SOCIETÀ

Aiuto, sto perdendo lo Stato!

In Gran Bretagna l’austerità sta cambiando ogni cosa, titolava nei giorni scorsi The New York Times. E così il paese europeo dove è nato il welfare state, continuava il giornale della Grande Mela, sta diventando come gli Stati Uniti: "Dove milioni di persone non hanno accesso al sistema sanitario e la perdita di lavoro può far cadere totalmente in disgrazia".

E, in effetti i tagli alla spesa pubblica operati dai governi conservatori negli ultimi otto anni sono stati imponenti: -20% per gli enti locali, secondo l’Institute for Fiscal Studies di Londra; Roma non è la sola a lamentarsi per le buche nelle sue vie, i tagli alla manutenzione delle strade in Inghilterra è stato del 25%. E il sostegno alle biblioteche pubbliche è diminuito del 33%.

Anche la sicurezza è stata sforbiciata -17% alla polizia, che dal 2010 ha ridotto i ranghi del 14%, secondo l’Institute for Government. La polizia penitenziaria ha perso il 20% dei suoi effettivi e il personale della giustizia è diminuito del 30% e oltre.

A questi si aggiungono i tagli al welfare sociale e sanitario. Per fare un esempio: il numero di anziani che riceve assistenza, riporta ancora The New York Times, è diminuita all’incirca del 25%.

Non andrà meglio nel prossimo futuro. Da qui al 2020 si prevedono tagli alla spesa pubblica per 27 miliardi di sterline (circa 31 miliardi di euro) l’anno: pari a circa 700 sterline (800 euro circa) per ogni persona in età da lavoro, prevede il Center for Regional Economic and Social Research della Sheffield Hallam University.

È un clamoroso ritorno al passato. Il welfare state è iniziato in Europa, già nel XIX secolo. Ma ha avuto un nuovo, potentissimo impulso dopo la Seconda guerra mondiale. In questa seconda fase è il Belgio a iniziare, il 28 dicembre 1944, istituendo un sistema di previdenza sociale globale che riguarda sia la salute che la lotta alla disoccupazione; segue la Francia, con numerose leggi e norme realizzate tra il 1945 e il 1946. Nel 1948 in Svezia viene introdotta la pensione popolare, che si consegue sulla base del solo diritto di nascita.

Ma è soprattutto la Gran Bretagna, tra il 1946 e il 1951, a varare una serie di riforme sociali che diventeranno l’emblema stesso del welfare state: salario minimo obbligatorio; sistema sanitario nazionale a copertura universale; lotta alla disoccupazione; aiuti alle mamme, alle vedove e agli anziani.

L’abbrivio inglese è clamoroso. Il laburista Clement Attlee vince le elezioni già nel luglio 1945 battendo Winston Churchill, il popolare leader che ha condotto il paese nel corso della guerra finita due mesi prima, proprio perché intuisce ciò che vogliono gli inglesi a conflitto appena terminato: «città ben pianificate e costruite, con parchi e campi da gioco, case e scuole, fabbriche e negozi». D’altra parte un altro inglese, l’economista John Maynard Keynes, lo aveva previsto quel «grande desiderio di sicurezza sociale e individuale».

Il paese europeo dove è nato il welfare state sta diventando come gli Stati Uniti The New York Times

La legislazione sociale varata dal governo Attlee si basa sul rapporto redatto da William Beveridge già nel 1942 e si concretizza subito sia nell’organizzazione di un sistema di assistenza sanitaria universale sia in una serie di nazionalizzazioni: delle miniere, delle ferrovie, dei trasporti merci, dei servizi pubblici. La copertura sociale dei bisogni delle fasce meno abbienti si estende rapidamente: nessun altro paese ne realizza una di così vasta portata in un colpo solo. Tuttavia non resta isolata. In Francia viene avviato un analogo programma di nazionalizzazioni: già nel 1946 lo stato transalpino controlla un quinto della capacità industriale complessiva del paese. Ma la spesa sociale aumenta in tutto il continente.

Naturalmente la costruzione del welfare state assume nei vari paesi modalità e si svolge in tempi molto diversificati. Eppure coinvolge l’intera Europa occidentale. Con tutte le differenze del caso, anche tutta l’Europa orientale. Si crea così una certa competizione tra economia sociale di mercato a Ovest e economia centralmente pianificata a Est.

A occidente, il welfare state si accompagna ad altre riforme, non meno radicali. Dalla ridistribuzione delle terre al diritto di voto alle donne, concesso per la prima volta in Italia, Francia e Belgio. L’estensione dei diritti sociali avviene anche nel blocco sovietico. Nei paesi a regime comunista che si ritrovano nella parte orientale della “cortina di ferro”, pur in un quadro di minore ricchezza e di mancanza di libertà politica, è lo stato che garantisce il lavoro, l’assistenza sanitaria e previdenziale, l’istruzione.

Non c’è dubbio, nell’immediato dopoguerra ovunque in tutta Europa e in Gran Bretagna in particolare sono dominanti la fiducia nello stato e l’etica della solidarietà sociale.

Oggi questa fiducia nello stato è in ritirata. E anche l’etica della solidarietà. L’idea prevalente è ridurre la spesa pubblica e di non aiutare i più deboli, percepiti come null’altro che scrocconi, che amano vivere alle spalle degli altri.

È questa cultura oltre che a una precisa teoria economica che ha portato al ridimensionamento radicale del welfare in Gran Bretagna.

È vero, in questo momento il tasso di disoccupazione in Gran Bretagna supera di poco il 4%: il più basso dal 1975. Ma l’economia del paese che ha deciso di uscire dall’Unione Europea aumenta più lentamente che nel continente e, comunque, i salari restano in media più bassi che nel periodo precedente alla crisi del 2008. I danni sociali sono evidenti: perché se i finanziamenti pubblici al welfare state sono diminuiti, in maniera quasi deterministica sono aumentati i tassi di criminalità, la dipendenza dalle droghe, la povertà e persino la mortalità infantile, il numero di persone senza fissa dimora.

Tutto questo è una specificità britannica o, invece, è connessa a ogni programma di riduzione della spesa pubblica e, di conseguenza, dello stato assistenziale? Inutile dire che la risposta a questa domanda divide politici ed economisti di diversa cultura. Ma può essere utile per riflettere un saggio pubblicato di recente da Peter Taylor-Gooby, docente di politica sociale presso la School of Social Policy, Sociology and Social Research della University of Kent.

I tagli alla spesa pubblica non sono stati generalizzati, ma piuttosto selettivi. E hanno colpito, sostiene il sociologo inglese, soprattutto i benefici per le donne, i bambini, i lavoratori a basso reddito. Ovvero le fasce più deboli della popolazione. Perché tutto ciò è accaduto?

Peter Taylor-Gooby distingue due forme di welfare sociale, una tesa a coprire quelli che lui chiama gli old social risks (OSR), ovvero l’assistenza sociale alle classi lavoratrici dell’industria tradizionale e alla generalità della popolazione, affermatasi nell’immediato dopoguerra: sanità, pensioni, educazione, protezione dei disabili. La seconda dimensione riguarda i new social risks (NSR): ovvero gli aiuti per i disoccupati o per i lavoratori a basso reddito.

Tra il 1979 e il 2010 la copertura per i NSR è aumentata dal 12 al 36% del totale del welfare sociale britannico. A dimostrazione che molto è cambiato nella società d’oltremanica (e non solo).

Ma la tutela della nuova classe di lavoratori, in particolare delle donne, con lavori precari e dei disoccupati è ora in difficoltà maggiori della classe dei lavoratori tradizionali. Tant’è che non è bastata a impedire che il 18% della popolazione britannica sia in condizioni di povertà. Né è bastato a impedire che le disuguaglianze sociali in Gran Bretagna, più che nel resto d’Europa, siano vistosamente aumentate.

Eppure è proprio su questo strato della popolazione che i tagli alla spesa pubblica incidono di più. Perché? È una scelta politica, certamente. I governi conservatori tendono a essere meno attenti alle fasce deboli della popolazione, nella convinzione che aiutando quelle più abbienti è l’economia intera che ne beneficia. Quasi mai è così. Certo non lo è in Gran Bretagna.

Ma non è questo il punto. Se queste politiche possono essere implementate è perché hanno un consenso sociale, che si esprime in un gran numero di voti alle elezioni. Eccoci, dunque, al cuore del problema: la solidarietà sociale, che è alla base del welfare state, in Gran Bretagna e non solo è crollata.

Peter Taylor-Gooby ricorda come la percezione che gli aiuti alle fasce più deboli sono troppo alti è talmente cambiata da diventare dominante in Gran Bretagna: se nel 1993 era solo il 25% della popolazione del regno Unito a pensarla così, nel 2011 era il 63%. La maggioranza, appunto. Una larga maggioranza: la larga base del consenso dei conservatori. In Gran Bretagna e non solo in Gran Bretagna.

Dieci anni fa l’ambasciatore Kishore Mahbubani, preside della Lee Kuan Yew School of Public Policy presso l’Università nazionale di Singapore, ha scritto un libro, The New Asian Hemisphere: The Irresistibile Shift of Global Power to the East, in cui rende conto di come che gli equilibri economici e politici del mondo stiano cambiando perché un nuovo emisfero, quello asiatico, ha fatto irruzione sulla scena e di conseguenza il potere globale si sta spostando da Ovest a Est. L’ambasciatore utilizza svariati argomenti per sostenere la sua tesi. Ma come esempio concreto del cambiamento propone una sorta di breve storia sociale della toilette.

Lui bambino, ricorda, i WC con la tavoletta e lo scarico erano ormai diffusissimi in tutto l’Occidente. Ma a Singapore – come in tutta la Cina e in tutta l’Asia orientale – erano un lusso accessibile a pochi privilegiati. Kishore Mahbubani ricorda non solo il suo imbarazzo nel dover utilizzare bagni promiscui, sporchi e maleodoranti. Ma anche la sua rassegnata frustrazione: mezzo secolo fa, o giù di lì, Singapore e l’intera Asia orientale erano così poveri che nessuno pensava che una parte significativa delle famiglie indiane o cinesi o coreane o indocinesi avrebbe mai posseduto in casa un WC proprio, con scarico e tavoletta.

Oggi a Singapore come in molte aree dell’Asia orientale abbiamo tutti una o più toilette per appartamento e nulla abbiamo più da invidiare agli europei. Tranne una cosa: il welfare state. La sicurezza sociale diffusa.

Questo è quello che voi europei avete e che ancora ci resta da conquistare qui in oriente: lo stato sociale. Mi raccomando, non disperdetelo.

 

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012