SOCIETÀ

La digitalizzazione in Europa presenta ancora troppe differenze tra gli Stati

In un mondo sempre più interconnesso, dove le innovazioni tecnologiche hanno accelerato le informazioni e i cambiamenti, avere competenze digitali è essenziale per cercare di rimanere al passo con i tempi. Lo è non solo in ambito lavorativo, ma anche nella quotidianità di ciascuno di noi. O almeno così dovrebbe essere perché a conti fatto quasi la metà dei cittadini europei queste competenze non le ha. Secondo un'analisi di Eurostat sulla digitalizzazione in Europa, nel 2021 solo il 54% dei cittadini europei possedeva competenze digitali di base o superiori.

Come sempre tra gli Stati membri le differenze sono più che evidenti. Si passa dalla Finlandia, in cui otto persone su 10 hanno skills digitali, alla Romania, dove il dato cala al 27,8%.  Più si sale in Europa e più capacità si riscontrano. Allargando lo sguardo vediamo come il Paese con la percentuale di popolazione con più skills  sia l’Islanda (81%) seguita da Norvegia (78,7%) e Olanda (78,9%). E l’Italia? Il nostro Paese da questo punto di vista ha enormi margini di miglioramento perché è nella fascia bassa, con una percentuale del 45,6%, che significa che nemmeno una persona su due ha capacità digitali.

Sono dati non banali, che devono essere letti anche alla luce del fatto che l’obiettivo dell’UE è quello di avere almeno l’80% di tutti gli adulti con competenze digitali minime di base  entro il 2030. Per essere in grado di utilizzare tecnologie digitali generali di base, le persone devono sapere come svolgere almeno un’attività in ciascuna delle cinque diverse aree di competenza.

Se le competenze di base non sono così elevate, non va meglio per quelle avanzate. Solamente il 4% dei laureati nell'Unione Europea infatti, si specializza nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT). La percentuale di laureati in ICT è stata più elevata in Estonia (10%) e Irlanda (8%), mentre le più basse si sono registrate in Italia (2%), Portogallo, Belgio e Cipro (3%).

Inoltre, nel complesso, ci sono ancora di gran lunga più uomini che donne con una laurea ICT. Nell’Unione Europea gli uomini con tale titolo di studio rappresentavano l'8% di tutti i laureati maschi, contro il 2% delle laureate donne. Anche qui i Paesi un po’ più paritari sono quelli del Nord. Estonia (18%), Finlandia e Malta (entrambe al 14%) avevano la percentuale più alta di laureati in ICT tra i laureati maschi, mentre Estonia (5%), Irlanda e Romania (entrambe al 4%) avevano la percentuale più alta tra le laureate.

E se mancano le competenze, mancano i laureati in ICT, l’unica soluzione è quella della formazione in itinere. Un'impresa su cinque nell'UE forma il proprio personale per sviluppare competenze digitali. Nel 2022, il 22% delle imprese dell'UE ha fornito formazione al proprio personale per sviluppare o potenziare le competenze ICT. Finlandia (40%), Svezia (34%), Danimarca e Belgio (entrambi al 33%) sono i leader nell'UE, con la percentuale più alta di imprese che forniscono formazione ICT al proprio personale.

Considerando le dimensioni dell'impresa, questa percentuale ha raggiunto il 70% per le grandi imprese, rispetto al 21% per le piccole e medie imprese (PMI).

Ci sono infine degli obiettivi che la stessa Unione Europea si è posta. Il primo l’abbiamo gia visto precedentemente, il secondo invece è quello di avere più del 90% delle PMI con almeno un livello di capacità digitale di base, e il 75% delle imprese dell'UE dovrebbe utilizzare servizi di cloud computing, effettuare analisi di big data o utilizzare l'intelligenza artificiale. Tutto ciò entro il 2030.

Ad oggi sappiamo che quasi il 70% delle PMI dell'UE raggiunge una capacità digitale di base mentre il 41% delle imprese utilizza il cloud, principalmente per le e-mail. C’è poi il tema dell’intelligenza artificiale, utilizzata dall'8% delle imprese dell’Unione Europea. Come nel caso del cloud computing, il suo utilizzo era più comune nelle grandi imprese (28%) rispetto alle PMI (7%). Anche in questo caso la variazione di percentuale tra i vari Paesi è estremamente alta. I più restii ad utilizzare l’AI sono  Romania (1% delle imprese) Grecia, Cipro, Estonia, Polonia, Ungheria e Bulgaria (3%).

Tornando invece all’analisi delle abitudini dei cittadini, vediamo come nel 2022 il 90% delle persone nell'Unione Europea ha dichiarato di aver utilizzato Internet nei tre mesi precedenti.Analizzando in modo più dettagliato l’attività online,vediamo che l’utilizzo di internet è stato principalmente per comunicare con gli altri, ad esempio per inviare o ricevere e-mail (86% degli utenti) e messaggistica istantanea (80%). Il 77% poi l’ha utilizzato per trovare informazioni, il 73% per effettuare chiamate telefoniche o videochiamate o per guardare programmi Tv o video in streaming. Percentuali che fanno capire che nella quotidianità il digitale è ben presente nei cittadini, che però a quanto pare faticano a fare dei passaggi successivi verso un utilizzo più articolato del mezzo.

Più di sei cittadini su 10 poi, nel 2022 hanno utilizzato dei servizi bancari online, una percentuale che è cresciuta di 13 punti rispetto al 53% del 2021. Le operazioni bancarie online sono particolarmente popolari tra le persone di età compresa tra i 25 ei 64 anni (70%), rispetto al 59% di coloro che hanno un'età compresa tra i 16 e i 24 anni e al 54% dei 65-74enni. Tra i Paesi dell'UE sono più utilizzate in Finlandia (97%), Danimarca e Paesi Bassi (entrambi al 96%).

Se le persone che hanno utilizzato un home banking sono state il 66% dei cittadini, quelle che hanno fatto acquisti online sono state di più. Nel 2022, il 75% delle persone nell'UE ha dichiarato di aver comprato o ordinato beni o servizi online, rispetto al 55% nel 2012. Anche in questo caso con grandi differenze tra Paesi:  la percentuale variava dal 49% in Bulgaria al 90% in Danimarca e al 92% nei Paesi Bassi. Come fascia d’età l'e-commerce è più popolare tra le persone tra i 16 ei 24 anni (81%), rispetto a coloro i quali hanno un’età compresa tra i 25 e i 64 anni (77%). Il 68% degli acquisti poi, ha comprato vestiti, scarpe o accessori.

C’è infine il grande tema dell’internet of things, cioè dell’internet delle cose, tutti quei dispositivi d’uso quotidiano e presenti nelle nostre case che comunicano dati attraverso la rete. Nel 2022, il 72% degli utenti di Internet nell'UE ha utilizzato dispositivi o sistemi connessi a Internet, tra cui il 64% ha utilizzato soluzioni di intrattenimento domestico intelligenti come TV connessa a Internet, console di gioco, sistemi audio domestici e altoparlanti intelligenti, il 29% indossava un orologio smart, un braccialetto fitness o un dispositivo indossabile simile, l'11% utilizzava contatori intelligenti per gas, elettricità e luci intelligenti per la gestione dell'energia in casa e il 10% utilizzava elettrodomestici intelligenti come aspirapolvere robot, frigoriferi, forni e macchine da caffè.

Tra i paesi dell'UE, la percentuale di utenti di Internet che utilizzano soluzioni IoT variava dal 44% in Bulgaria e 52% in Romania al 92% a Malta e al 95% nei Paesi Bassi.

 

Dal rapporto sulla digitalizzazione in Europa emergono quindi grandi differenze interne. Non è una novità e le azioni da intraprendere si conoscono, ma tali discrepanze devono essere tenute in considerazione. Difficilmente si possono prendere esempi virtuosi, sradicarli dal contesto ed inserirli in Paesi che faticano ad essere a loro agio con il digitale, ma è su questi ultimi che si deve accendere l’attenzione. 

 

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