SOCIETÀ

Interoperable Europe Act: una proposta di legge europea può rendere la nostra PA più smart

Solo un anno fa ci stavamo chiedendo come e se si potesse giungere finalmente ad un cloud condiviso della Pubblica Amministrazione italiana. I progetti sono numerosi ed il più grande di questi si chiama proprio Polo Strategico Nazionale, che dovrebbe di fatto essere articolato in almeno 4 data center divisi in due regioni. Ad un anno di distanza questo progetto, che è fondamentale per avere una pubblica amministrazione al passo con i tempi e quindi performante, sembra procedere spedito secondo il crono programma sancito dai fondi del PNRR destinati all’opera. C’è di più, come dichiarato dalla società di progetto partecipata da TIM, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti (CDP, attraverso la controllata CDP Equity) e Sogei in un comunicato stampa, l’infrastruttura dovrebbe divenire operativa entro fine anno e ospitare i dati e i servizi critici e strategici delle P.A. centrali, delle ASL e delle principali amministrazioni locali. L’obiettivo del progetto poi, è portare il 75% delle amministrazioni italiane ad utilizzare servizi cloud entro il 2026. 

Un’idea che sembra ambiziosa ma che in realtà, a ben vedere, è semplicemente la logica dei tempi che viviamo. Passare tutta la PA sul Cloud permetterebbe di alleggerire la burocrazia e rendere più snelli tutti i processi. C’è poi un ulteriore step che farebbe del nostro Paese un Paese realmente avanzato in termini tecnologici. Stiamo parlando dell’interoperabilità che banalmente significa che noi cittadini non dovremmo più compilare moduli e moduli scrivendo sempre le stesse cose, cioè i nostri dati. Questi dati la PA ce li ha già, ma quante volte vi è accaduto di dover fare un qualsiasi modulo reinserendo sempre nome, cognome, codice fiscale, residenza e altro? È solo un esempio abbastanza banale per far capire quanto importante possa essere l’interoperabilità nella pubblica amministrazione. Nel concreto significherebbe che, una volta entrati in un sito in cui si deve fare un’azione qualsiasi che richieda i nostri dati, questi siano già automaticamente inseriti ed associati alla nostra utenza creata attraverso lo SpID. 

Sul tema ne ha discusso molto Agenda Digitale che, tramite un articolo di Gianpiero Ruggiero, ha evidenziato come l’interoperabilità sia un tema cruciale anche nelle politiche dell’UE in materia di digitale. La mancanza di scambio dei dati è uno dei problemi atavici del nostro sistema, sia che si parli di servizi offerti ai cittadini, sia che si parli di necessità d’indagine da parte delle forze dell’ordine. Il punto su cui anche noi vogliamo focalizzare l’attenzione è il primo, cioè capire se riusciremo in breve tempo ad arrivare ad avere un’amministrazione pubblica veramente smart. 

Esiste un piano per arrivare a ciò e questa è già una piccola buona notizia. Si chiama Modello di Interoperabilità e rappresenta un asse portante del Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione. L’Agenzia italiana per il digitale ribadisce il concetto di interoperabilità come una possibile collaborazione tra Pubbliche amministrazioni e tra queste e soggetti terzi, per mezzo di soluzioni tecnologiche che assicurano l’interazione e lo scambio di informazioni senza vincoli sulle implementazioni, evitando integrazioni ad hoc.

L’AgID, con la Determinazione n. 547 del 1 ottobre 2021, ha anche adottato le Linee guida sull’interoperabilità tecnica delle Pubbliche Amministrazioni e le Linee guida Tecnologie e standard per la sicurezza dell’interoperabilità tramite API dei sistemi informatici che tutte le pubbliche amministrazioni devono adottare al fine di garantire l’interoperabilità dei propri sistemi con quelli di altri soggetti e favorire l’implementazione complessiva del Sistema informativo della PA.

Il problema principale però, è che tutto ciò è ben più complesso a farsi che a dirsi. Avere uno scambio di dati tra la pubblica amministrazione italiana significa riuscir a far parlare tra loro i sistemi locali, quindi comunali, provinciali, e regionali (si pensi in questo caso alla sanità). Far dialogare tali sistemi significa di fatto rendere “aperti” per la pubblica amministrazione tutti i registri e le banche dati del settore pubblico. Renderli aperti e consultabili, sempre parlando della PA e tutelando la privacy, significa anche che queste banche dati devono essere tutte aggiornate allo stesso modo. Agenda Digitale si pone la domanda: e se alcune amministrazioni risultassero inadempienti? E se tra queste ci fosse ad esempio l’INPS?

Domande lecite a cui rispondere è piuttosto complesso. La risposta più semplice potrebbe essere che ciò “non deve accadere”, ma passeremmo per ingenui, considerando anche che non stiamo parlando solamente di aspetti tecnici ma anche di accordi umani tra amministrazioni che devono parlarsi tra di loro.

L'Interoperable Europe Act

Una spinta all’innovazione però, potrebbe arrivare anche in questo caso dall’Unione Europea. C’è un Interoperable Europe Act infatti che punta proprio a rafforzare l'interoperabilità transfrontaliera e la cooperazione nel settore pubblico in tutta l'UE.Per ora è solo una proposta di legge del 30 novembre scorso, ma le linee guida sono chiare. 

La Commissione Europea parte dal presupposto che i servizi pubblici digitali interoperabili sono essenziali per costruire il mercato unico digitale. “Oltre ai vantaggi economici e agli incrementi di efficienza - si legge in un comunicato -, gli studi dimostrano che l'interoperabilità influisce positivamente sui valori pubblici, come il miglioramento della fiducia dei cittadini nei loro governi”.

Se questo termine sembra lontano dalla nostra pubblica amministrazione c’è un esempio che ci fa capire come possa invece essere più vicino di quanto possiamo pensare. Ciò che è successo con la pandemia da Covid-19 è esattamente un esempio concreto di interoperabilità efficace. Il coordinamento tra Stati membri ha permesso di creare un certificato che ha facilitato i viaggi trasfrontalieri nell’UE durante la pandemia.

Il green pass ora sembra una realtà scontata ma i passaggi per arrivare a farlo in un tempo così breve non lo sono certo stati. Ciò che dobbiamo sperare, noi come Italia, è che anche la nostra PA, sull’onda dell’ Interoperable Europe Act si metta nell direzione giusta per creare quella che per noi potrebbe essere una vera rivoluzione nello stile di vita. Gli italiani infatti passano più tempo oggi in coda agli sportelli dei servizi della pubblica amministrazione rispetto a dieci anni fa ed in termini quantitativi significa che il tempo perso da pmi e artigiani per gli adempimenti fiscali è di 238 ore l'anno, cioè 10 giorni. La ricerca è di Confartigianato, mentre l’Istat quantifica il tempo “perso” agli sportelli pubblici con più di 400 ore annue. Sono dati difficilmente confermabili al secondo, ma che danno l’idea che una svolta “smart” della PA italiana è non solo necessaria ma anche auspicabile in breve tempo.

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