Il governo turco, con un decreto firmato l'8 luglio, ha licenziato altri 18.632 dipendenti pubblici. Il motivo è verosimilmente lo stesso che ha portato, dal 15 luglio 2016, giorno del tentato golpe in Turchia, a licenziare più di 150mila dipendenti pubblici.
L'8 luglio scorso quindi, l'ennesimo atto di un governo che da più di un anno sta controllando la nazione tramite decreti governativi. Il reato imputato a questi ultimi 18.632 dipendenti, tra cui circa 9mila poliziotti, sarebbe quello di agire "contro la sicurezza nazionale".
I numeri
In un approfondimento vi avevamo raccontato di come in Turchia siano più di 150mila le persone licenziate dal 15 luglio 2016. I numeri ci dicono che, fino al 25 giugno scorso erano più di 3mila gli istituti scolastici chiusi e quasi 6mila gli accademici licenziati.
Academics for peace
La libertà d'espressione in Turchia è quindi messa quotidianamente a rischio dai decreti governativi. Per protestare contro queste misure restrittive, un gruppo di accademici ha deciso di riunirsi sotto la sigla degli Academics for peace. La denuncia attraverso la firma di un documento intitolato “We Will not be a party to this crime!”, ha avuto come conseguenza il ritiro, da parte del presidente Erdoğanm, del passaporto ed il licenziamento di duemila persone, sempre tramite decreto.
Tra i duemila firmatari c'era anche Asli Vatansever, assegnista di ricerca all’università di Padova, che in una lunga intervista a Il Bo Live ha raccontato la sua storia e di come, da quando il decreto legge 686 è stato pubblicato con all’interno il suo nome, la sua vita in Turchia si è fatta più difficoltosa, tanto da non poter prendere in considerazione un ritorno nel suo paese d’origine.