
È successo. Qualcuno è riuscito a rendere Gödel per tutti, senza impoverirne il pensiero. Come succede invece quando si sente parlare di gatti vivi e morti, come se adesso i felini avessero questo strana caratteristica di non essere né vivi né morti oppure sia vivi sia morti: una nuova specie? Ecco Deborah Gambetta scrive un libro su Kurt Gödel che chiunque può leggere (anche se chiunque può sempre leggere un libro, intendiamoci) senza dover chiamare in causa strane semplificazioni. O che chiunque può leggere senza fatica, e senza dover ripiegare a usarlo come centrotavola in salotto (Gödel, Escher e Bach. Un’eterna ghirlanda brillante è un libro bellissimo e Hofstadter un vero genio, quasi quanto gli artisti e pensatori di cuio parla, nonostante le grandi dimensioni e le 868 pagine). Si intitola Incompletezza (Ponte alle Grazie), come il famoso teorema del matematico austriaco che minò le certezze, e non è un romanzo, non è un saggio, non è autofiction o forse è tutto insieme. Gambetta fa qualcosa di inaudito, non perché sia in sé stupefacente ma perché per riuscirci deve rompere una convinzione comune: che il pensiero puramente astratto sia qualcosa di infinitamente distante dalla vita di tutti i giorni e di tutte le persone. E anche, forse, che il pensiero logico-scientifico sia un linguaggio precluso agli umanisti e viceversa. Scrive un libro zeppo di matematica eppure profondamente intimo. La sua presenza in dozzina allo Strega è una sorpresa felice e noi del Bo Live, anche se abbastanza convinti che non possa accadere che vinca, proprio perché è un libro "troppo diverso", facciamo il tifo. Intanto abbiamo intervistato l’autrice.
Come hai incontrato Kurt Gödel e cosa vi siete detti, metaforicamente parlando?
L’ho incontrato per caso, forse come tutti i grandi incontri del destino. La prima volta che ho sentito parlare di lui, o meglio letto, è stato ne L’ultimo teorema di Fermat di Simon Singh, libro che avevo trovato nella libreria dello stesso uomo da cui Incompletezza prende le mosse. E a pensarci bene, forse, questa coincidenza non è stata per niente un caso: è apparso nella mia vita proprio nel momento in cui tutto stava andando in frantumi. È forse questo che ci siamo detti allora la prima volta: Ascoltami; Va bene, eccomi qui.
Personaggio affascinantissimo, portatore, insieme ad altri, della verità lancinante del suo tempo, cioè della fine delle certezze, Gödel è rimasto per anni inaccessibile ai non addetti ai lavori, come se la (sua) matematica fosse cosa per pochi. Tu non sei una matematica, eppure i suoi processi ti si sono resi accessibili e tu li hai resi accessibili a tua volta al lettore, senza fare quella che oggi si chiama a volte erroneamente divulgazione scientifica, cioè una semplificazione che lascia sempre l'amaro in bocca. Tu sei stata sul punto, precisa. Qual era il piano?
Non c’era un piano. Che il mio interesse per lui potesse diventare un libro non lo avevo preventivato. L’idea di scrivere su di lui è arrivata quasi tre anni dopo il nostro primo incontro, e la prima parola scritta con l’intenzione di farne un romanzo quasi cinque anni dopo. Prima siamo dovuti entrare in intimità, come tutte le relazioni importanti. L’intimità con un personaggio, anche di finzione, è fondamentale per me, non posso scrivere se prima non lo frequento, se prima non entro nella sua testa. E così, a un certo punto, mi sono resa conto che raccontare di lui, di un logico matematico – il senso di quel entrare dentro la sua testa – , doveva significare conoscere i suoi lavori, da cui comunque ero rimasta affascinata da parallele letture divulgative. Ma non bastava, io volevo le sue parole. Nell’avvertenza a inizio del mio libro scrivo che è come se avessimo fatto un patto: “se vuoi raccontare di me devi fare uno sforzo, altrimenti non capirai niente”. E io volevo capire la sua matematica per capire lui. La sfida è cominciata qui.
E in questo piano, dove stava la letteratura (che tu hai ampiamente praticato)?
Lo sguardo degli scrittori sulle cose del mondo è inevitabilmente letterario. E il mio sguardo sulla "sua" matematica, ma non solo sulla sua, è stato tale. I teoremi di incompletezza, per esempio, sono per me una delle più belle pagine di letteratura mai scritta. Non solo ci raccontano qualcosa sulla matematica ma ha davvero qualcosa di kafkiano nel senso letterale del termine. È una dimensione perturbante. Gli stessi insiemi transfiniti di Cantor sono la creazione di un mondo che ricorda quasi più la letteratura – Borges – o il romanzo d’avventura che qualcosa di asettico come molti di noi pensano la matematica. Io volevo raccontare questa bellezza, farla esplodere in tutta la sua letterarietà.
Nel romanzo a un certo punto, seguendo l'evoluzione della matematica di Gödel e dei suoi contemporanei, impegnati nel sistematizzare il pensiero scientifico, si legge: "Cosa accade quando il pensiero laterale si immerge nel tempo?". Ti giro la domanda decontestualizzandola e portandola nel nostro mondo. Cosa succede?
Succede che vedi, come le vedeva Gödel, le "correlazioni sfuggenti". Nella complessità della realtà riuscire a vedere connessioni che i più non vedono, compiere un azzardo, un salto impensato.
Una parola chiave nella ricerca di quel tempo è coerenza. Certo, Gödel e compagni l'intendevano dal punto di vista formale, matematico, rigoroso... eppure la negazione della coerenza assoluta, diciamo così, è qualcosa che spaventa, o no?
La realtà è illogica, incoerente. O meglio: l’essere umano lo è. Ma siamo noi che produciamo la realtà in cui siamo immersi. Di contro, abbiamo tutti gli strumenti necessari per cercare di renderla coerente, questa realtà, e lo facciamo con l’intelletto. Tutto ciò che produciamo in ogni branca del sapere è un tentativo prolungato di trovare "leggi coerenti". Poi, certo, la contraddizione è insita nella natura umana, c’è sempre qualcosa che sfugge alla sistematizzazione, o che convive. La vita è questo.
Vita, ricerca, letteratura. Fiction, autofiction, non-fiction. Il tuo libro tiene insieme tutto questo. Come hai fatto?
Posso darti due risposte. La più pragmatica è: un grande lavoro di riscrittura e di editing. L’altra ha più a che fare col mistero delle storie e quindi ti dico: non lo so. A un certo punto mi sembrava che l’unico modo in cui potevo raccontare questa storia fosse cercare di tenere insieme questi tre respiri.
Una nota voyeristica: Adele, la moglie di Kurt è un personaggio chiave nella vita del matematico. Come amava un uomo con una mente così superiore? Leggere e studiare di lui, di loro, ti ha suggerito qualcosa sull'amore tout-court?
Risultavano agli occhi degli altri una coppia eccentrica – ma lui era eccentrico, quindi. Inoltre, sembra quasi incredibile pensandolo riferito a Gödel ma a lui piacevano moltissimo le donne, con una passione particolare per le donne più grandi (Adele, infatti, aveva quasi sette anni più di lui). L’amore è alchimia e la complementarità gioca sempre un ruolo centrale nelle relazioni: si cerca sì uno specchio ma anche ciò che – perdonami il gioco di parole – ci completi. In Adele vedeva la forza, il coraggio, il pragmatismo, la capacità di muoversi nel mondo, la salute, la sovrabbondanza, l’unica che potesse tenerlo ‘insieme’. Era la sua àncora. Poi esistono foto in cui lui, quasi al limite dell’anaffettività, si lascia andare a gesti di una tenerezza che non penseresti mai. Per il resto non saprei, credo che il segreto sia accettare l’altro per come è, senza tentativi di cambiarlo.
Attraversare l’esistenza di Gödel, e toccare il suo genio, ti ha in qualche modo cambiata?
Aggiungerei un aggettivo: toccare il suo genio matematico. Gödel mi ha permesso di entrare dentro questo mondo e capire, insegnarmi, che la matematica è un’avventura umana al pare di qualunque altra avventura artistica. Non ci sono differenza tra un poeta, un pittore, uno scrittore, un compositore e uno scienziato. La matematica a quei livelli è arte.
“ Non ci sono differenza tra un poeta, un pittore, uno scrittore, un compositore e uno scienziato. La matematica a quei livelli è arte Deborah Gambetta