
Una delle sale allestite per la mostra di Robert Mapplethorpe. Foto: Giulia Granzotto
Robert Mapplethorpe è tornato a Venezia. Il grande artista newyorkese per la terza volta viene omaggiato nella scena espositiva lagunare, dopo la mostra scandalo del 1983 a Palazzo Fortuny, curata da Germano Celant, e quella sempre al Fortuny del 1992 dopo la sua morte avvenuta nel 1989, a causa dell’AIDS.
In un luogo appartato di Venezia, distante dalle folle di turisti che ormai in ogni stagione si infilano come formiche tra le calli veneziane, la mostra Robert Mapplethorpe. Le forme del sacro trova spazio nelle ampie sale delle Stanze della Fotografia sull’Isola di San Giorgio.
L’esposizione è curata da Danis Curti, direttore artistico de Le Stanze della Fotografia e narra un artista diverso, lontano dalla tradizione che lo vede legato alla volontà di provocare e scandalizzare i visitatori attraverso l’erotismo e il sesso.
Questo anche perché altre due mostre approfondiranno le altre tematiche e dettagli della sua poetica. Altri due eventi espositivi sono infatti in programma a Palazzo Reale a Milano e all’Ara Pacis di Roma, nel 2026. Un unico percorso di approfondimento della figura di Mapplethorpe, un percorso di studio e ricerca sul famoso artista americano.
“ Sono ossessionato dalla bellezza, voglio che tutto sia perfetto Robert Mapplethorpe
“Sono ossessionato dalla bellezza, voglio che tutto sia perfetto” amava raccontare Mapplethorpe. Questa sua attitudine è sicuramente presente nell’esposizione di Venezia ma c’è ben altro. Il percorso espositivo si dirama tra corpi scultorei, perfetti come i muscoli che sembrano marmo, i ritratti di celebrities, i nudi maschili e femminili, i fiori e le nature morte e gli autoritratti in un bianco e nero che esalta le ombre.
Con oltre duecento immagini, alcune delle quali inedite in Italia, la retrospettiva mette in scena Mapplethorpe, che come racconta Denis Curti “usa la fotografia per reinterpretare e rinnovare l’estetica classica, accentuando il dialogo tra il corpo vivo e la scultura ideale. Il confronto evidenzia la sua abilità nel trasporre la perfezione e la grazia della scultura classica nella fotografia contemporanea, attraverso l’attenzione al dettaglio e alla luce, creando un ponte trapassato e presente. Le statue, dominate da una sessualità incompiuta, ci mettono davanti all’importanza della carne nel linguaggio seduttivo. Mapplethorpe ne scioglie le membra marmoree per far emergere una bellezza sensuale che pulsa sotto tonnellate di rigidità, dando loro una nuova vita”.
L’artista fu un importante presenza nella controcultura americana tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Insieme a Patti Smith, amica sorella e amante, Mapplethorpe faceva parte di quel gruppo di artisti, scrittori e performer che rendevano viva e vibrante la città di New York, un luogo all’epoca non sicuro come oggi ma con la capacità di essere humus perfetto per creatività e forza espressiva. Una New York pericolosa, forse priva di etica e morale ma luogo di profonda libertà.
Mapplethorpe vi era nato nel 1946 da una famiglia cattolica di origini irlandesi. Studia disegno, pittura e scultura al Pratt Institute di Brooklyn e, influenzato da artisti come Joseph Cornell e Marcel Duchamp, inizia ben presto a sperimentare l’utilizzo di vari materiali in collage a tecnica mista, comprese immagini ritagliate da libri e riviste. Nel 1970 acquista una Polaroid e inizia a produrre le sue fotografie da incorporare nei collage. Successivamente un suo benefattore e mentore, Sam Wagstaff, gli regala una Hasselbad 500 che l’artista utilizza per immortalare la sua cerchia di amici e conoscenti: artisti, musicisti, star del cinema e membri dell’underground S&M. Parallelamente continua il suo lavoro con progetti commerciali, realizzando cover di album, comprese le copertine per Patti Smith, e una serie di ritratti e foto di feste per Interview Magazine, il periodico americano creato da Andy Warhol, John Wilcock e Gerard Malanga.
L’esposizione alle Stanze della Fotografia inizia proprio da quei primi collage sopra citati, molti dei quali mai esposti prima. Realizzati unendo disegni originali a ritagli di riviste omoerotiche e object trouvés, riflettono la ricerca di identità e il suo interesse nella sperimentazione, usando una sovrapposizione di elementi.
Un’ampia sezione è dedicata a Patti Smith, una delle persone più importanti nella sua vita. Gli scatti a lei dedicati infondono un alone di spiritualità al percorso espositivo e restituiscono un’immagine romantica e quasi fragile della poetessa del rock americano.
Un altro incontro fondamentale per Mapplethorpe fu quello con la body builder Lisa Lyon, la prima campionessa mondiale di bodybuilding femminile. Si conobbero negli anni Ottanta e iniziarono a collaborare con una serie di ritratti e studi di figure, un film e un libro Lady: Lisa Lyon. Le foto in mostra esprimono il vigore, la resistenza e la femminilità, andando oltre le convenzioni di genere e celebrando la bellezza attraverso parametri estetici classici.
La sua identità viene poi esposta e sviscerata attraverso gli autoritratti. Con pose studiate e provocazione l’artista si presenta come soggetto che indaga la sua personalità e allo stesso tempo la sua immagine pubblica.
Note celebrities davanti alla sua macchina fotografica diventano veri miti: Isabella Rossellini, Truman Capote, Bruce Chatwin, Glen Close, Richard Gere, Andy Warhol, Keith Haring, David Hockney, Yoko Ono, Robert Rauschenberg, Cindy Sherman e molti altri.
Con le foto di nudi maschili e femminili Mapplethorpe celebra il corpo, sottolineando forza e sensualità, attraverso un uso raffinato della luce e della composizione, sempre esplorando il desiderio e l’erotismo sfidando gli schemi sociali tradizionali. Successivamente il percorso espositivo continua con altri nudi messi a confronto con alcune sculture antiche, per enfatizzare il fascino esercitato dal corpo umano, in tutte le epoche della storia dell’arte.
La mostra presenta anche due cortometraggi diretti da Robert Mapplethorpe: Still Moving Patti Smith del 1978 e Lady with Lisa Lyon del 1984.
Robert Mapplethorpe. Le forme del classico è visitabile fino al 6 gennaio 2026 ed è organizzata e promossa da Marsilio Arte e Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con la Fondazione Robert Mapplethorpe di New York, in partnership con la Fondazione di Venezia, San Marco Group, Fontana Gruppo