SOCIETÀ

La carenza di aree sportive all’aperto e la bassa mobilità italiana

Nel 2010 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un documento intitolato “Global recommendations on Physical activity for Health”. Nel testo si delineano i livelli di attività fisica raccomandata per la salute, distinguendo tre gruppi diversi di età. Per il primo, cioè quello dei bambini e ragazzi tra i 5 ed i 17 anni sarebbe consigliato fare almeno 60 minuti al giorno di attività moderata–vigorosa, includendo almeno 3 volte alla settimana esercizi per la forza che possono consistere in giochi di movimento o vere e proprie attività sportive. Oltre ai benefici generali per la salute infatti, lo sport, in particolar modo per i ragazzi e le ragazze in giovane età, è una valvola di sfogo alla vivacità, stimola la socializzazione e abitua alla gestione dei diversi impegni quotidiani, migliorando anche l’apprendimento.

Negli adulti l’attività moderata a settimana è consigliata per almeno 150 minuti (cioè 2 ore e mezza), oppure 75 minuti di attività vigorosa. Per gli anziani infine le indicazioni sono le stesse degli adulti, con l’avvertenza di svolgere anche attività orientate all’equilibrio per prevenire le cadute.

 

Ma mediamente quanta attività fisica facciamo? Per rispondere a questa domanda dobbiamo basarci sui dati Eurostat. Gli ultimi disponibili sono riferiti al 2014, anno in cui i Paesi nordici svettavano per tempo impiegato in attività fisica quotidiana. 

Islanda, Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca sono gli Stati in cui la popolazione fa più attività aerobica. La media europea è del 29,9% di attività aerobica (prendendo solo in questo caso a riferimento l’UE a 27 stati), con picchi del 54,6% in Danimarca e Finlandia (e del 60,8% se allarghiamo l’analisi anche all’Islanda extra UE).

L’Italia è nella parte finale dei Paesi in cui si pratica meno attività aerobica, con il 18,2% è davanti solamente a Turchia (4,7%), Romania (8,6%), Bulgaria (9,9%), Grecia (16,7%) e Polonia (17,1%). In particolare in Romania le percentuali sono molto basse anche per chi combina sia attività aerobica che rafforzamento muscolare (0,8%), sia per chi fa solo rafforzamento muscolare (0,9%).

Praticare sport, in un momento così delicato come quello che stiamo vivendo, però è sia una valvola di sfogo, sia un fattore necessario per mantenerci in salute psico-fisica. Lo smartworking coatto ha inevitabilmente ridotto la mobilità quotidiana e con essa anche l’attività motoria. Se per gli adulti è una questione prettamente, ma non esclusivamente, sanitaria, per i più giovani lo sport significa principalmente socialità, in un’età in cui è fondamentale per il loro sviluppo. Le restrizioni dovute alla pandemia hanno chiuso per molti mesi le scuole in Italia, e con loro anche la possibilità di fare sport. Openpolis, in partnership con l’impresa sociale Con i bambini, ha fatto un focus proprio sulla situazione italiana per quanto riguarda le strutture sportive all’interno (o all’esterno) delle scuole. L’analisi parte approfondendo le abitudini dei ragazzi per quanto riguarda l’attività fisica. Come abbiamo visto precedentemente, per tutte le età l’Italia non svetta in mobilità fisica, sia essa aerobica o anaerobica.

Tra i bambini e ragazzi invece sono i più giovani quelli che praticano sport con maggiore frequenza. Il 60,3% tra gli 11 ed i 14 anni infatti lo fa in modo continuativo, mentre il 15,7% non pratica proprio alcuna attività sportiva. 

 

                                       

Un aspetto importante di questi dati però è vedere come mediamente quasi un bambino o ragazzo tra i 3 ed i 17 anni su 4 (23,95%) dice di non fare nessuno sport e non praticare nessuna attività fisica. I dati Istat sono riferiti al 2019 ma, come spesso ci troviamo a ripetere, quest’ultimo anno di pandemia ha indubbiamente modificato tutti gli stili di vita, compreso anche il tempo speso per l’attività sportiva. Quest’analisi quindi è al netto della pandemia.

Quasi un ragazzo su 4 in Italia non pratica nessuna attività fisica

In un momento in cui le palestre (in senso lato, quindi non solamente i luoghi di fitness ma anche quelli in cui si fanno sport di squadra) sono chiuse, in cui la possibilità di fare sport in compagnia è estremamente ridotta sono proprio i luoghi pubblici che possono fare da collante generazionale. In questo momento anche lo sport di squadra all’aperto non è consentito ma durante l’ultimo anno sono stati diversi i mesi in cui poter tornare a giocare assieme in un campo da calcio, da basket o simili.

Openpolis ha quindi voluto capire quanti sono le aree sportive all’aperto nei capoluoghi italiani rispetto alla popolazione sotto i 18 anni. La premessa di quest’analisi è una: “solo nei centri più abitati (dai 50mila abitanti in su) la quota di persone che praticano sport con continuità supera la media nazionale (26,6%)”.

Per capirne il motivo quindi sono state analizzate le aree sportive all’aperto in tutti i capoluoghi d’Italia. Analisi che ha fatto emergere una grande spaccatura tra il Nord ed il Sud Italia. Come si vede dalla cartina sottostante realizzata da Openpolis “nessun capoluogo del sud supera i 20 mq di area sportiva per minore residente”. Le uniche eccezioni in questo caso sono Oristano (58,4 mq) e Benevento (36,4).

Grafico Openpolis

Dal punto di vista delle aree sportive all’aperto anche le grandi città del Nord Italia non hanno grosse opportunità per i giovani sotto i 18 anni. Milano, Bologna, Genova hanno tutte meno di un metro quadrato di area sportiva all'aperto per ciascun minore. Ma anche Torino, Brescia e Padova hanno rispettivamente 5,6, 7 e 1,9 metri quadrati di area sportiva all'aperto per ciascun minore. i dati in questo caso sono riferiti al 2018, quindi la situazione attuale potrebbe essere mutata, ed inoltre all’analisi mancano importanti città come ad esempio Roma (oltre a Verona, Bolzano, Salerno e Matera). 

L’assenza di aree sportive esterne naturalmente non è e non può essere la sola causa della poca mobilità corporea che c’è in Italia. Quello che è certo però, è che oltre il 41,5% della popolazione oltre i 35 anni dice di non praticare né sport né alcuna attività fisica. 

Una percentuale che, fatte le dovute proporzioni (sia sociali che statistiche), non si riscontra ad esempio in Francia. Fare sport, oltre che al benessere psicofisico fa bene alla socialità ed alla formazione dei più giovani. Non necessariamente dev’essere fatto in strutture sportive interne e con organizzazioni prestabilite, ma la socialità, anche quella del quartiere, può essere influenzata anche dall’attività sportiva in aree all’aperto, con gente diversa e magari sconosciuta. Una partita di basket al “campetto”, una sfida di calcio in un campo pubblico, soprattutto dopo un anno così complesso e particolare, potrebbero essere linfa vitale per bambini ed adolescenti.

Questo non vuole essere un invito a trasgredire le regole, che sappiamo essere diverse da regione a regione in base all’andamento epidemiologico. L’analisi di Openpolis mette semplicemente in luce come creare delle aree pubbliche di incontro sportivo-motorio, possa far bene all’intera comunità.

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