Il 14 aprile 1980, quarant’anni fa, moriva Gianni Rodari. Il più grande scrittore per l’infanzia che l’Italia abbia mai avuto, insieme a Carlo Collodi. A distinguere questi due straordinari autori c’è il fatto che il fiorentino è famoso per un’unica opera, Pinocchio, mentre il piemontese (Rodari era nato a Omegna nel 1920, esattamente cento anni fa) è famoso per una quantità incredibile di opere.
Da queste opere traspare una delle qualità meno note di Gianni Rodari, la sua passione per la scienza e la sua attenzione per l’innovazione tecnologica. Vissute entrambe con spirito critico ma anche consapevole della loro importanza in quella che, dopo la Seconda guerra mondiale, veniva emergendo come una società e un’economia della conoscenza.
«Io scrivo per i bambini di oggi, astronauti di domani», annuncia all’inizio degli anni ’60 Gianni Rodari. Inaugurando una felice stagione in cui i personaggi delle sue storie sono per l’appunto astronauti e gli ambienti sono dispersi nel cosmo intero.
Rileggendo le sue opere con questi occhiali possiamo ricavarne un vero e proprio dizionario scientifico. Per ricordare Gianni Rodari Il Bo Live proporrà venti possibili lemmi, uno a settimana.
Dati i tempi, vi proponiamo il primo che costituisce un’autentica rarità: patologia. Sebbene tutta l’opera di Rodari sia espressionedi un realismo fantastico, senza concessioni al bamboleggiamento, la parola patologia è quasi sempre assente dalle sue opere. La fa, invece, da padrona in C’era due volte il barone Lamberto, del 1978.
C’è, infatti, la malattia:
In mezzo alle montagne c'è il lago d'Orta. In mezzo al lago d'Orta, ma non proprio a metà, c'è l'isola di San Giulio. Sull'isola di San Giulio c'è la villa del barone Lamberto, un signore molto vecchio (ha novantatré anni), assai ricco (possiede ventiquattro banche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore, eccetera) sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro. Solo il maggiordomo Anselmo se le ricorda tutte. Le tiene elencate in ordine alfabetico in un piccolo taccuino: asma, arteriosclerosi, artrite, artrosi, bronchite cronica, e così avanti fino alla zeta di zoppía.
C’è la diagnosi:
Certe volte il barone Lamberto sente un dolorino qui o là, ma non riesce ad attribuirlo con precisione ad una delle sue malattie. Allora domanda al maggiordomo:
- Anselmo, una fitta qui e l’altra lì?
- Numero sette, signor barone: l’ulcera duodenale.
Oppure: - Anselmo, ho di nuovo le vertigini. Che sarà mai?
- Numero nove, signor barone: il fegato. Ma ci potrebbe essere anche lo zampino del numero quindici, la tiroide.
Il barone confonde i numeri.
- Anselmo, oggi vado malissimo con il ventitre.
- Le tonsille?
- Ma no, il pancreas.
- Con il suo permesso, signor barone, al pancreas abbiamo assegnato il numero undici.
- Cosa mi dici! Il numero undici non è la cistifellea?
- Cistifellea cinque, signor barone. Controlli lei stesso.
E c’è, infine, la cura.
Talvolta, in eccesso. Come rilevano molti medici, oggi più che mai:
Accanto a ogni malattia Anselmo ha annotato le medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte, i cibi permessi e quelli vietati, le raccomandazioni dei dottori: «Stare attenti al sale, che fa aumentare la pressione», «Limitare lo zucchero, che non va d’accordo con il diabete», «Evitare le emozioni, le scale, le correnti d’aria, la pioggia, il sole e la luna».
Già, cosa stiamo facendo noi in queste settimane se non starcene in casa ed evitare così le emozioni, le scale, le correnti d’aria, la pioggia, il sole e la luna? Sì, ma a differenza del barone Lamberto questo nostro stare alla larga non è dettato dall’ipocondria, ma da una concreta necessità.