SOCIETÀ
Amministratori sotto tiro: quasi una minaccia su cinque rivolta ad una donna
Se lo scorso anno il rapporto "Amministratori sotto tiro" evidenziava come ci fosse l’allertante dato di una minaccia ogni venti minuti, il 2022 ha invertito la tendenza, anche se la situazione non si può certo sottovalutare. Sono stati 326 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza rivolti nel corso dell’anno contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali e dipendenti della Pubblica Amministrazione. Il dato emerge dal report “Amministratori sotto tiro” realizzato da Avviso Pubblico. Un calo del 25% che però dev’essere analizzato più a fondo.
Intanto è importante vedere come per avere un dato del genere si deve tornare al biennio 2013-2014, quando vennero censiti rispettivamente 351 e 361 casi. Poi è interessante notare come, oltre al calo totale degli atti intimidatori, sia diminuito anche il numero stesso di Province e Comuni coinvolti, che sono passati da 265 del 2021 ai 227 del 2022.
Un dato interessante che emerge dal rapporto è che il 21% dei 326 casi censiti da Avviso Pubblico nel 2022 sono avvenuti in Comuni che in un passato più o meno recente sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. Questi atti intimidatori hanno coinvolto ben 44 Comuni diversi.
Dove avvengono le minacce
Se per quanto riguarda i Comuni il dato fa registrare un calo significativo rispetto allo scorso anno, quello che invece rimane uguale è il numero di Regioni coinvolte. Di fatto tali atti hanno riguardato l’intero Paese, ad eccezione della Valle d’Aosta.
La regione in cui si sono registrati più atti intimidatori nel 2022 è stata la Sicilia con 50 atti intimidatori, seguita dalla Campania (49), dalla Puglia (48) e dalla Calabria (42). C’è però un altro dato che è in controtendenza rispetto al recente passato cioè la ripartizione dei casi per macroaree geografiche. Dopo diversi anni in cui Mezzogiorno e resto d’Italia si stavano avvicinando come numero di casi, nel 2022 la forbice è tornata ad allargarsi: 2 casi su 3 (il 66%) sono stati censiti nell’area Sud-Isole.
Avviso Pubblico però ribadisce come questo sia “un dato solo apparentemente confortante. Fare il sindaco era, e resta, un lavoro difficile e in taluni casi molto pericoloso. Due elementi fanno mantenere alto l’allarme: il primo è la cosiddetta “cifra oscura”, ovvero quegli attacchi non resi pubblici o di cui si viene a conoscenza solo a distanza di tempo come risultato di indagini. Il secondo è la corrispondenza fra atti intimidatori perpetrati e realmente denunciati”.
Per quanto riguarda il Nord Italia invece sono due le regioni in cui si riscontrano più casi: la Lombardia con 23 ed il Veneto con 19.
Il caso del Veneto
Come abbiamo visto il Veneto è la seconda regione del nord Italia per numero di atti intimidatori contro la pubblica amministrazione. Sono stati censiti 19 diversi atti, un numero che, dopo un aumento del fenomeno durante la pandemia, si è riallineato ai dati pre-pandemia. Le province coinvolte sono state 7 ed i comuni 14. Tra loro Padova, Cadoneghe, Treviso, Farra di Soligo, Paese, Santa Lucia di Piave, Enego, Pozzoleone, Villaverla, Feltre, Venezia, Mestre, Verona, Rovigo. “Far emergere questa problematica e parlarne pubblicamente, a prescindere dai numeri assoluti, è importante in ogni contesto territoriale, anche in quelli che pensano di esserne immuni – ha spiegato Paolo Galeano, sindaco di Preganziol e coordinatore regionale di Avviso Pubblico in Veneto –. Solo così, infatti, si può prendere coscienza davvero del problema e lavorare per costruire tutti gli strumenti necessari a tutelare le figure di volta in volta colpite, in maniera che il contrasto del fenomeno non sia solo lasciato alla volontà ed al coraggio del singolo amministratore ma che ci siano anche gli strumenti concreti a supporto”.
Come avvengono le minacce
La modalità di intimidazione più utilizzata a livello nazionale è tornata ad essere quella dell’incendio. Quasi in un caso su cinque (18,5%) si minaccia dando fuoco a case, auto o strutture comunali, e ciò non accadeva dal 2019. Al secondo posto come modalità di minaccia ci sono le scritte offensive e minacciose (16%), l’invio di lettere, biglietti e messaggi minatori (14%) e l’utilizzo dei social network (12%). Quest’ultima la modalità inoltre risulta essere più frequente nei due anni precedenti. Su questo però non può non aver influito la pandemia ed il periodo di restrizioni a cui tutti noi siamo stati sottoposti.
“Analizzando i contesti territoriali emerge, in maniera lampante, la presenza di due Paesi diversi - scrive Avviso Pubblico -, in cui l’amministratore locale del Mezzogiorno deve fronteggiare intimidazioni e minacce veicolate in modalità molto differenti rispetto a quelle di un collega del Centro-Nord. Gli incendi, prima tipologia di minaccia al Sud e nelle Isole (un caso su quattro), non sono fra le cinque tipologie più riscontrate nel Centro-Nord e rappresentano appena il 5% dei casi in quell’area. Analogamente scritte offensive e social network, che insieme raggiungono il 55% dei casi censiti al Centro-Nord, al Sud e nelle Isole rappresentano appena il 14% delle intimidazioni censite in quell’area.
Lo spaccato che emerge dal rapporto di Avviso pubblico non è certo lusinghiero. Se la notizia positiva è che sembra esserci una tendenza alla diminuzione di questi atti intimidatori, l’aspetto più allarmante è però che tali atti continuino ad esistere. Le cose, rispetto agli anni scorsi, sono mutate ma la preoccupante ascesa degli incendi fa capire come tali atti siano volti non solo ad intimidire ma a mettere a repentaglio la salute stessa di chi li subisce.