Una lunga guerra oppone da secoli amanti dei cani e dei gatti: quale specie è la più intelligente? È una guerra che frequentemente separa i membri di una stessa famiglia, un conflitto che rischia di sfociare in guerra civile ogni volta che uno dei due schieramenti sembra prevalere in virtù della prodezza di questo o quell’animale.
Ora i gattofili hanno una nuova freccia al loro arco: uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Learning & Behaviour suggerisce che i cani non siano più eccezionali degli altri animali in quanto a intelligenza. Stephen Lea, professore emerito dell'università di Exeter in Gran Bretagna e redattore di Animal Cognition, ha notato che spesso venivano attribuite ai cani particolari capacità che però erano riscontrabili anche in altri animali. Così assieme a Britta Osthaus, esperta di cognizione animale alla Canterbury Christ Church University, ha testato le capacità canine mettendole a confronto con quelle di altri animali come lupi, gatti, scimpanzé, delfini, cavalli e piccioni.
Per quanto, comprensibilmente, al proprio fianco quasi tutti preferirebbero il Commissario Rex a un volatile che veicola malattie e sporcizia, per fare mille miglia e recapitare un messaggio il piccione viaggiatore è decisamente più affidabile del cane. A differenza di altri animali, inoltre, i cani non riescono ad utilizzare strumenti per perseguire uno scopo, mentre i corvi della Nuova Caledonia utilizzano i gambi delle piante per pescare le termiti (le scimmie usano rocce per sbucciare gli anacardi). I cani possono sembrare più intelligenti grazie alla loro propensione all’addestramento e la consuetudine secolare che li lega all’uomo, ma la loro intelligenza non è così eccezionale.
È d’accordo anche Paolo Mongillo, ricercatore del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione, esperto in etologia degli animali domestici, che chiarisce subito che, comunque, parlare di “intelligenza” è improprio: ad oggi non esiste una definizione condivisa di intelligenza nemmeno per gli esseri umani, figuriamoci per un animale che viene studiato da così poco tempo.
“Fino a tempi recenti – spiega Mongillo – gli scienziati che studiano i processi di apprendimento snobbavano il cane, perché era considerato il frutto di una selezione umana. Poi nel 1999 fu pubblicato uno studio di Brian Hare e Michael Tomasello (Domestic Dogs (Canis familiaris) Use Human and Conspecific Social Cues to Locate Hidden Food) che dimostrava che i cani sono in grado di interpretare correttamente alcune gestualità umane, come l’indicare con un braccio. Per quanto possa sembrare banale, capire il significato comunicativo di un gesto richiede un’abilità tradizionalmente attribuita solo ad animali evolutivamente più vicini all’uomo. Lo studio modificò quindi la visione corrente del cane, suggerendo che la domesticazione della specie potesse aver fatto emergere caratteristiche cognitive particolari. Questo saggio ha aperto la strada a studi successivi, perché il cane diventava interessante proprio per la sua consuetudine con gli esseri umani, perché ha dovuto adattarsi a un contesto diverso rispetto ad altri animali”.
Con buona pace dei gattofili: ai loro beniamini nell’antichità era richiesto solo di cacciare i roditori, mentre i cani avevano anche il ruolo di animale da compagnia, vivevano all’interno della società, sviluppavano legami affettivi. La storia evolutiva di queste due specie è diversa, e diversa è anche la loro propensione ai rapporti con gli umani: mentre i gatti sono tendenzialmente più solitari, i cani sono più disposti a interagire con gli umani.
Ed ecco quindi che viene ridimensionata l’intelligenza canina: “L’eccezionalità dei cani – continua Mongillo – non è data dalle capacità mentali che hanno sviluppato vivendo con l’uomo, ma proprio dalla loro capacità di creare grossi legami con le persone con cui vivono. La cosa eccezionale è che lo stesso essere umano, nel corso del tempo, si è abituato ad affezionarsi al cane al punto da ritenerlo un animale particolare, mentre quest’eccezionalità è data dalla natura del legame stesso: li riteniamo più intelligenti perché li comprendiamo meglio rispetto ad altri animali, ed è reciproco. È la specie che ci è empaticamente e comunicativamente più vicina.”
Del resto viene naturale chiedersi perché al padrone di un cane prema sapere se il suo animale, debitamente addestrato, possa riuscire a fare le somme come una scimmia: per le somme c’è la calcolatrice, che però non ti fa le feste quando torni a casa dal lavoro.