La locandina di presentazione del film con l'attrice protagonista Margot Robbie
Domenica 9 luglio a Los Angeles è stato presentato in anteprima Barbie, il colossal canadese-americano ispirato al giocattolo della Mattel, ma il film è già stato bandito dal Vietnam e anche nelle Filippine si è acceso il dibattito sull'opportunità di proibire il nuovo film.
Precisamente, il Consiglio nazionale vietnamita di valutazione cinematografica vieta la visione del film a causa di un'inquadratura che raffigura la mappa del Mar Cinese Meridionale con la "linea a nove trattini" utilizzata dalla Cina sulle carte nautiche per sostenere le proprie rivendicazioni di sovranità sulla maggior parte del Mar Cinese Meridionale, un'area di grande interesse economico, politico e strategico; da qui il contrasto con il Vietnam, appunto, gli altri paesi rivieraschi (Filippine, Malesia, Indonesia, Brunei e Taiwan) e quelli le cui linee di navigazione commerciale attraversano quel mare (Giappone, Corea del Sud e Taiwan) o vi hanno interessi strategici, in primis gli Stati Uniti.
Così, Barbie e Ken, che si divertivano senza limiti nel mondo dorato e apparentemente perfetto di Barbie Land, quando devono passare nel mondo reale non solo scoprono le gioie e i pericoli della vita tra gli umani ma finiscono anche coinvolti in una delle più gravi questioni conflittuali internazionali.
Non è chiaro quale ruolo abbia la mappa nel film diretto dalla regista statunitense Greta Gerwig, ma la sua apparizione è inaccettabile dal Vietnam, che aveva precedentemente vietato anche film come Uncharted e Abominable per la presenza di mappe simili sullo schermo.
L'influenza cinese su film occidentali è ben nota, tanto che il Dipartimento della difesa americano ha recentemente dichiarato che "non fornirà assistenza alla produzione quando vi sono prove dimostrabili che il progetto si è conformato o probabilmente si conformerà a una richiesta del governo della Repubblica Popolare Cinese ... di censurare il contenuto del progetto in modo materiale per promuovere l'interesse nazionale della Repubblica Popolare Cinese".
Se valutare le influenze cinesi sulla sceneggiatura di Barbie è una pura curiosità, è invece necessario mantenere sotto costante osservazione gli sviluppi dei conflitti in corso nel Mar Cinese Meridionale, che si stanno gravemente acuendo e vedono in particolare il diretto confronto della Cina con gli Stati Uniti, al di là e prioritariamente alla questione di Taiwan.
Il confronto in corso presenta due aspetti interconnessi a livello strategico: da una parte le rivendicazioni territoriali dei paesi finitimi sulle isole, isolotti e scogliere esistenti, importanti quali basi per attività economiche (in particolare pesca e in prospettiva prospezioni petrolifere e risorse minerarie) e come avamposti militari a protezione delle imprese e delle vie marine commerciali; dall'altra la libertà di navigazione per marine e aereonautiche militari di ogni potenza mondiale.
La "linea a nove trattini"
La Cina rappresenta le sue rivendicazioni nel Mar Cinese Meridionale utilizzando una mappa con la cosiddetta "linea a nove trattini": nove segmenti che, se collegati, racchiuderebbero un'area che copre circa l'80% di tutto il Mar Cinese Meridionale,
superando di gran lunga ciò che è rivendicabile come acque territoriali in base al diritto internazionale consuetudinario del mare, e comprende acque in alcuni punti abbastanza vicine alle coste di Filippine, Malesia, Brunei e Vietnam.
La mappa con la linea a nove trattini, chiamata anche "linea a U" o "lingua di vacca", risale al governo della Cina Nazionalista, ed è stata mantenuta dalla Repubblica Popolare Cinese; anche mappe pubblicate a Taiwan mostrano i nove segmenti della linea.
Mappa del Mar Cinese Meridionale con tre edizioni della "linea a nove trattini" lo stato attuale delle occupazioni dei vari stati (Asia Maritime Transparency Initiative e The Center for Strategic and International Studies
La mappa non ha sempre esattamente nove trattini. Le prime versioni contenevano addirittura 11 trattini, mentre una mappa pubblicata dal governo cinese nel giugno 2014 ne include 10. Anche la posizione esatta dei trattini è variata nel tempo. L'edizione a nove trattini è stata allegata a un documento presentato dalla Cina alle Nazioni Unite il 7 maggio 2009, con la dichiarazione "La Cina ha una sovranità indiscutibile sulle isole del Mar Cinese Meridionale e sulle acque adiacenti, e gode di diritti sovrani e di giurisdizione sulle relative acque, nonché sul loro fondale e sottosuolo".
La Cina si mantiene ambigua sulla portata effettiva della "sovranità", in un approccio che preserva la flessibilità della Cina nel portare avanti le sue rivendicazioni marittime nella zona, rendendo al contempo più difficile per le altre parti definire obiezioni specifiche o perseguire sfide legali a tali rivendicazioni. Appare chiaro, tuttavia, che la Cina rivendica appieno la sovranità sui gruppi di isole all'interno dei nove segmenti di linea.
Nel 2016, un tribunale internazionale, istituito per un arbitrato richiesto dalle Filippine sul ruolo dei diritti storici e sulla fonte dei diritti marittimi nel Mar Cinese Meridionale, ha stabilito, tra l'altro, che la rivendicazione cinese della linea a nove trattini non ha alcuna base giuridica Sebbene Pechino (e anche Taipei) abbia respinto la sentenza, molte nazioni l'hanno approvata. La posizione degli Stati Uniti è che la linea a nove trattini è "assurda".
Le rivendicazioni territoriali marittime
La Cina è parte di molteplici dispute territoriali marittime nel Mar Cinese Meridionale, relative in particolare a:
- le isole Paracelso rivendicate da Cina e Vietnam e occupate dalla Cina;
- le isole Spratly, interamente rivendicate da Cina, Taiwan e Vietnam, e in parte da Filippine, Malesia e Brunei, e in parte occupate da tutti questi paesi, tranne il Brunei;
- lo Scarborough Shoal, rivendicato da Cina, Taiwan e Filippine e controllato dal 2012 dalla Cina.
Inoltre, nel Mar Cinese Orientale, le isole Senkaku sono rivendicate da Cina, Taiwan e Giappone e amministrate da quest'ultimo.
L'arcipelago Paracelso, equidistante da Cina e Vietnam, comprende circa 130 piccole isole e molteplici strutture inferiori per una superficie totale di 7,75 kmq, distribuite su un'area di 15 mila kmq. Woody è l'isola maggiore con una superficie di circa 2,1 kmq e dagli anni '60 è abitata in modo permanente da coloni cinesi; attualmente ospita una cittadina di circa 1500 persone, oltre alle strutture militari; è dotata tre porti artificiali e una pista aerea costruita sul mare. Immagini aeree della Woody del gennaio 2023 mostrano una struttura di difesa aerea permanente dotata missili terra-aria.
L'arcipelago delle Spratly comprende 18 isole e un centinaio di isolotti, atolli, scogliere semi-affioranti per una superficie totale inferiore a 2 kmq distribuiti su circa 425 mila kmq. Sono tutte disabitate, a parte la base taiwanese creata sull’isola Itu Aba, la maggiore delle Spratly (40 ettari), e postazioni militari temporanee dei vari paesi. la loro importanza è dovuta alla pescosità delle acque, la presunta presenza di giacimenti di idrocarburi, ma soprattutto al controllo di importanti linee marittime commerciali, cruciali per l’approvvigionamento petrolifero di Giappone, Corea del Sud e Taiwan.
La Cina occupa sette siti nelle isole Spratly ed è impegnata a costruire isole e strutture in tutti questi siti; in particolare, Fiery Cross Reef, Subi Reef e Mischief Reef sono tutti ora dotati di lunghi campi d'aviazione e di un numero considerevole di edifici e altre strutture, inclusi radar e postazioni di missili, per il controllo di vaste zone.
Lo Scarborough Shoal è una catena di scogli e rocce a forma di triangolo con un perimetro di 46 km, per un'area di 150 kmq, compresa la laguna interna. Il punto più alto dell'atollo, South Rock raggiunge 1,8 m sopra il livello del mare con l'alta marea. Diversi altri scogli corallini circondano la laguna, formando un grande atollo.
Questi gruppi di isole non sono gli unici elementi terrestri presenti nella zona; esistono altre isole, atolli, scogli e banchi, oltre a secche semi-affioranti. Anche lo status territoriale di alcuni di questi elementi è oggetto di controversia. Le dispute territoriali marittime vanno avanti da molti anni e hanno periodicamente portato a tensioni diplomatiche, nonché a scontri e incidenti in mare che hanno coinvolto pescherecci, navi per la ricerca di petrolio e piattaforme petrolifere, navi della guardia costiera, navi e aerei militari.
Un'immagine della barriera corallina Fiery Cross Reef nelle isole Spratly trasformata dalla Cina in un'isola artificiale con una significativa base militare (Planet Skysat, 3 maggio 2020)
Forse più di ogni altra serie di azioni, ad aumentare le preoccupazioni degli americani che la Cina stia rapidamente acquisendo il controllo effettivo del Mar Cinese Meridionale sono proprio le attività cinesi di costruzione su larga scala di isole e di basi militari nei siti che occupa nelle isole Paracelso e Spratly, iniziate intorno al dicembre 2013 e rese pubbliche a partire dal maggio 2014.
La disputa sulla libertà dei mari
Oltre alle controversie territoriali marittime nel Mar Cinese Meridionale, la Cina è coinvolta in una disputa, principalmente con gli Stati Uniti, sul fatto che la Cina abbia il potere, secondo il diritto internazionale, di regolare le attività delle forze militari straniere che operano all'interno della propria zona economica esclusiva (ZEE).
Ricordiamo che il regime globale di diritto e ordine negli oceani e nei mari del mondo è stabilito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS); basata su quattro convenzioni sul diritto del mare del 1958, è stato adottata nel 1982 al culmine di oltre 14 anni di lavoro; modificata nel 1994, è entrata in vigore nel novembre 1994. In particolare, l'UNCLOS ha istituito nella sua parte V come elemento del diritto internazionale, oltre alle acque territoriali, le ZEE che si estendono per 200 miglia dalla costa.
Al 31 maggio 2023, 168 nazioni e l'Unione Europea ne erano parti, inclusa la Cina e tutti i paesi rivieraschi del Mar Cinese Meridionale. Invece, gli Stati Uniti non ne sono parte, non accettandone le disposizioni sullo sfruttamento del fondale marino; tuttavia accettano e agiscono in conformità con le altre disposizioni della Convenzione, in quanto riflettono il diritto internazionale consuetudinario del mare.
La posizione degli Stati Uniti e della maggior parte degli altri paesi è che mentre la Convenzione dà agli stati costieri il diritto di regolamentare le attività economiche (come la pesca e l'esplorazione petrolifera) all'interno delle loro ZEE, non dà loro il diritto di regolamentarvi le attività militari straniere di là delle loro acque territoriali di 12 miglia nautiche. La Cina invece, con altre parti dell'UNCLOS, ritengono che forze aereonavali straniere non possano agire liberamente nelle loro ZEE, mentre garantiscono la libertà di navigazione dei cargo commerciali.
La Cina ha recentemente (aprile 2021) emanato degli emendamenti alla propria legge sulla sicurezza del traffico marittimo del 1983, estendendone l'applicazione dalle "acque costiere" alle "aree marine sotto la giurisdizione della Repubblica Popolare Cinese", un termine volutamente vago e non definito. Molti degli emendamenti alla legge superano i limiti del diritto internazionale sulla giurisdizione degli stati costieri, limitando illegalmente la libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, nel Mar Cinese Orientale e nel Mar Giallo. Le disposizioni relative all'applicazione unilaterale di sistemi di rotta e di segnalazione e disposizioni sul pilotaggio obbligatorio per alcune classi di navi al di là del mare territoriale non sono conforme all'UNCLOS.
Gli emendamenti impongono inoltre restrizioni illegali al diritto di passaggio inoffensivo nel mare territoriale cinese e limitano in modo inammissibile il diritto della comunità internazionale di condurre rilevamenti idrografici e militari al di là del mare territoriale.
La disputa sul diritto della Cina di regolare le attività delle forze militari straniere che operano all'interno della sua ZEE sembra essere al centro di incidenti tra navi e aerei cinesi e statunitensi in acque e spazi aerei internazionali che risalgono almeno al 2001, fino all'incidente del 5 giugno 2023 nello Stretto di Taiwan, quando un cacciatorpediniere della marina cinese ha incrociato in modo non sicuro un cacciatorpediniere statunitense e una fregata de canadese. La nuova legge potrebbe portare a un aumento delle tensioni nella zona, in particolare se la Cina intraprenderà azioni per far rispettare le sue disposizioni.
A contestare rivendicazioni marittime straniere ritenute eccessive, gli USA attuano dal 1979 un "Programma di libertà di navigazione" (FON): navi della marina statunitense e altre forze militari rivendicano i propri diritti operativi in zone proibite in modo arbitrario (secondo gli USA). Il programma FON prevede attività diplomatiche e manovre effettive di portata globale, in quanto comprende attività e operazioni dirette non solo alla Cina, ma anche a numerosi altri paesi. In particolare, dal 2016, gli USA intendono negare l'esistenza di acque territoriali attorno alle isole Spratly e Paracelso, arbitrariamente occupate dalla Cina, con missioni quasi mensili in prossimità di tali isole.
Oltre a condurre operazioni FON, navi della marina statunitense attraversano periodicamente lo Stretto di Taiwan a ribadire la libertà di navigazione nelle ZEE. Lo Stretto di Taiwan ha una larghezza minima di 67 miglia nautiche e una massima superiore alle 120 miglia, per cui è completamente all'interno delle ZEE cinese e di Taiwan. Rispettando invece 12 miglia nautiche di mare territoriale da entrambi i lati dello stretto, rimane un corridoio centrale di acque con un'ampiezza minima di oltre 43 miglia di alto mare, dove gli USA intendono ribadire la libertà di navigazione e di sorvolo.
Il primo luglio scorso il gruppo d'attacco della portaerei Ronald Reagan con gli incrociatori USS Antietam (CG-54) e USS Robert Smalls (CG-62) è appunto nel Mar Cinese Meridionale dopo una visita portuale in Vietnam, in attesa dell'esercitazione aereonavale Talisman Sabre 2023, prevista in Australia dal 22 luglio al 4 agosto con la partecipazione di 13 paesi: Australia, Canada, Fiji, Francia, Germania, Giappone, Indonesia, NuovaZelanda, Papua Nuova Guinea, Repubblica di Corea, Tonga, UK e gli USA.
Le tensioni e il confronto strategico nel Mar Cinese Meridionale rimangono uno dei maggiori rischi della presente situazione mondiale e non si vedono iniziative per una loro risoluzione pacifica. Speriamo che le avventure di Barbie e Ken con la mappa cinese non li aggravino ulteriormente.