CULTURA

Eduardo De Filippo: 120 anni di arte e impegno sociale

Sono passati centoventi anni dalla sua nascita, eppure è sufficiente pronunciarne il  nome per intuire di chi si sta parlando. Attore, interprete, commediografo, poeta, Eduardo rappresenta una figura di importanza centrale nel quadro culturale napoletano e italiano del XX secolo. Attraverso l’universalità dei temi trattati e la creazione di una lingua teatrale in cui si uniscono dialetto, lingua italiana e mimica, infonde linfa vitale al teatro tradizionale dialettale, che grazie a lui è riconosciuto teatro d’arte a tutti gli effetti. I suoi meriti, però, sono di più ampia portata. Mettendo al centro delle commedie aspetti attuali della società, per lui è sempre di primaria importanza la questione morale «poiché solo su una base morale l’uomo attraverso i secoli ha edificato società e civiltà». Pensiero, questo, che sfocia in un concreto impegno civile e sociale volto a promuovere la formazione e l’educazione dei giovani. Teatro inteso, dunque, non solo come puro intrattenimento, ma come crescita intellettuale e culturale della nazione e, quindi, delle nuove generazioni.

Figlio d’arte, Eduardo nasce a Napoli il 24 maggio 1900 dalla relazione tra il celebre attore teatrale Eduardo Scarpetta e Luisa De Filippo. Calca le scene fin da giovanissimo, debuttando a soli quattro anni in un’operetta firmata dal padre e interpretando all’età di tredici, ruoli di rilievo nelle farse e parti minori nei drammi. Dal 1914 entra a far parte della compagnia del fratellastro, Vincenzo Scarpetta, in cui rimane stabilmente fino al 1922. Chiamato alle armi nel 1920, non sospende per questo la recitazione; viene anzi incaricato di organizzare spettacoli con i soldati e usufruisce del privilegio di uscire dalla caserma ogni sera per prendere il suo posto nella compagnia di Vincenzo. Terminato il servizio militare, gira diverse compagnie e nel 1931, coi fratelli Peppino e Titina, ne fonda una propria: il Teatro Umoristico I De Filippo. La compagnia porta in scena opere della tradizione teatrale napoletana, ma anche commedie nuove scritte da Eduardo (Natale in casa Cupiello), che riscuotono fin da subito grande successo. Diventa presto il punto di riferimento all’interno della compagnia: è lui che dirige gli attori, cura gli allestimenti e organizza le tournée in tutta Italia. La visibilità ottenuta è tale da attirare l’interesse di Pirandello, con cui avviano una collaborazione dalla metà degli anni ’30; allestiscono Liolà (1935) in napoletano, seguita da Il berretto a sonagli (1936) e da L’abito nuovo (1937). Nel 1944 i continui dissapori con il fratello Peppino portano alla rottura della compagnia e alla nascita del Teatro di Eduardo. Sono questi gli anni di Napoli milionaria (1945), Questi fantasmi! (1946), Filumena Marturano (1946) e Le voci di dentro (1948), grazie alle quali raggiunge fama mondiale.

I cambiamenti dei tempi e della società sono oggetto di costante osservazione da parte di Eduardo; così le commedie del secondo dopoguerra si distaccano dalle precedenti, impregnate di umorismo e tradizione farsesca. Le nuove produzioni si caratterizzano per la presenza di contenuti e tematiche contemporanei, ma innestati sulla struttura della commedia tradizionale, sulle orme del Neorealismo cinematografico di Rossellini, De Sica e Visconti.

All’inizio degli anni ’50, mentre a Napoli imperversano gli speculatori edilizi, Eduardo acquista e ricostruisce il Teatro San Ferdinando, con l’intento di far rinascere il teatro tradizionale napoletano. Lo inaugura nel 1954 con Palummella zompa e vola di Antonio Petito, e nello stesso anno fonda e dirige la Scarpettiana, scuola di formazione teatrale per le nuove generazioni di attori dialettali. Il nome della nuova compagnia non è casuale: quello scarpettiano era stato il modello formativo di un’intera generazione di attori napoletani e da lì aveva preso le mosse lo stesso Eduardo, salvo poi «spogliarsene». L’esigenza di «rifarsi da capo» è dovuta al fatto che l’esempio paterno, per quanto innovativo, presentava i modi di una recitazione ancora troppo artificiosa e architettata; per questo se ne discosta personalizzando e rinnovando la tradizione teatrale con un’attenzione sociologica alla realtà quotidiana della piccola borghesia.

Seguono anni difficili, segnati da gravi lutti familiari: tra il 1960 e il 1963 muoiono la figlia Luisella, la seconda moglie Thea Prandi e la sorella Titina. Causa di ulteriore dolore è la chiusura del San Ferdinando per mancanza di fondi e sovvenzioni (verrà poi riaperto nel 1964). Le opere di questo periodo, Il sindaco del rione Sanità (1961) e Il contratto (1967), portano sul palcoscenico la crisi dei valori, il consumismo e la corruzione politica all’insegna di un pessimismo non esente da feroce sarcasmo. Negli ultimi anni, Eduardo riceve la laurea honoris causa in Lettere all’Università di Birmingham (1977) e gli viene offerta la carica di senatore a vita dall’allora Presidente Pertini (1981). Il suo impegno sociale e civile per la rieducazione e il recupero dei ragazzi a rischio si traduce in una legge regionale per il supporto dei minori emanata nel 1987, tre anni dopo la sua morte.

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