CULTURA

Giulia de Lellis e la banalità dell'eterno ritorno

Il libro di Giulia De Lellis è primo in classifica, quindi è il libro più comprato nel nostro paese. Questo incontrovertibile dato di fatto ha generato una scia di polemiche che molto probabilmente ha anche contribuito ad aumentare le vendite, secondo un paradosso alquanto ironico. La cosa che risulta più singolare è che spesso il giudizio negativo viene dato per partito preso, visto che l'autore si premura subito di precisare che non ha letto il libro. Libro che, come potrà facilmente constatare chi invece l'ha fatto, non è né meglio né peggio di una buona metà dei libri pubblicati in Italia: una storiella gradevole anche se un pizzico banale, qualche guizzo di ironia, italiano corretto ma di base.

Leggendo le recensioni su Amazon, si nota che la maggior parte dei lettori ha amato o odiato questo libro, tertium non datur, com'è normale che sia quando un titolo divide l'opinione pubblica. Chi lo ama si identifica con la protagonista, che racconta una storia di corna (il titolo infatti è Le corna stanno bene su tutto. Ma io stavo meglio senza! ed è pubblicato da Mondadori). Tra gli estimatori, alcuni rilevano però che non dice nulla di nuovo su una storia spiattellata già in tutte le salse in tv e sui giornali, e questo accomuna il libro al film di Chiara Ferragni, criticato dai fan proprio perché, a dispetto del titolo Unposted, non svela alcun retroscena nascosto sulla vita dell'influencer nazionale, almeno non per chi la segue da vicino. Le restanti critiche a De Lellis si concentrano, nella migliore delle ipotesi, sullo stile e sulla volgarità del contenuto (punto su cui si potrebbe discutere), ma la parte del leone la fa la posizione in classifica, come se le si perdonasse l'opera ma non il successo.

Il paradosso è che gli attacchi al libro della De Lellis, incentrati per lo più sulla scarsa originalità della storia, sono quanto di più banale si possa rintracciare in ambito intellettuale. Ne abbiamo parlato con Matteo Bortolini, professore di Logica delle scienze sociali nel corso di laurea di scienze sociologiche di Padova: "Chi critica De Lellis soffre dell'errore della fallacia della concretezza mal posta: vedono un oggetto che ha la forma di un libro e pensano che sia cultura, quando è semplice intrattenimento, senza alcuna pretesa artistico-letteraria. Il tipo di editoria che sta dietro a libri del genere è sempre esistito, negli ultimi 200 anni forse è preponderante, e chi ha familiarità con il ramo sa benissimo che le case editrici pubblicano libri così per fare cassa e permettere ad altri scrittori, che hanno qualcosa in più da dire ma che venderanno meno, di essere pubblicati."

Si potrebbe fare un ragionamento su come superare determinati meccanismi, ma ci si ferma alla pagliuzza trascurando la trave: "Chi critica De Lellis perché trova il suo libro scadente - continua Bortolini - dimostra di non aver capito nulla sulle logiche del mercato editoriale: forse ci voleva un po' più di coraggio per estendere la critica alle logiche di mercato stesse, chiedendosi perché una casa editrice abbia bisogno di pubblicare Le corna stanno bene su tutto. Ma io stavo meglio senza! per dare spazio anche ad autori che i critici considererebbero di qualità ma che hanno un mercato molto più ristretto."

Oltre alla scarsa conoscenza del mercato, c'è la questione dello snobismo, la critica culturale: pare che ci sia una lista di argomenti e stili tollerabili e che se non appartieni ad essa sei destinato ad andare incontro alla pubblica gogna. Il problema è che questa lista non è universalmente condivisa, e che ogni intellettuale o pseudo tale ha la sua: "Se volessimo per assurdo prendere per buona la critica culturale - dice Bortolini - dovremmo chiederci anche quali siano le credenziali di chi critica. Entreremmo in una gara tra hipster, che cercano di trovare la nicchia sempre più piccola. Magari uno dei critici si compiace di leggere Zygmunt Bauman, che io come sociologo considero più o meno al livello di De Lellis. Allo stesso modo chi ha letto Hegel in tedesco può essere condiscendente con me che l'ho letto in traduzione, e così via, all'infinito, perché c'è sempre qualcuno più colto di te, e anche più snob di te."

"E poi c'è la distorsione cognitiva e valoriale: ognuno di noi attribuisce una grande importanza alle cose che apprezza, e meno alle cose che non conosce. Personalmente non vedo nessuna ragione per criticare un lettore che si sentisse coinvolto durante la lettura di De Lellis: come emerge dalle recensioni su Amazon, molti si sono sentiti rappresentati dal racconto, che quindi è frutto di un'ottima conoscenza del target a cui si rivolgeva."

Certo, è una storia che potrebbe essere raccontata da chiunque: la ghostwriter della De Lellis, Stella Pulpo, avrebbe potuto scriverla anche da sola, ma probabilmente avrebbe venduto solo qualche decina di copie. Si chiama mercato, e chi non ci sta può lasciare il libro sullo scaffale e cercare di fare il suo parlando di ciò che ama, nella speranza di avvicinare altre persone a quelli che ritiene argomenti più dotti e importanti."Dire che il successo è dovuto al marketing è un discorso talmente banale che ti pone allo stesso livello che attribuisci alla De Lellis, se non peggiore." chiude Bortolini.


Periodicamente queste critiche tornano alla ribalta: è successo con Totti, con Chiara Ferragni, con Benji e Fede e con tutte quelle persone che arrivano ai vertici di qualche classifica senza il benestare dell'elite di riferimento. Insomma, si stigmatizza la mancanza di originalità di chi sta al vertice e ci si macchia inconsapevolmente di banalità critica, in un eterno ritorno di sterile acidità che non porta alcun contributo di livello al dibattito. Il tutto, mentre De Lellis sorride beffardamente, festeggiando a suon di champagne il successo del suo libro.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012