SOCIETÀ

Come si impara a smontare le bufale

Uno degli effetti positivi della pandemia è stato quello che persone ed enti si sono resi conto che abbiamo un problema con la diffusione di notizie false, che in molti casi possono provocare danni ingenti al singolo ma anche alla collettività, sia a livello sociale che economico. Ci sono quattro macroaree in cui si potrebbero dividere le informazioni false

  • Scherzi (da non sottovalutare, perché alcuni sono potenzialmente dannosi)

  • Truffe, per appropriarsi di credenziali o risorse finanziarie altrui

  • Notizie parziali ed esposizione di dati distorti per un secondo fine

  • Notizie false, o bufale, diffuse con secondi fini di vario tipo

Quando ci troviamo di fronte a una notizia che ci rende dubbiosi, vale sempre la pena chiedersi a chi fa gioco una nostra eventuale reazione (il vecchio cui prodest latino è sempre un evergreen). Ormai la maggior parte delle persone ha imparato che moltissimi siti utilizzano titoli che mirano a spaventare il lettore per spingerlo a fare click sulla notizia, in modo da migliorare il livello di engagement del post condiviso sui social e di guadagnare con gli annunci pubblicitari all'interno dell'articolo, ma non sempre le tecniche  usate sono così  intellegibili.

Come si può far fronte a tutto questo? Da una parte ci sono i siti di debunking: quando una falsa notizia diventa virale, o quando comunque viene segnalata (a volte c'è anche un numero di telefono dedicato, come nel caso di bufale.net) gli articolisti controllano le fonti, e spesso cercano di mettersi in contatto con gli interessati, come fa , tra gli altri, Open nella sua sezione "Fact checking", per confermare o smentire il contenuto sospetto. Questo tipo di lavoro è senz'altro ammirevole, ma anche con fondi di ben altra entità sarebbe difficile stare dietro a tutte le notizie false che grazie alla rete vengono diffuse ogni giorno.

Parlare della rete, comunque, non deve trarre in inganno: alcuni pensano che la responsabilità delle notizie false sia da imputare ai social. Non è così: prima dei social c'erano i forum online, e prima ancora c'erano le email: molti lettori ricorderanno amici in buona fede che inoltravano le catene di sant'Antonio per metterci in guardia su dentifricio e shampoo cancerogeni, o sul deodorante che faceva venire il cancro al seno, ma anche prima che internet entrasse nelle nostre case  bufale e immagini manipolate giravano, raggiungendo presto o tardi moltissime persone, che non potevano usare Google per vedere se qualche fact checker avesse smentito la notizia. Internet è uno strumento neutro, che può rivelarsi utile o deleterio a seconda dello scopo con cui viene utilizzato, ma che di sicuro non è la causa della situazione in cui ci troviamo.

Affidarsi solo ai fact checker comunque non è la scelta più lungimirante, e non solo perché non possono stare dietro a tutto quello che esce dalla mente dei complottisti e dei cacciatori di click. È un po' come se dovessimo chiamare l'elettricista ogni volta che si fulmina una lampadina: cosa succede se l'elettricista non ci risponde perché è in ferie o se ha troppo lavoro da fare? Staremmo al buio, e quindi è molto meglio imparare a cambiare la lampadina da soli. Fuor di metafora, dovremmo imparare a sfatare le bufale senza bisogno di mediazioni, ma è meno semplice che cambiare una lampadina.

La strada da percorrere dunque è quella della conoscenza e della comprensione, che è esattamente uno dei motivi di fondo che animano il mio lavoro e che mi spingono ogni giorno a impegnarmi per aiutare le persone a sviluppare una mentalità critica Massimo Polidoro

Se è vero che il senso critico aiuta, ci sono altri concetti che vanno insegnati. E anche se il fenomeno ha radici antiche, che come abbiamo visto risalgono ad epoche preweb, sono purtroppo ancora poche le iniziative volte a educare i cittadini a una corretta analisi delle fonti: quando ci sono, di solito sono singole conferenze che sicuramente possono fornire spunti interessanti, ma difficilmente cambiano il rapporto tra le persone e le notizie.
Per fortuna ci sono anche percorsi più strutturati, come per esempio il corso per indagatori di misteri del Cicap, che si svolge nel weekend per sei mesi, online e a Torino, e che in prima battuta insegna come smascherare i ciarlatani che vantano poteri paranormali, ma che affronta anche temi più giornalistici come il controllo delle fonti.

Per chi invece non avesse a disposizione sei mesi di tempo, il segretario del Cicap, Massimo Polidoro, ha di recente lanciato un mini-corso verticalizzato sulle fake news, per capire cosa spinge moltissime persone a crederci e soprattutto per imparare a riconoscerle, raccogliendo gli indizi che ci possono aiutare.

Un adulto poco avvezzo all'approccio scientifico può certo imparare molto, ma è senz'altro preferibile incentivare lo spirito critico e lo stimolo ad andare nel profondo della notizia quando si è giovani. Con questo spirito nel 2019 è nata Open the box, una piattaforma nella quale gli insegnanti possono trovare materiali e strumenti per educare e responsabilizzare i loro studenti quando si trovano di fronte a una notizia più o meno sensazionalistica.
Open the box propone percorsi e workshop che si svolgono direttamente nelle scuole, coinvolgendo gli studenti dagli 11 ai 18 anni in incontri stimolanti che hanno un approccio laboratoriale: dopo aver ricevuto strumenti e informazioni di base, i ragazzi possono cimentarsi subito con una challenge, che può essere quella di individuare una notizia e fare il fact checking, o manipolare un'immagine per toccare con mano i modi in cui l'intelligenza artificiale o il fotoritocco possono ingannarci. Sono solo degli esempi: i progetti proposti sono molto vari e hanno già raggiunto più di 23.000 studenti, come ci ha raccontato Nicola Bruno, project director di Dataninja, l'azienda che ha sviluppato questo progetto. E l'analisi dei dati è un altro fiore all'occhiello di Open the box, perché sappiamo che anche dati corretti possono essere presentati in modo parziale per gettare una luce diversa sulla realtà, ed è bene che i giovani imparino a interpretarli correttamente al più presto, per diventare adulti più consapevoli dei tentativi di manipolazione di cui potrebbero essere vittime.

Nonostante questi progetti virtuosi, l'Italia è ancora indietro sul fronte del contrasto attivo alle fake news, ma la speranza è che, ora che finalmente è venuto a galla il problema, progetti di questo tipo vengano attivati su tutto il territorio nazionale, perché le chiavi per risolverlo sono proprio la cultura del dubbio e lo spirito critico, che permetterà a ragazzi e adulti di diventare più informati e quindi meno manipolabili.

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