SCIENZA E RICERCA

Impollinazione naturale: gli animali sono garanzia di qualità per le colture

Ben 190 studi indipendenti condotti in 48 Paesi del mondo e su 48 colture diverse: sono i numeri della meta-analisi, ovvero una sintesi quantitativa della letteratura esistente su un tema, condotta da Elena Gazzea e Lorenzo Marini del dipartimento di Agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente (DAFNAE) dell’Università di Padova, in collaborazione con Peter Batary del Centre for Ecological Research, in Ungheria, e pubblicata sulla rivista Nature Communications. Attraverso lo studio Global meta-analysis shows reduced quality of food crops under inadequate animal pollination gli autori si sono posti l’obiettivo di quantificare, per la prima volta su scala globale, l’effetto degli animali impollinatori sulla qualità delle colture evidenziandone il ruolo fondamentale, in particolar modo per quel che riguarda forma e dimensione e valutandone le conseguenze sulla commerciabilità e, quindi, le implicazioni sul settore agroalimentare. Ed ecco il risultato: i frutti impollinati da animali hanno in media una qualità migliore del 23%.

"Il declino globale degli impollinatori minaccia non solo la resa e la sua stabilità spaziale e temporale, ma anche la qualità delle produzioni agricole. Finora la relazione tra impollinazione animale e spreco alimentare è stata quasi ignorata dalle politiche agroalimentari, sebbene abbia importanti implicazioni economiche, sociali e ambientali, specialmente in un’epoca in cui c’è un consumo globale subottimale di alimenti ricchi di sostanze nutritive". Abbiamo intervistato la prima autrice dello studio, Elena Gazzea. "Il lavoro è iniziato nel 2020. Avevamo avviato un progetto sul ruolo degli impollinatori nei campi di girasole, in termini di resa e qualità. Durante la pandemia, prima di uscire per effettuare rilievi sul campo, abbiamo fatto una rapida ricerca per capire se già esistessero studi di questo tipo relativi all'effetto dell'impollinazione animale sulla qualità delle colture. Prima ancora di iniziare il mio dottorato, quando ancora ero assegnista, ho iniziato questo lavoro per capire quanti e quali fossero gli studi da includere in una successiva meta-analisi. Si tratta della prima metà-analisi avviata dal mio gruppo di ricerca della sezione di entomologia del DAFNAE, coordinato dal professor Marini: di fronte a un gran numero di studi empirici abbiamo pensato di poter lavorare in questa direzione. Abbiamo strutturato dapprima una ricerca bibliografica sistematica, sviluppando una stringa di termini, poi abbiamo scansionato la lista dei risultati. Si tratta di un processo standardizzato che ha richiesto mesi". 

"Ci siamo subito accorti di aver avviato una ricerca interessante: fino ad oggi non esisteva infatti una sintesi quantitativa. I risultati ottenuti sono chiari e semplici e questo è il punto di forza del nostro lavoro, che mostra come l'impollinazione abbia un effetto positivo sulla qualità delle colture. Non ci aspettavamo di certo il contrario, tanti singoli studi singoli lo hanno già indicato, ma nel passaggio successivo della nostra ricerca analizziamo come varia questo effetto positivo, a seconda del tipo di coltura, dell'ambiente di crescita e della regione geografica, della specie di impollinatore". Dunque i risultati ci dicono che "i frutti impollinati da animali hanno una qualità migliore del 23% rispetto a quelli non impollinati da animali: ciò significa che quasi un quarto della qualità di un frutto dipende dalla presenza di animali impollinatori".

Ma di quali impollinatori parliamo? "La nostra stringa ha cercato di includere tutte le specie di impollinatori a livello globale ma dai nostri risultati è emerso che la maggior parte degli studi si è concentrata sugli insetti": in ambienti temperati gli impollinatori sono soprattutto api, farfalle, molti ditteri e alcuni coleotteri, ma nelle regioni tropicali e subtropicali possono includere uccelli, pipistrelli e alcuni mammiferi. "Abbiamo considerato tutti gli animali impollinatori ma abbiamo trovato un solo studio che in modo specifico ha testato l'effetto dei vertebrati: questo ha certamente determinato una lacuna nella ricerca, ed è stata evidenziata".

"Abbiamo indagato le variabili che possono influenzare la percentuale". Il tipo di coltura, la specie di impollinatori, la variabilità geografica e della scala sperimentare, l'ambiente di coltivazione non hanno influenzato il dato, "non spiegano l'effetto dell'impollinazione, cosa che invece avviene con il tipo di qualità, concetto multidimensionale che comprende una parte oggettiva, relativa al contenuto di vitamine, all'analisi chimica delle proprietà di un frutto, e una soggettiva, legata soprattutto all'aspetto e alla percezione del suo essere salutare", precisa Gazzea.

Anche il sapore è legato alla qualità? "Abbiamo considerato le proprietà organolettiche - dimensione, forma, aspetto esteriore, sapore, compattezza e categoria commerciale - e le proprietà nutrizionali, con i macro e micro nutrienti. Gli impollinatori hanno un effetto molto positivo su forma e dimensione di un frutto, mentre hanno un effetto positivo ma decisamente minore sulle proprietà nutrizionali".

Quanto conta l'aspetto di un frutto? "In questo caso - commenta Gazzea - l'apparenza conta molto, perché ci sono standard qualitativi che si basano proprio sulla percezione di qualità legata all'aspetto: frutti che deviano dalla normalità rispetto a forma e dimensione non entrano nella catena di produzione alimentare". Alcuni agricoltori possono decidere di non raccogliere e se invece il frutto viene introdotto nel mercato, con buona probabilità, non sarà acquistato dal consumatore proprio a causa del suo aspetto. Dunque, la produzione di frutti imperfetti può avere conseguenze in termini di spreco alimentare, questi infatti rischiano di essere scartati, anche se molto ricchi di nutrienti: "Tutto questo ha implicazioni sulla nutrizione umana globale, per diverse ragioni. Per prima cosa i frutti impollinati da animali sono più nutrienti dei cereali. Inoltre, lo spreco alimentare potrebbe pesare anche in termini di conversione in terre agricole per compensare il deficit di proprietà nutritive a livello globale".

Quali i prossimi passi e le prospettive, a partire proprio da questo studio? "Il naturale proseguimento della ricerca è legato alla valutazione economica del servizio di impollinazione: molti studi cercano di fornire dati sul valore economico per favorire azioni di conservazione, considerato il declino globale degli impollinatori. Finora i calcoli si sono basati sul contributo degli impollinatori su resa o stabilità temporale e spaziale delle colture: si potrebbe quindi integrare questi dati con quelli relativi alla qualità, sapendo però che non sarà facile perché, come si diceva, la qualità ha una componente soggettiva legata ai valori e alla percezione del consumatore".

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