UNIVERSITÀ E SCUOLA

Didattica del futuro: un approccio laico

Le colleghe e i colleghi che hanno lanciato un appello al rettore lo scorso 11 Giugno hanno colto lo sforzo fatto dall’ateneo per l’emergenza Covid ma paventano il rischio che la” didattica a distanza possa essere pensata come sostituzione della didattica in presenza”, e vedono con preoccupazione le soluzioni “blended” oltre a vedere il rischio di “scavare un fossato” tra i frequentanti e gli studenti costretti a vivere la vita universitaria in differita.

Mi pare che l’appello, seppur condivisibile su alcuni principi generali, sottointenda tra le righe che tutto andasse bene nel migliore dei mondi possibili, alla Pangloss di Voltaire nel Candide, e che la sola presenza in aula crei, come per una sorta di magnetismo, un flusso di conoscenza dalla cattedra ai discenti.

Insegnando da molti anni in aule da 250 posti, spesso tutti occupati, con studentesse e studenti pendolari soggetti a entrate causali in aula per i ritardi dei mezzi pubblici, stanchi dall’alzataccia o dal lungo viaggio, non traggo l’impressione di riuscire a valorizzare quelle due ore come vorrei, né di offrire al singolo studente l’attenzione che merita. Frequentando da qualche anno i workshop del Progetto T4L, mi accorgo che in passato ho certamente trasmesso la conoscenza ai miei studenti dalla cattedra, magari scrivendo pure sul tablet per permettere loro di veder meglio, ma di avere forse creato un rapporto solo con qualche studente delle prime file o con gli aficionados del ricevimento studenti. Rifletto anche che per me, progettare una lezione, significava presentare bene tutti gli argomenti del corso, e che il syllabus consistesse nell’elencarli. Mettevo in secondo piano aspetti cognitivi banali come il fatto che rendere attivi gli studenti favorisca l’apprendimento, o l’importanza di fare in modo che la maggior parte seguisse le lezioni riuscendo così a superare l’esame nella prima sessione, senza accumulare ritardo nel curriculum universitario.

Nello scorso semestre è stata sperimentata la didattica interamente online. Nella maggior parte dei casi, molti colleghi hanno dovuto imparare velocemente un ventaglio di strumenti e si sono trovati coraggiosamente ad improvvisare una didattica online. Chi ha preparato dei MOOC, i Massive Open Online Courses, nati nel 2011 a seguito dell’esperienza del 2001 del MIT di offrire le lezioni registrate dei corsi a libero accesso al mondo, sa bene la difficoltà nel progettare adeguatamente le lezioni sia nei contenuti, che nel ritmo, che nella tecnica, che nell’intercalare attività. Data la difficoltà dell’online, un docente che lavora ad un MOOC – la vetta dell’asincrono - è accompagnato da un project manager che lo guida nelle scelte didattiche. Eppure, la didattica online è “piaciuta” sia a molte/i docenti che negli incontri del T4Ltogether abbiamo ascoltato quotidianamente per quasi due mesi con la professoressa Monica Fedeli e i change agents ((Docenti che su base volontaria si impegnano nella promozione di attività per migliorare l’insegnamento e l’apprendimento, nell’ambito dei corsi di studio del proprio dipartimento e in ateneo, dopo aver seguito vari corsi e workshop di formazione), sia alle studentesse e studenti. Un recente sondaggio Ipsos-Federica mostra che il 65% degli studenti auspica per l’anno prossimo una didattica puramente online (11%) o divisa tra frontale e a distanza (54%); solo un 31% auspica un ritorno alla sola didattica frontale. Inoltre, viene espresso un forte gradimento, nell’ambito dell’online, per la didattica asincrona.

Una delle cose che gli studenti hanno colto dell’online è probabilmente il fatto di poter apprendere anytime ed anywhere. Molti di noi che utilizzavano Moodle al minimo delle forze hanno scoperto invece delle attività didattiche estremamente valide come le valutazioni formative in itinere tramite dei compiti/test o la peer review tra studenti, che sviluppa capacità di analisi e valutazione che i nostri studenti saranno chiamati ad utilizzare nel mondo del lavoro. D’altronde è risaputo dagli studiosi del settore che la modalità “blended”, quella vera, costituita da una parte di didattica “a casa” (non necessariamente online) e da una parte in classe – entrambe per tutti - rappresenti la miglior forma di apprendimento.

Viene spontaneo chiedersi, al posto di vedere le tecnologie come una “decisione didattica preliminare che rischia di essere sottratta alle valutazioni del/della docente”, se queste adeguatamente utilizzate non possano fornirci un aiuto per affrontare meglio la didattica anche frontale. Infatti, la questione non è quella di trattare gli studenti come “clienti” in funzione di una “customer satisfaction” ma di come spostare la centralità della didattica dal docente allo studente.

Le possibilità dell’uso consapevole delle tecnologie sono davvero molte, come l’utilizzo di strumenti di active quiz in aula per favorire le discussioni, o far vedere a casa dei video o far commentare in condivisione dei testi su alcuni argomenti prima di trattarli a lezione.  Perché ad esempio non relegare delle parti del corso, il classico “lecturing”, in lezioni online efficaci svolte da noi o perché no, prendendo anche parti dai migliori docenti di atenei prestigiosi, per poi utilizzare le ore frontali per approfondimento, discussione, approfondimento, attività di gruppo, facilitando così l’assimilazione della nostra materia? E magari valutare regolarmente le studentesse e studenti con attività in piattaforma durante i fine settimana per essere sicuri di averli presenti alla lezione successiva? Ciò permetterebbe ad esempio, pur svolgendo tutte le ore frontali richieste, di suddividere in gruppi gli studenti e, negli insegnamenti numerosi, di avere finalmente un’aula umana dove davvero si possa creare un rapporto studente-docente. 

L’ateneo, l’ufficio Digital learning e multimedia hanno fornito in questi anni gli strumenti tecnologici non pensando all’emergenza, ma alla qualità della didattica. I tecnici di tutti i dipartimenti si sono prodigati per diffondere le buone pratiche e le istruzioni ai colleghi. Adesso che abbiamo imparato ad usare le tecnologie per la didattica, utilizziamole al meglio e veniamo incontro alle esigenze studentesche: “il faut cultiver notre jardin”. 

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012