del minore) e le misure di protezione che i governi devono seguire.

Per essere accettata dal Comitato, una comunicazione deve essere in forma scritta e non anonima; inoltre, devono essere state esaurite tutte le possibilità per una risoluzione a livello nazionale. La specificità di ogni caso rende importante e delicato il lavoro del Comitato, che deve assicurarsi l'incolumità del minore o dei minori in questione durante le indagini. Poiché il protocollo è stato costituito meno di dieci anni fa e non ancora firmato/ratificato da molti paesi, è ancora troppo presto per considerare positivo o negativo questa procedura.

I diritti dell'infanzia, alcuni dati europei

Per determinare se uno Stato stia effettivamente agendo positivamente sul tema dei diritti dell'infanzia, è bene dare uno sguardo alle statistiche. In Europa, il 24,9% dei bambini e giovani al di sotto dei 18 anni vive a rischio di povertà ed esclusione sociale.

 

Secondo l'OECD, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel 2018 circa il 13% dei bambini è a rischio povertà, soprattutto se inserite in realtà famigliari con un solo genitore: circa il 31,6% di queste famiglie vive in una situazione di povertà, per le famiglie con due o più genitore il valore si aggira intorno al 10%.

 

Tra i paesi dell'Unione Europea in cui i minori al di sotto dei 18 anni vivono in questa situazione troviamo la Macedonia, la Romania e la Bulgaria con percentuali che si aggirano tra il 41 e il 47%.

 

Un altro dato interessante da analizzare per comprendere la situazione europea è l'assistenza formale ai minori: con questo termine si include l'istruzione prescolare o equivalente, l'istruzione obbligatoria, i servizi al di fuori dell'orario scolastico e gli asili nido organizzati da strutture pubbliche o private. I dati riportati sono contestualizzati con la normativa relativa all'educazione di ogni Stato.

 

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