SCIENZA E RICERCA

Ambiente e salute nei siti contaminati, il libro che riaccende l'attenzione sul tema delle bonifiche

Circa 6 milioni di persone in Italia vivono vicino a siti ad elevato rischio sanitario, classificati come di interesse nazionale proprio perché altamente inquinati e per questo motivo da sottoporre ad interventi di bonifica.

Ai 42 siti che oggi rientrano in questa lista si affiancano poi circa 15 mila siti di interesse regionale che presentano anch'essi problematiche ambientali. Si tratta in entrambi i casi di aree contaminate nelle quali, spiega l'Ispra, "in seguito ad attività umane pregresse o in corso, è stata accertata un'alterazione delle caratteristiche qualitative delle matrici ambientali suolo, sottosuolo e acque sotterranee tale da rappresentare un rischio per la salute umana". 

Le operazioni di bonifica però procedono con lentezza. Una delle principali ragioni risiede nel fatto che in molti casi la contaminazione ha origini lontane nel tempo e ciò rende estremamente complicata l'applicazione del principio che prevede di far pagare gli oneri del risanamento ai diretti responsabili (che spesso sono aziende che non esistono più o che hanno modificato gli assetti societari). A questo si aggiungono aspetti burocratici, ricorsi e problematiche legate alla complessità delle operazioni da realizzare e all'iter procedurale che le caratterizza. Il risultato è che l’esposizione a sostanze dannose si prolunga nel tempo con chiare ripercussioni sulla salute della popolazione. E tutto questo contrasta in modo evidente anche con il concetto di One Health che si è affermato ormai globalmente.

L’impegno di 85 autori che hanno affrontato la tematica ambientale e le implicazioni per la salute da molteplici angolazioni disciplinari, ha portato di recente alla pubblicazione di un libro intitolato “Ambiente e Salute nei siti contaminati. Dalla ricerca scientifica alle decisioni”, pubblicato da Ets edizioni, che fa il punto della situazione sulle aree di bonifica in Italia e raccoglie i risultati più significativi del progetto Cisas, Centro internazionale di studi avanzati su Ambiente, ecosistema e salute umana, iniziato nel 2016, e focalizzato sui tre Sin di Augusta-Priolo, Crotone e Milazzo. In queste aree idrocarburi, metalli pesanti e altri tipi di sostanze inquinanti sono stati riversati per decenni in mare finendo così per impregnare i sedimenti, circolare nelle acque, contaminare i pesci e arrivare all'uomo. 

Il Cnr è stato coinvolto in questo progetto con nove istituti e noi ne abbiamo parlato Mario Sprovieri, Liliana Cori, Fabrizio Bianchi, Fabio Cibella e Andrea De Gaetano che sono i cinque curatori del volume e rappresentano anche l'approccio multidisciplinare con cui si è inteso affrontare un tema così complesso. 

Dialogo con Mario Sprovieri, Liliana Cori, Fabrizio Bianchi, Fabio Cibella e Andrea De Gaetano, curatori del libro "Ambiente e salute nei siti contaminati. Dalla ricerca scientifica alle decisioni". Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

"L’obiettivo - introduce il professor Mario Sprovieri, biogeochimico ambientale Ias-Cnr e primo autore del libro - era quello di individuare i meccanismi di interferenza tra i contaminanti presenti nell’ambiente e l’impatto conseguente all’esposizione da parte dell’uomo attraverso comparti ambientali diversi come il suolo, l’acqua di falda, l’aria, i sedimenti marini e il cibo. Il libro contempla 85 autori ma il progetto complessivo ha visto la partecipazione diretta di almeno 150 ricercatori ed è stata quindi una grande occasione per lavorare insieme su un tema così complicato e delicato anche dal punto di vista sociale perché coinvolge un numero molto ampio di cittadini".

"In alcuni dei 42 siti di interesse nazionale la contaminazione è ancora in atto, ma in altri quello che si osserva è l’eredità dell’accelerazione industriale del secondo dopoguerra, un momento in cui la regolamentazione normativa non era sufficiente per mitigarne gli impatti", prosegue Sprovieri riferendosi al tema della contaminazione storica e alla difficoltà nel ricostruire le catene di responsabilità, stabilendo quindi chi debba farsi carico dei costi delle operazioni di bonifica.

Secondo il primo autore del volume nelle aree in cui l'inquinamento deriva da pesanti eredità del passato servono "approcci decisi e decisioni politiche significative che siano in grado di affrontare in modo significativo questi fenomeni che interessano un’ampia parte della popolazione. Quella dei Sin - aggiunge Sprovieri - rappresenta davvero una sfida scientifica perché è una miscela di tante problematiche e di processi dinamici che evolvono nel tempo e che hanno una lunga durata". Il tutto tenendo sempre conto che "fenomeni di trasferimento di contaminanti anche da sedimenti e suoli antichi si manifestano lungo la catena trofica e arrivano fino al piatto del consumatore". 

La contaminazione da mercurio nella rada di Augusta

Tra le sostanze dannose che arrivano a tavola partendo dalla contaminazione delle acque del mare c'è il mercurio. Diversi lavori scientifici hanno dimostrato che nella rada di Augusta questo metallo è presente in concentrazioni elevate e può entrare facilmente nell'organismo umano attraverso la catena alimentare. "In quel sito - spiega il professor Mario Sprovieri - c’erano 64 complessi industriali che a partire dal secondo dopoguerra hanno caratterizzato uno dei petrolchimici più grandi d’Europa. Il problema principale è la capacità di metilazione, cioè la costituzione organica di questo mercurio che risulta particolarmente tossica per l’uomo e che arriva attraverso i prodotti ittici. Nella rada di Augusta la pesca non è consentita ma ci sono sacche di pesca di frodo che continuano a rimanere presenti, così come aree più esterne alla rada che presentano comunque fenomeni di contaminazione del pescato e creano un’esposizione significativa con l’evoluzione di patologie di varia forma".

Sprovieri precisa che non sono stati individuati in modo definitivo rapporti causali diretti delle sostanze contaminanti sulla salute dell'uomo. Tuttavia, sottolinea il biogeochimico ambientale, "è evidente che ci sono rapporti di causa effetto statisticamente rilevabili che sono quindi sufficienti a dare un’immagine di un rischio più o meno rilevante in un’area rispetto ad un'altra". E lo storico studio epidemiologico Sentieri ha mostrato a più riprese un eccesso di mortalità e di malattia nelle aree fortemente inquinate, come il Sin di Taranto dove è stato registrato anche un tasso superiore di malformazioni congenite. 

Quale epidemiologia serve nei siti contaminati?

"Nei siti contaminati, come in tutte le aree interessate da forte inquinamento, l'epidemiologia - osserva il professor Fabrizio Bianchi - deve essere in grado di studiare a fondo la relazione tra l’ambiente e la salute, passando attraverso l’indagine dell’esposizione in termini di frequenza ed entità". Per questo motivo il volume tratta in modo approfondito l’evoluzione dell’epidemiologia e arriva ai più avanzati strumenti e metodi che sono oggi disponibili, in modo coerente con un approccio che si focalizza più sulla prevenzione e sulla tempestività delle attività di monitoraggio che sulla constatazione di un danno quando ormai è irreversibile. 

"Si parla di scienza dell’esposoma, una parola che indica la valutazione complessiva dell’esposizione a cui siamo soggetti sin da quando siamo in utero. C’è una trattazione sugli strumenti precoci di valutazione del danno perché oggi l’approccio non è più quello degli studi che vanno a quantificare gli effetti dannosi ormai già accaduti e sui quali non si può più fare niente. L’attenzione è ormai focalizzata sulle valutazioni preventive e sui diversi scenari che sono conseguenti alle azioni intraprese, o non intraprese, a livello ambientale", continua l'epidemiologo del Cnr. 

In tutto questo i biomarcatori hanno un ruolo determinante e possono anche essere misurati, spiega Bianchi, su organismi sentinella come il pesce zebra (Danio rerio) che da molti anni è un modello per la ricerca. Nei tre Sin di Augusta-Priolo, Milazzo e Crotone sono inoltre stati condotti degli studi epidemiologici su un campione di residenti con l'obiettivo di valutare la relazione tra l’esposizione a inquinanti specifici e la presenza di marcatori selezionati di esposizione e di rischio pre-clinico di malattia. In particolare sono state testate rispettivamente la funzionalità epatica, quella tiroidea e quella renale. "Grazie ai biomarcatori è possibile sapere con molti anni di anticipo se ci sono delle anomalie di esposizione o dei primi segnali negativi che il corpo umano ci sta dando", commenta il professor Fabrizio Bianchi. 

Gli studi di coorte madre-bambino

Il progetto ha poi dedicato un'attenzione particolare ai bambini, già durante la gravidanza delle madri. Grazie all'adesione di 800 volontarie sarà possibile indagare nel tempo gli effetti dell'esposizione ambientale, determinata dalla residenza in una certa area, sulla salute dei nascituri. 

"I primi mille giorni di vita - spiega Fabio Cibella, epidemiologo Irib-Cnr - sono ormai considerati una finestra temporale straordinariamente importante per lo sviluppo del bambino e vengono calcolati non dalla nascita ma già a partire dal concepimento". Anche in questo ambito i biomarcatori sono una fonte preziosa di informazioni e possono essere studiati a partire da matrici biologiche raccolte in modo non invasivo, come capelli, sangue e urine, ma anche il sangue cordonale. "Il nostro è uno studio longitudinale: si differenzia da quelli di tipo trasversale che fotografano una certa situazione ed è invece in grado di monitorare nel tempo tutti gli effetti che si possono manifestare a distanza di anni dalla nascita, non solo in età pediatrica ma anche in adolescenza e durante l'età adulta", aggiunge Cibella. 

La biomatematica negli studi sull'inquinamento

Come ricordano gli autori del volume la pandemia da SARS-CoV-2 ha mostrato come la modellizzazione matematica sia ormai diventata "uno strumento essenziale nell’avanzamento delle conoscenze in qualsiasi campo della scienza" e questa disciplina ha un ruolo importante anche nello studio delle dinamiche legate all'inquinamento. "La matematica è la regina ma anche la serva delle altre scienze", dice Andrea De Gaetano, biomatematico Irib-Cnr. "Il nostro mestiere è quello di permettere ai colleghi specialisti di campo non solo di trarre conclusioni, attraverso la statistica, a partire dati che rilevano, ma anche di collegare tutti i risultati e di fare delle previsioni affidabili che possano servire da guida anche per i decisori politici". Alcuni esempi in cui la modellistica matematica è stata utilizzata nel lavoro svolto in Cisas riguardano la distribuzione del mercurio nell’acqua della baia di Augusta o la quantificazione del mercurio nella carne dei pesci.

La comunicazione del rischio nei siti inquinanti

"Quando si affronta il tema ambiente e salute la complessità diventa strutturale e non è da sola in gioco la dimensione scientifica, ma il fatto che essa sia immersa nelle decisioni e sia calata nella dinamica sociale e politica" scrive Liliana Cori, comunicatrice dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr, nel capitolo che il libro dedica alle riflessioni sul coinvolgimento dei cittadini e sulla partecipazione pubblica. "Ci siamo sentiti in dovere come ricercatori di alzare il livello di conoscenza della comunità e abbiamo presentato il lavoro in diverse occasioni di incontro pubblico, man mano che avevamo i risultati. Inoltre abbiamo portato avanti attività molto articolate e approfondite con il mondo delle scuole", aggiunge Cori. 

"Per portare avanti la sostenibilità serve un coinvolgimento costante delle persone che vivono sul territorio. E' importante che agiscano in prima persona e controllino quello che succede. Mi fa piacere ricordare che ad Augusta c'è una sensibilità ambientale particolare ed è stato realizzato un progetto pilota di  monitoraggio di cattivi odori attraverso una app: i cittadini possono partecipare a questa iniziativa e, dopo un certo numero di segnalazioni, l’agenzia per l’Ambiente va a controllare il tipo di emissioni odorigene per capire se ci sono dei pericoli".

Un cambio di passo da realizzare 

"Rispetto al passato - conclude l'epidemiologo Fabrizio Bianchi - ci sono più informazioni, evidenze scientifiche e consapevolezza: tutto questo deve essere raccolto. Sappiamo molto di più non solo del danno che si continua a fare se queste operazioni di rigenerazione non vengono effettuate ma anche del beneficio che si può ottenere se si fanno le bonifiche nel modo corretto e una parte del mondo imprenditoriale deve investire in questa direzione".

 

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