SOCIETÀ

Costruire la cittadinanza scientifica. Voci ed esperienze su clima, ambiente e salute

Cittadinanza scientifica, comunicazione trasparente, salute globale e difesa dell'ambiente erano alcuni dei temi più cari a Pietro Greco, grande giornalista scientifico, per anni direttore del master in comunicazione delle scienze alla Sissa di Trieste e caporedattore de Il Bo Live fino alla sua improvvisa scomparsa nel dicembre 2020. Meno di un anno dopo, il libro Comunicare ambiente e salute. Aree inquinate e cambiamenti climatici in tempi di pandemia è il primo di una collana dedicata a Pietro Greco e al suo impegno per la costruzione di un'autentica “società democratica della conoscenza”, che è possibile solo in una comunità disposta a instaurare un dialogo aperto e costruttivo tra pareri differenti e addirittura opposti e deve basarsi su un'attività scientifica a cui partecipino attivamente anche i membri della società civile. I cittadini e le cittadine, infatti, possono diventare loro stessi delle fonti di informazione e conoscenza per la comunità scientifica quando si impegnano a segnalare problemi ambientali, sanitari, sociali e di sicurezza e anche a proporre possibili soluzioni.

Abbiamo incontrato Fabrizio Bianchi, epidemiologo e ricercatore associato senior all'Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa e direttore della collana PiGreco. Clima, ambiente, salute, Liliana Cori, antropologa e comunicatrice scientifica all'Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa e Simona Re, biologa, comunicatrice scientifica e ricercatrice all'Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR che, insieme a Luca Carra, giornalista e direttore di Scienzainrete, hanno curato il volume.

“Questa collana si propone di raccogliere una piccola parte degli obiettivi che si poneva Pietro Greco nella comunicazione della scienza”, racconta Fabrizio Bianchi. “In particolare, il rapporto tra clima, ambiente e salute è uno di quelli che gli era più caro e che ha più volte affrontato sia dal punto di vista scientifico, sia da quelli culturale e politico, aspetti che considerava altrettanto rilevanti per studiare e comprendere il progresso scientifico. Questo primo libro, oltre a indagare le relazioni tra clima, ambiente e salute, si interroga anche sulle strategie migliori da adottare per poter comunicare in modo corretto ed efficace il legame tra crisi ambientale e salute umana. Nel libro viene poi dato spazio anche agli effetti che i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità possono avere a livello micro, cioè sulla vita quotidiana delle persone che abitano in zone ad alto rischio, e vengono evidenziate alcune delle questioni etiche più rilevanti sollevate dalla crisi climatica e ambientale”.

L'intervista completa a Fabrizio Bianchi, Liliana Cori e Simona Re sul libro "Comunicare ambiente e salute. Aree inquinate e cambiamenti climatici in tempi di pandemia". Montaggio di Elisa Speronello

“Oggi la cittadinanza è molto consapevole riguardo ai problemi legati alla crisi climatica, grazie anche all'impegno degli attivisti come Greta Thunberg e alla diffusione del loro messaggio sui social media”, commenta Liliana Cori. “La preoccupazione per l'ambiente e per la salute è condivisa dalla maggior parte delle persone in tutto il mondo e ci ha resi consapevoli del fatto che nessuno si salva da solo e che tali problematiche vadano affrontate con la collaborazione di tutti e di tutte. Nonostante questo, il nostro paese soffre, in generale, di una scarsa competenza dal punto di vista scientifico e di un sistema di governo che non valorizza l'alta cultura scientifica e non è capace di metterla a frutto”.

L'alfabetizzazione scientifica della società civile è uno dei temi che vengono affrontati dal libro e comprende un insieme di abilità cognitive e sociali necessarie per comprendere e valutare le informazioni diffuse dalla comunità scientifica, dalle istituzioni e dai media su temi come salute, ambiente e sicurezza, per formarsi una propria opinione e fare le proprie scelte per migliorare la qualità della propria vita.
La promozione dell'alfabetizzazione scientifica è quindi fondamentale per rispondere innanzitutto al diritto della popolazione di essere informata sulle condizioni ambientali del luogo in cui vive e sui risultati degli studi che indagano il rapporto tra inquinamento e salute.

“Nel libro vengono riportati alcuni esempi virtuosi da questo punto di vista”, osserva Liliana Cori. “Si tratta di situazioni in cui i ricercatori scientifici hanno instaurato un rapporto con la cittadinanza che, a sua volta, ha saputo esprimere le proprie esigenze, ragionare con la comunità scientifica e costruire un rapporto di fiducia con i ricercatori. Questi esempi virtuosi, per quanto siano ancora troppo pochi, dimostrano sia l'importanza di coinvolgere i cittadini nelle decisioni istituzionali che riguardano la gestione del rischio, sia la necessità di prestare attenzione alla qualità della comunicazione su ambiente e salute e alla sua trasparenza”, aggiunge Cori.

In Comunicare ambiente e salute vengono riportati anche i primi risultati di un progetto organizzato dal CISAS (il Centro Internazionale di Studi Avanzati su Ambiente, ecosistema e salute umana del CNR) su alcuni Siti di bonifica di interesse Nazionale (SIN) del territorio italiano, che sono diventati dei casi studio per indagare non solo il legame tra impatto antropogenico e salute umana, ma anche per sondare le conoscenze degli abitanti riguardo ai rischi per la salute che derivano dall'inquinamento. I siti in questione, che sono quelli di Crotone, in Calabria, e di Augusta/Priolo e Milazzo in Sicilia, diventano quindi degli hot spot ideali in cui poter studiare la relazione tra ambiente e salute e per valutare i rischi sanitari connessi ai problemi di inquinamento dell'ambiente.

All'interno di questo progetto, il CISAS ha organizzato anche uno studio di coorte madre-bambino per valutare le conseguenze che hanno sulla salute del nascituro gli stili di vita delle donne in gravidanza che risiedono in aree a elevato impatto ambientale. I ricercatori hanno misurato, grazie a un sondaggio, la percezione del rischio ambientale che hanno le madri e le future madri che abitano in queste zone e l'influenza che hanno sulla loro consapevolezza determinati fattori sociali e psicologici, la trasparenza delle informazioni a loro disposizione e il grado di fiducia verso gli enti scientifici e i decisori politici che diffondono queste informazioni.

“In tre anni abbiamo reclutato circa 800 mamme e abbiamo chiesto loro di essere le nostre sentinelle sul territorio e di essere parte di un lavoro che avrebbe permesso di raccogliere nuova conoscenza sui rischi ambientali a cui sono esposte”, racconta Liliana Cori. “Abbiamo costruito con loro un rapporto che stiamo coltivando nel tempo e che è servito, inizialmente, a indagare la loro percezione del rischio sanitario rispetto alle minacce ambientali che derivano dalla vicinanza alle aree industriali. Abbiamo scoperto che molte di loro erano già consapevoli di vivere in una zona ad alto impatto ambientale e che la loro fiducia verso le istituzioni era molto bassa, al contrario di quella verso la ricerca scientifica, che era più solida. Abbiamo poi organizzato delle interviste (che, a causa della pandemia, abbiamo dovuto condurre a distanza) per parlare con queste donne”.

Per quanto non si possa dire che questa sia stata un'esperienza di cittadinanza scientifica, dato che l'idea di coinvolgere le donne è partita dai ricercatori e non dalla società civile, il CISAS ha organizzato, all'interno del suo progetto, alcune iniziative per incoraggiare una proficua interazione tra società civile, decisori politici e comunità scientifica per sensibilizzare la popolazione riguardo al legame tra ambiente contaminato e rischi per la salute e per rispondere a quella “domanda diffusa di cittadinanza scientifica” di cui parlava spesso Pietro Greco. “Per rafforzare la cittadinanza scientifica, il CISAS ha lavorato ad esempio nelle scuole di primo e secondo grado, dove sono stati tenuti dei corsi di formazione agli insegnanti, e ha organizzato delle conferenze pubbliche per rispondere alle esigenze e alle domande dei cittadini e degli amministratori. Lo scopo era quello di creare un rapporto di fiducia con i cittadini e le cittadine, fornire loro informazioni e strumenti per pensare e agire e consigliare loro a chi rivolgersi per far sentire la loro voce quando vogliono segnalare problemi e criticità”.

Per realizzare quell'ideale di cittadinanza scientifica tanto caro a Pietro Greco, è necessario che la società civile non sia solo destinataria dei messaggi provenienti dalla comunità scientifica, ma che possa godere anche di alcuni particolari diritti: quello alla trasparenza amministrativa e quello di essere informata, ascoltata e raccontata.
Come specifica Simona Re, infatti, “la cittadinanza scientifica è un concetto molto giovane e innovativo di cui una società complessa come quella in cui viviamo oggi non può fare a meno se vuole tutelare il suo sistema democratico e raggiungere nuove forme di sviluppo e di benessere. Per raggiungere una vera cittadinanza scientifica è fondamentale quindi creare occasioni di dialogo tra esperti e non esperti.
In Italia, come abbiamo avuto modo di constatare durante la pandemia, i cittadini e le cittadine hanno bisogno di ricevere un'informazione accurata. Questo vale anche per la crisi ambientale: le migliaia di persone che affollano le piazze per protestare contro i cambiamenti climatici rendono evidente che la loro percezione del rischio sta crescendo, e così anche la loro richiesta di essere ascoltati”.

Non a caso, come rifletteva Pietro Greco, viviamo in una società del rischio.

La percezione del rischio gioca un ruolo decisivo nei comportamenti di noi, cittadini comuni. Anche nei comportamenti che consentono di prevenire il rischio. Una matura percezione fa dunque tutt’uno con una matura cultura del rischio Pietro Greco

“Sono trascorsi circa 200.000 o 300.000 anni dalla comparsa della nostra specie sulla terra”, continua Simona Re. “In questo “breve” periodo abbiamo raggiunto livelli ineguagliabili in termini di progresso e di benessere. Dopodiché, però, siamo andati oltre e abbiamo intrapreso una corsa senza sosta alla ricerca di un benessere che oggi sta perdendo persino il suo significato. La continua costruzione di modelli di sviluppo e di consumo è diventata ormai insostenibilie non tanto per il pianeta che ci ospita, bensì per quello stesso equilibrio delle risorse che consente la nostra sopravvivenza.
Le attuali emergenze sanitarie, ambientali e sociali sia globali che locali ci espongono a dei pericoli che, fatta eccezione per la recente pandemia, vengono talvolta ignorati. Eppure, sottovalutare una minaccia rende più difficile, se non impossibile, proteggerci e rispondere efficacemente alle emergenze, pensiamo ad esempio agli impatti catastrofici della crisi climatica, come la destabilizzazione degli equilibri ambientali, sociali ed economici globali.

Siamo una comunità in pericolo che necessita di essere lucida e ben informata per rispondere in modo efficace alle grandi emergenze globali come quella climatica. Eppure, la comunicazione del rischio climatico, ecologico e sanitario, che dovrebbe basarsi su informazioni accurate e usare le giuste strategie linguistiche e comunicative, oggi ancora manca.
È necessario quindi aprire un dialogo cooperativo tra i decisori politici e la società civile che passi attraverso la comunicazione del rischio e che coinvolga, in primis, le istituzioni scientifiche.
Questo rapporto tra istituzioni e società civile ha molto a che fare con la democrazia della conoscenza e con il diritto di cittadinanza scientifica per tutte le persone, due concetti che erano particolarmente cari a Pietro Greco”.

[Cittadinanza scientifica] significa maggiore consapevolezza dei cittadini sui temi della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico e più partecipazione alle scelte tecniche e scientifiche, incluse quelle ambientali e quelle eticamente sensibili Pietro Greco

Comunicare ambiente e salute è un tentativo di affrontare la complessità di questi fenomeni da un punto di vista multidisciplinare”, commenta Fabrizio Bianchi. “Il libro raccoglie, infatti, i contributi provenienti da esperti di sociologia, antropologia, epidemiologi e studiosi dell'ambiente. Il nostro scopo non era quello di proporre delle soluzioni definitive ai grandi problemi che si trova a fronteggiare la nostra società, bensì fornire gli strumenti adatti per promuovere il ragionamento etico, la ricerca scientifica e le strategie di comunicazione più efficaci”.

“Raccogliere pareri diversi provenienti da studiosi e studiose di salute, di ambiente e di comunicazione è stata un'esperienza emozionante che ci sta permettendo di costruire un messaggio comune destinato non solo agli esperti ma anche alla cittadinanza”, conclude Simona Re.

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