SOCIETÀ

Dove seppelliamo i nostri morti?

“Dove seppelliamo i nostri morti?” In questo periodo di emergenza sanitaria è un interrogativo non privo di inquietudine tanto per i cattolici quanto per i credenti di minoranze religiose. Tra queste, la comunità musulmana è particolarmente toccata dal problema e sono mesi che i giornali ne parlano. In realtà però, è da tempo che si discute per trovare una soluzione: dall’inizio degli anni Duemila si tenta di trovare un’intesa tra comunità islamica e stato italiano, ma ad oggi non sono stati raggiunti grandi risultati. Su circa 8 mila comuni italiani sono presenti solo 58 cimiteri islamici - destinati peraltro ai residenti nel comune in cui si trova il cimitero - e dovrebbero far fronte alle esigenze di una comunità di circa 2 milioni di credenti.

È evidente che anche senza Covid-19 il problema presto o tardi si sarebbe dovuto affrontare e risolvere in maniera definitiva.

L’attuale situazione, rendendo impossibile il rimpatrio delle salme a causa della chiusura di rotte aeree e marittime, non ha fatto altro che acuire una problematica già presente, creando emergenza nell’emergenza.

Per comprendere meglio la necessità di realizzare aree cimiteriali islamiche, abbiamo intervistato il professor Stefano Allievi, docente di sociologia dell’università di Padova.    

"Noi diciamo che i migranti tendono a rimandare i corpi dei defunti nel paese di origine, ma questo accade solo in una prima fase, ovvero quando si sentono migranti temporanei. Man mano che risiedono per periodi più lunghi nel paese di immigrazione, e tanto più se ci fanno famiglia, la loro proiezione diventa il luogo in cui vivono. È quindi normale che desiderino essere seppelliti nel territorio dove hanno vissuto e dove si trovano i loro parenti più stretti" spiega il professor Allievi.

Ne consegue che questo vale anche per i musulmani e non bisogna dunque stupirsi se il loro obiettivo diventi quello di realizzare cimiteri islamici.

"Tuttavia in Italia sono ancora pochi e spesso i defunti vengono deposti in aree acattoliche; ma via via che la comunità cresce diventa necessario, banale, fisiologico, aprire spazi a loro dedicati. Questo produce opposizione da parte dei sindaci o delle amministrazioni perché il diritto alla sepoltura, che è un diritto umano, è sentito come un processo di invasione. In definitiva, il desiderio di essere sepolti nella terra in cui si è vissuto per la maggior parte della propria vita non è altro che un processo di integrazione post mortem".

Intervista al professor Stefano Allievi, docente di sociologia dell'università di Padova sul problema delle sepolture dei musulmani in Italia

Dunque, quella che sembra essere un’esigenza specifica dei musulmani assume un carattere universale che abbraccia tutte le minoranze religiose. La richiesta di aree riservate dove seppellire i propri morti "è tipica delle comunità religiose sia minoritarie che maggioritarie". Il fatto è, che nei confronti dei musulmani si è creata l’idea che il professor Allievi definisce con l’espressione "processo di eccezionalismo dell’islam", ovvero "pensare sempre che questa religione rappresenti un caso eccezionale; in realtà non lo è affatto. Bisogna calcolare che alcune identificazioni più forti sono legate al fatto di essere una minoranza e quindi valgono anche per le altre. Le comunità minoritarie soffrono di non essere riconosciute, mentre quelle maggioritarie lo sono di fatto dalle leggi, dalle istituzioni, dal paesaggio, dall’urbanistica, dalla politica". La mancanza di questo riconoscimento per le prime si esplica nel "bisogno di sancire in maniera più forte gli obblighi, ma questo vale per tutte le minoranze". In Italia l’esigenza della comunità musulmana viene intesa come esclusiva rivendicazione di un non-diritto (ovvero il diritto alla sepoltura), quando ad altre minoranze religiose (valdesi, ebrei) la medesima necessità non solo è riconosciuta, ma è anche garantita.

Dunque, se non c’è niente di strano in questa richiesta da parte dei musulmani, perché loro "vogliono" e "chiedono" come fanno esattamente gli altri gruppi minoritari, qual è il problema?

Facciamoci aiutare da una notizia e da qualche numero (in costante aumento). La notizia riguarda il progetto di realizzare un cimitero islamico nel comune di Fiumicino su un terreno di 400 ettari. I numeri, invece, sono relativi all’appartenenza religiosa degli immigrati presenti in Italia (stimati di poco superiori ai 5 milioni). Secondo le stime del Dossier statistico immigrazione relative all’anno 2019, gli ortodossi sono circa 1,5 milioni; i protestanti 232 mila; gli induisti 158 mila; i buddhisti 120 mila; atei e agnostici 248 mila.

Se si uniscono le due informazioni, ci si rende ben conto che nel momento in cui tutti giustamente "chiedono", viene a crearsi un problema di spazio. A questa problematica se ne lega un’altra: le sepolture permanenti. "All’inizio venivano negate per motivi di spazio" spiega il professor Allievi "ma poi sono state autorizzate, poiché la popolazione europea è in decrescita e il bisogno di aree cimiteriali non è così impellente. Tuttavia, le richieste di comunità religiose minoritarie come quella musulmana, ha innescato una richiesta anche in quelle maggioritarie, tra cui i cattolici".

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