SOCIETÀ

Animali vendicativi che ci fanno riflettere

Spesso tra gli esseri umani domina lo specismo, cioè quella tendenza a ritenersi superiori e più importanti rispetto agli altri animali, magari per il solo fatto di avere la possibilità di modificare in modo pesante il loro ambiente e quindi la loro esistenza.
In effetti quando si sviluppa un conflitto tra esseri umani e animali questi ultimi tendono ad avere la peggio, e nei casi più drammatici possono addirittura arrivare a estinguersi.
Ogni tanto, però, riescono a resistere, e a volte procedono addirittura al contrattacco. Proprio di questo parla il libro La vendetta delle orche e altre storie di resistenza animale di Roberto Inchingolo, edito da Codice.

L’autore riesce a fondere una narrazione leggera e ironica con le solide conoscenze scientifiche e divulgative di chi come lui ha una laurea in scienze naturali e un master in comunicazione delle scienze, portando alla luce tutta la complessità del rapporto che ci lega alla fauna che incontriamo, anche di sfuggita, facendoci riflettere sulle interazioni che abbiamo sia con gli animali domestici sia con quelli selvatici, e parlando anche delle ripercussioni che le pressioni antropogeniche possono avere sul loro comportamento e sulla loro sopravvivenza.

Il cuore del libro, però, riguarda la resilienza e le capacità adattive degli animali, che di fronte alle intromissioni umane oppongono una resistenza quasi eroica, come nel caso delle orche che distruggono gli yacht che hanno cominciato a occupare i loro spazi, tra l’altro procedendo probabilmente per passaparola (il fenomeno, infatti, si sta allargando, anche se lentamente). Oltre a questa, che gli dà il titolo, il libro racconta le storie di altri animali che, in modi spesso sorprendenti, resistono alle intrusioni umane o si adattano a vivere in ambienti profondamente trasformati dall'uomo. Ma La vendetta delle orche non si limita a narrare aneddoti: si immerge nelle implicazioni etiche, ecologiche e anche filosofiche delle criticità del nostro rapporto con gli animali, di cui abbiamo parlato anche nell’intervista con l’autore.

Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Barbara Paknazar

“Per quanto riguarda la resistenza animale – spiega Inchingolo – si sente spesso parlare del concetto visto nell'ottica di attivismo politico per la loro salvaguardia. Questo libro vuole un po' invertire la prospettiva: non si parla di impegno da parte degli esseri umani per la salvaguarda degli animali, bensì di come gli animali stessi riescono a mettere in campo determinate strategie di sopravvivenza per cavarsela da soli, per sfuggire alle nostre pretese di controllo e ogni tanto anche a prendersi qualche piccola rivincita. Ogni capitolo parte da un caso particolare, da un aneddoto, come per esempio il caso di diversi animali della savana africana che in un certo senso si coalizzano per sconfiggere i bracconieri, o il caso dei maiali che vanno a mangiare i loro stessi allevatori”. Un contrappasso degno di Dante, insomma, che può farci passare la voglia, almeno per qualche giorno, di addentare una fetta di soppressa.

E poi ci sono le orche, quelle del titolo. Spesso associamo loro l’aggettivo “assassine”, ma questo termine non si riferisce al loro rapporto con gli esseri umani. Tutto nasce da un errore di traduzione e di interpretazione che risale ai tempi dei primi osservatori europei che chiamavano questi animali "asesina de ballenas" o "ballena asesina", che significa "assassina di balene" o "balena assassina", perché in effetti le orche predano i cetacei. Peccato che per la loro reputazione non sia stato il massimo, visto che questo equivoco ha contribuito a creare un'immagine più minacciosa e meno accurata di questi mammiferi marini. Nonostante il nome, infatti, le loro interazioni con gli esseri umani in natura sono state in gran parte non aggressive.

Come scopriamo dal libro, se la prendono soprattutto con gli yacht: “Un gruppo di orche nello Stretto di Gibilterra – racconta Inchingolo – era stufo delle barche che affollano quel tratto di mare e hanno deciso di far da sé e levarle di mezzo. Così le attaccano periodicamente con assalti combinati e riescono quasi sempre a metterle fuori combattimento. La cosa curiosa è che non se la prendono poi con gli esseri umani una volta che questi finiscono in l'acqua, ce l'hanno solo con le barche. È una delle cose che ho raccontato per cercare di mettere un po' in dubbio il concetto che noi esseri umani siamo la specie dominante, quella che ha il controllo assoluto sul nostro pianeta”.

Questa pretesa di dominio da parte nostra si traduce nella creazione di nuovi spazi che non prendono in considerazione gli abitanti preesistenti. Inchingolo parla anche del rapporto spesso problematico tra animali e umani nelle città, che è tra l’altro il contesto in cui i primi dimostrano più resilienza. La storia dei cinghiali a Roma, per esempio, è emblematica quando si parla di confronti inaspettati. Questi animali, che prima vivevano nelle zone boschive nutrendosi principalmente di radici e tuberi, sono diventati frequenti visitatori delle periferie urbane. Ma cosa li attrae così tanto, visto che potevano stare dove l’aria era più sana e pulita? Quello che non attrae noi umani: la spazzatura (e anche l’assenza di predatori naturali). Per questo il problema è da affrontare con un approccio olistico, che prenda in esame l’ecologia, l’etologia ma anche la salute pubblica.

Per gestire la coesistenza tra umani e animali selvatici, alcuni paesi hanno iniziato a impiegare professionisti specializzati in ecologia urbana. Questi esperti sviluppano strategie per integrare la fauna in contesti urbani in modo non traumatico, promuovendo sia la sicurezza di entrambe le specie.
Inchingolo però sottolinea che in Italia, diversamente da altri paesi come gli Stati Uniti o il Canada, dove la gestione della fauna urbana è più strutturata e finanziata, c’è una carenza di professionisti specializzati in questo tipo di integrazione, forse anche perché è molto limitata la richiesta da parte delle istituzioni. La mancanza di professionisti come i wildlife manager determina anche l'assenza di un approccio strutturato e lungimirante alla gestione delle specie selvatiche nelle aree urbane italiane. La gestione tende a essere reattiva piuttosto che proattiva: in pratica giochiamo in difesa, limitandoci spesso a misure di contenimento come l'abbattimento, piuttosto che implementare strategie sostenibili a lungo termine. Questo richiederebbe un cambiamento culturale, un incremento nei finanziamenti per la ricerca e una maggiore collaborazione tra le università, le amministrazioni locali e gli esperti di ecologia.

Il messaggio più importante del libro è che non abbiamo così tanto controllo come ci piace pensare, e le storie raccontate contribuiscono a toglierci da quel piedistallo dove la nostra specie si è abbarbicata, forse perché molti non hanno mai sentito della ribellione degli emù in Australia. È un episodio storico poco noto che si verificò negli anni Trenta: dopo la Grande Depressione, gli australiani cominciarono ad ampliare le loro coltivazioni. Naturalmente senza chiedere niente agli emù, che erano lì da molto più tempo di loro e che cominciarono a prendersela con i terreni coltivati. La risposta del governo fu quella di mandare i veterani della Prima guerra mondiale a combattere contro gli emù, con tanto di mitragliatrici e jeep. Gli animali però non si fecero cogliere impreparati e riuscirono a eludere gli sforzi umani, disperdendosi molto velocemente durante ogni attacco: le perdite furono irrisorie rispetto alle munizioni utilizzate e l’esercito umano dovette arrendersi. Inchingolo utilizza questa storia per evidenziare un tema ricorrente: la nostra sottostima delle capacità degli animali e la presunzione di superiorità che spesso caratterizza il nostro approccio alla fauna.

Il libro di Inchingolo si distingue per la sua capacità di mettere in crisi le percezioni comuni e stimolare un dialogo sulla coesistenza pacifica e rispettosa tra le specie. È un'opera che consigliamo a chiunque sia interessato alla conservazione, agli studi animali, o sia semplicemente alla ricerca di una lettura leggera che sappia però offrire una nuova prospettiva sul posto che come specie occupiamo nel mondo, ricordando che gli animali, nonostante le pressioni crescenti delle attività umane, continuano a mostrare una resilienza e un'ingegnosità che meritano il nostro rispetto e la nostra ammirazione.

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