SCIENZA E RICERCA

La febbre di Marte

La sonda statunitense Insight è arrivata pochi giorni fa su Marte, unendosi alle altre sette sonde esploratrici che l’hanno preceduta. La differenza rispetto a queste consiste nell’avere a bordo una lunga trivella (la cosiddetta talpa marziana) in grado di scavare fino a 5 metri sotto la superficie, per iniziare uno studio del sottosuolo del pianeta. Nei giornali si parla spesso del “termometro” legato a questa trivella, che dovrebbe dirci se Marte possiede ancora del calore interno. Perché mai tanto interesse verso la temperatura di un pianeta lontano? Cerchiamo di capirlo.

È probabile che il pianeta Marte, nato insieme alla Terra circa 4,6 miliardi di anni fa, avesse in passato un’atmosfera densa, con piogge, fiumi e bacini d’acqua superficiali. Poi, forse un miliardo di anni fa, il pianeta ha iniziato a perdere l’atmosfera e di conseguenza a perdere l’acqua di superficie, che dapprima evaporava e poi “bolliva” man mano che la pressione atmosferica scendeva fino agli attuali 7 millibar, sette millesimi rispetto alla pressione atmosferica della Terra al livello del mare. Oggi Marte è un deserto coperto da sabbie finissime trasportate dai venti, che coprono in breve tempo qualsiasi cosa sia sulla sua superficie. Si ritiene che questa evoluzione che ha fatto inaridire il nostro vicino nel Sistema Solare, in passato molto simile alla Terra primordiale, sia legata alla scomparsa delle eruzioni vulcaniche. Tutti i pianeti perdono ininterrottamente nello spazio una parte della loro atmosfera, le cui sostanze chimiche vengono continuamente rifornite dai vulcani, dalle piante e dagli animali, inclusa l’attività umana.  Una parte di esse, come il vapor d’acqua, il metano e l’anidride carbonica creano il noto effetto serra, per cui la luce solare, una volta riscaldato il suolo, resta intrappolata nell’atmosfera e riscalda a sua volta terreno e oceani. Sulla Terra, l’effetto serra attuale di origine naturale è di circa 33 gradi; se esso non ci fosse, la maggior parte del nostro pianeta sarebbe congelato. Così quando i vulcani di Marte, oggi definitivamente spenti, hanno cessato la loro attività, il pianeta è andato incontro a una catastrofe ambientale. Sul nostro pianeta il calore interno riesce ad alimentare ancora l’attività vulcanica, ma non sappiamo per quanto tempo essa continuerà. Naturalmente i vulcani terrestri non potranno eruttare per sempre. In un’epoca futura anche la Terra dovrebbe andare incontro a una simile crisi ambientale. Ma quando? Conoscere il meccanismo di raffreddamento di un pianeta in cui i vulcani sono ormai spenti potrebbe aiutarci a comprendere anche l’evoluzione interna della Terra e il suo futuro.

Cosa ci si aspetta di trovare? Sappiamo da considerazioni fisiche che Marte, essendo grande la metà della Terra, si raffredda disperdendo il suo calore nello spazio in metà tempo del nostro pianeta.  Le osservazioni precedenti infatti ci indicano che il pianeta ha una crosta spessa, con edifici vulcanici e altopiani elevati fino a 27 mila metri, un record rispetto alla Terra dove i rilievi più alti come dell’Everest, la vetta più alta della Terra, non superano gli 8.500 metri sul livello del mare. In realtà il rilievo più alto rispetto alla propria base è il vulcano spento Mauna Kea, che emerge per 4205 metri ma si eleva per 9966 metri rispetto al fondo marino. Nessun vulcano o montagna sulla Terra può elevarsi per più di 10 mila metri, perché la crosta terrestre galleggia sul mantello superiore, come fa un pezzo di sughero sull’acqua, e ogni volta che nuovo materiale viene aggiunto in superfice, per corrugamento della crosta o eruzioni vulcaniche, essa affonda nel mantello emergendo solo parzialmente. Questo fenomeno si chiama equilibrio isostatico ed è dovuto al fatto che il calore interno mantiene ancora fluido il mantello terrestre.   Su Marte l’esistenza di vulcani così alti porta a concludere che non esista equilibrio isostatico, che la crosta sia molto spessa e rigida e che il mantello non abbia più la fluidità iniziale.  Il “termometro” di Insight dovrebbe trovare una temperatura più bassa, anche se non possiamo dire quanto. 

Ma non è solo questo che può esserci nel sottosuolo marziano. Possono esserci depositi stratificati di materiali, che analizzati ci diranno per quanto tempo il pianeta è stato attivo, per quanto esso ha avuto acqua superficiale allo stato liquido, se ci sono ancora falde contenenti acqua e quali sostanze sono in essa disciolte. Marte è una nuova frontiera e – per ora – è il posto più simile alla Terra che possiamo esplorare. Ci aspettano molte sorprese

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