SCIENZA E RICERCA

Il “grande fratello” indiano

Si chiama Aadhaar. È il più vasto sistema al mondo di identificazione biometrica e demografica. È costituito da una stringa di 12 numeri che rimanda ai dati biometrici (per esempio, le impronte digitali) e demografici contenuti in una grande banca dati. La banca dati della Unique Identification Authority of India (UIDAI), un’autorità di governo creata nel 2009 che ricade sotto il controllo del ministero dell’Elettronica e delle Tecnologie dell’Informazione del grande paese asiatico. Al momento identifica qualcosa come 1,2 miliardi di persone, anche se non è considerato un documento valido per l’espatrio.

Anche se Aadhaar è stata oggetto negli ultimi anni di molte critiche e anche di un intervento della Corte Suprema indiana a tutela del diritto alla privacy delle persone, il governo di Nuova Delhi ne è fiero, perché il sistema consente di razionalizzare una serie di servizi per una popolazione sterminata. 

Nessun dubbio che Aadhaar sia molto utile. Ma è anche vero che propone tutta una serie di problemi. Qualcuno lo ritiene la concreta incarnazione di quel “grande fratello”, protagonista di 1984, il celebre romanzo di George Orwell. Né un dio né un diavolo, ma un sistema elettronico che ha molti pregi e molti difetti. E poiché è, in qualche modo, il pioniere di una nuova era conviene seguirlo da vicino, per ottimizzarne le opportunità e minimizzare i rischi.

Conviene, dunque, leggere con attenzione il reportage che oggi propone il quotidiano inglese The Guardian che mette a fuoco una serie di problemi. Noi ne estraiamo due più uno. I primi due problemi riguardano la rigidità e l’esclusione, del terzo parleremo tra poco.

Partiamo dal problema dell’esclusione. Aadhaar viene utilizzato anche per il sistema di welfare, compresa la distribuzione di cibo a persone che sono in condizione di estrema povertà. Se non sei identificato con la stringa di numeri di Aadhaar non hai diritto a nulla. Sei escluso da tutto. Puoi essere il più povero dell’India, ma non avrai accesso al sistema di welfare, compreso il cibo necessario per sopravvivere. The Guardian documenta come il problema non sia accademico, ma produce guasti reali. Qualcuno può morire perché è fuori da Aadhaar. Cosicché il sistema finisce per condannare proprio quelli che invece dovrebbe aiutare, i più poveri e i meno avvezzi alle tecnologie moderne.

Il secondo problema riguarda la rigidità di Aadhaar. Una volta associato alla stringa di dodici numeri, il cittadino non può scappare. Non hai una persona con cui dialogare facilmente, con cui protestare perché i tuoi dati sono sbagliati o vanno aggiornati. È difficile convincere Aadhaar che ci sono stati dei cambiamenti e i suoi dati non sono più validi. Se per esempio avevi un reddito medio o alto e ora sei diventato povero, Aadhaar ti esclude dal welfare per i meno abbienti. Anche in questo caso l’indagine di The Guardian documenta come non siamo di fronte a un’eventualità accademica, ma a casi reali. 

È probabile che sistemi di identificazione di massa come Aadhaar usciranno dall’India – in realtà già ce ne sono molti in giro per il mondo, anche se di dimensioni minori a quello indiano – e arriveranno anche da Noi. Saremo tutti identificati con una stringa di numeri. La sensazione è di inquietudine, anche perché la riduzione a un numero è stato già utilizzato tragicamente in passato nel nostro continente. 

La colpa non è delle cifre, naturalmente, ma di come vengono usate. Ma la lezione del passato è che la stringa non deve mai cancellare l’umanità. Il sistema di identificazione non deve né escludere né essere troppo rigido. Deve favorire il dialogo tra gli umani, non annullarlo. Deve avere sensori capaci di leggere la realtà anche più decentrata, non decidere tutto dal centro con un algoritmo. Deve capire che le singole persone, le loro condizioni, l’ambiente in cui vivono cambia in continuazione. E Aadhaar e i suoi fratelli devono adattarsi a questi cambiamenti. Non cercare di adattare il mondo alle loro esigenze algoritmiche. 

Come fare per cercare di minimizzare i rischi? Forse uno strumento può essere la costituzione di comitati indipendenti e partecipati di controllo. In fondo le più banali regole democratiche dicono che ci deve essere un controllore che controlla i controllori

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