SOCIETÀ

C'è davvero una recrudescenza della violenza gratuita in Italia?

Morto per aver difeso un suo amico durante una rissa. Morta perché aveva scelto di dividere la sua vita con un transessuale, il fratello di lei non lo aveva accettato e l'aveva inseguita in auto, speronandola e mandandola a morire. Le storie di Willy e Maria Paola ci colpiscono, ci fanno infuriare, e certa stampa cavalca l'onda. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma, ma sui social c'è già chi si allarma: questa violenza gratuita potrebbe essere il sintomo che in Italia c'è qualcosa che non va, e anzi, ci sarebbe una recrudescenza di questi fenomeni, dovuta forse alle esternazioni di certi politici.

Ma è veramente così? Per capirlo meglio ci siamo confrontati con Vincenzo Romania, professore di sociologia all'università di Padova.
"Tutto il contrario, - dichiara Romania - siamo in una fase in cui la delittuosità è in calo. Senza dubbio il lockdown ha ostacolato un certo tipo di violenza, penso alle risse, mentre ha purtroppo favorito la violenza domestica. Globalmente, però, le denunce erano in calo."

I dati, diffusi a fine marzo dalla ministra dell'Interno Lamorgese, lo confermano: i reati erano diminuiti del 64,2% dall'inizio dell'emergenza, anche se un calo minore era stato registrato nell'ambito della violenza in famiglia (-43,6%), e se è vero che il numero degli omicidi è diminuito di molto, non si può dire la stessa cosa dei femminicidi, che sono invece aumentati. Nel complesso, per quanto riguarda la violenza di genere ci sono state meno denunce, compensate però dalle segnalazioni al numero verde dedicato, e non ci è dato sapere quanti episodi analoghi non siano stati segnalati né denunciati.

Per i dati successivi al lockdown ci sarà da aspettare, ma non c'è nulla che faccia pensare che ci sia una recrudescenza di fenomeni come risse e violenza gratuita.
Forse le persone che percepiscono questo aumento sono un po' influenzate dai media: "Ultimamente si pone molto l'attenzione su eventi come quelli di Caronia e Colleferro - spiega Romania - perché siamo usciti da una fase in cui la comunicazione dei media generalisti era dedicata prevalentemente al Covid, mentre ora il tema non è più dominante. Tipicamente d'estate la stampa si concentra sulla cronaca, tanto più che quest'anno, nonostante le elezioni imminenti, non c'è un gran dibattito politico. La cronaca, quindi diventa più saliente. Ci sono eventi, come quello di Willy, che favoriscono l'immedesimazione nella vittima, per via della sua giovane età, dell'ingiustizia subita, della violenza efferata e gratuita e dei motivi futili che a quanto pare hanno scatenato l’uccisione del giovane ragazzo. Ma purtroppo episodi del genere, con conseguenza più leggere, sono piuttosto frequenti anche nei luoghi di villeggiatura. Ciò che cambia, in questo caso, è la ricerca sistematica e apparentemente intenzionale di ferire, fino a uccidere, una vittima indifesa e incolpevole".

Ma cos'è che trasforma la violenza verbale in violenza fisica? Nel caso degli aggressori di Willy, ma anche in molti altri, viene da pensare che il fattore scatenante siano quelle dinamiche che si instaurano all'interno di un gruppo tossico: "Il gregarismo, - continua Romania - la presenza del pubblico, la familiarità con comportamenti del genere visto che i soggetti avevano già precedenti di risse, sono tutti elementi che hanno portato questi individui ad andare oltre la violenza verbale. Non ho piena consapevolezza di tutti gli elementi di indagine, ma a quanto leggo sui quotidiani parrebbe che tali esplosioni di violenza fossero piuttosto comuni, fino a costituire una sorta di ideocultura nel gruppo degli indagati. Non considererei però l’evento comela cartina tornasole di un fenomeno sociale di rilevanza nazionale. La violenza fisica diretta è diventata sempre meno comune nelle nostre società, sostituita da forme più sottili e meno visibili, come ricorda Byung-Chul Han nel suo recente Topologia della violenza. Inoltre, l'Italia è uno dei paesi con meno omicidi nel mondo, mentre c'è un proliferare di tutta la parte psicologica e verbale della violenza: bullismo, cyberbullismo, stalking, hatespeech. Non vedo quindi una recrudescenza dei fenomeni di violenza fisica di questo tipo a livello nazionale, anche se forse l'opinione pubblica potrebbe percepirlo".

Quello della violenza verbale è un altro argomento di dibattito: alcuni politici l'hanno sdoganata, è possibile che questo abbia un ruolo negli episodi di cronaca?
"Rifacendomi anche a Maschilità, devianze e crimine di Cirus Rinaldi - dice Romania - credo che in questi casi ci siano motivazioni più forti. Molte di queste persone violente hanno un'ossessione per la prestanza fisica e per l'espressione performativa della mascolinità perché in alcuni contesti essere devianti è uno dei pochi modi per essere considerati maschi, quindi si sviluppa una mascolinità tossica che unisce elementi come la discriminazione, l'esposizione di status symbol fino ad arrivare a valori di fedeltà militare legati alla violenza. C’è inoltre una supposta componente di controllo del territorio, a quanto riportato dalla stampa, legata alla tossicodipendenza.

I politici non hanno perciò la responsabilità morale diretta di questa violenza. Spesso, il violento compone un bricolage di risorse simboliche, nelle quali la politica gioca solo una piccola parte, che adopera per superare i propri vincoli morali e deumanizzare le vittime. Il problema èquando alcuni politici, a posteriori, giustificano la violenza o restano indifferenti a essa, invece di condannarla. Così facendo, non prendono le dovute distanze morali dai violenti, pur di non perdere il consenso di un elettorato che esprime o riproduce atteggiamenti persecutori e discriminatori. Il violento può superare i propri vincoli morali influenzato, come dicevo, da vari elementi: il rafforzamento della cerchia sociale, i rapporti tossici e molte altre variabili strutturali.  Non sarà certo la dichiarazione di un politico, da sola, a far sì che un gruppo deviante se la prenda, per esempio, con un immigrato o col membro di una qualsiasi minoranza.  L’importante è non far sentire i violenti ‘a casa’ propria, sotto l’egida di un partito di massa".

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