SCIENZA E RICERCA
La foresta nella foresta: il "magico" mondo dei funghi sottoterra
La prima stesura di Alice in wonderland si intitolava Alice Underground e non di rado una terra delle meraviglie poggia un substrato interessante, campione di complessità, dove i funghi (proprio come nel libro del reverendo Charles Lutwidge Dodgson) la fanno da padroni; capita anche in questo mondo dove sotto i tre trilioni di alberi (tanti, o meglio pochi, erano quelli mappati nel 2015 dallo scienziato britannico Thomas Crowther, docente di Global Ecosystem Ecologyal Politecnico Federale di Zurigo ) vive e prospera una rete di organismi interconnessi attraverso le foreste, formata da milioni di funghi e batteri che scambiano e combinano i nutrimenti tra suolo e radici degli alberi.
Sono i supporter microbici presenti ai piedi delle 28.000 specie, distribuite in 70 Paesi, mappate da Crowther. L’impulso gli è venuto dal micofilo Kabir Peay, del’Università di Stanford studioso di ecologia micocentrica, biogeografia e il funzionamento della simbiosi, simpatizzante di quelle di tipo dei micorrizico, cioè associazione simbiotica tra fungo e pianta superiore che avviene nelle radici: l’idillio che lega i tartufi e le querce, o i porcini ai castagni per restare in tema di eccellenze enogastronomiche appenniniche.
Saputo della ricognizione degli alberi Peay ha suggerito o prendere in considerazione anche quella del mondo sotterraneo ai loro piedi e la mappa che ne è seguita evidenzia l’associazione tra tipi di microbi e specie arboree dove le micorizze (funghi AM, in assoluto i più diffusi) predilette da Peay formano reti più piccole e si trovano frequentemente presso aceri e cedri e comunque in ecosistemi dai climi più caldi; i fungi EM (ectonicorizzici), diffusi in NordAmerica Europa e Asia, si trovano spesso tra le radici di pini e querce e sono capaci di creare, nella loro ricerca di nutrienti, reti connettive molto estese. Una terza tipologia di alberi è frequentata da batteri azoto fissatori.
L’abbinamento alberi microbi, realizzato con algoritmo che tiene conto di fattori ambientali diversi a partire dal clima, potrebbe essere cruciale per fare previsioni sull’estinzione delle foreste di carbonio.
Già nel 2008 i ricercatori della Princeton University avevano dimostrato come i batteri, oltre a reagire ai cambiamenti del loro ambiente, li prevedono e si preparano ad essi: il che tornerebbe molto utile, ad esempio, nel comprendere le mutazioni batteriche prodotte per sviluppare resistenza agli antibiotici. Crowther azzarda un’ipotesi per cui il riscaldamento terrestre porterebbe alla sostituzione di alberi associati a funghi EM con quelli legati a funghi di tipo AM, fatto che potrebbe addirittura accelerare il cambiamento climatico già precipitoso.Tutto ancora da dimostrare, mentre è ormai palese l’importanza di questa popolazione silente e nascosta della vita terrestre, preponderante per gli alberi come per la specie umana. Che alberghino sulla Terra più microbi che stelle nell’universo, che dentro di noi il loro numero superi quello delle nostre cellule, è argomento ormai quasi salottiero.
Al di là di calcoli inesatti e fake news scientifiche, per fortuna sembra sia preso finalmente coscienza che ai microbi dobbiamo l’atmosfera attorno al nostra pianeta, l’ossigeno e l’ anidride carbonica, e dunque la lotta a germi batteri a cui incitano spot dei detergenti appaia un po’ ingiusta; il microbioma, il totale degli organismi microbici ospitati dall’uomo, torna al centro dell'umana considerazione per il ruolo giocato nella nostra salute oltre che in quella delle piante. Inoltre la loro rete articolata e cangiante (la mappa microbica delle foreste lo testimonia) meriterebbe di entrare con una voce propria nel glossario della complessità: da "Adattamento" a "Zipf (legge di )" passando per le "Costanti di Feigenbaum", la "Teoria dei Giochi" e la "Macchina di Turing" la curiosa raccolta in progress è parte del Complexity Explorer, intrigante progetto educativo del Santa Fe Institute - il quartier generale mondiale per la scienza della complessità.