SOCIETÀ

Italia ed Europa: un'economia a due velocità

Pareggio di bilancio, deficit, surplus e debito pubblico. L’economia è il motore che fa progredire o arretrare uno Stato, cerchiamo quindi di capire di più di cosa stiamo parlando.

L’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, diretto da Carlo Cottarelli, solo pochi giorni fa ha diramato un confronto tra i deficit previsti per i vari paesi UE nei prossimi tre anni. Le differenze non sono poche: diversi paesi infatti stanno andando verso un progressivo pareggio di bilancio. L’eccezione è, come spesso accade, la Germania, che deve cercare di ridurre il suo surplus di bilancio.

L’Italia con la Manovra 2019, duramente criticata dal Commissario europeo per gli affari economici e monetari Pierre Moscovici, prevede un deficit che oscilla tra il 2.4 e il 2.8 nei prossimi tre anni.

Per capire a fondo di cosa stiamo parlando abbiamo chiesto al prof. Luciano Greco, Direttore del CRIEP (Centro di Ricerca Interuniversitario sull’Economia Pubblica – Università di Padova, Venezia e Verona) di spiegarci innanzitutto i termini con cui quotidianamente ci raffrontiamo.

Prof Greco, perché bisogna cercare di andare verso il pareggio di bilancio?

“L'equilibrio di bilancio pubblico è un principio di sana gestione del rapporto tra spese pubbliche e entrate pubbliche nel tempo. In linea di principio, è ammissibile che in taluni periodi ci sia uno squilibrio tra spese e entrate (es. un deficit o disavanzo di bilancio: le spese superano le entrate) a patto che in altri periodi ci sia uno squilibrio contrario che compensi il primo, cioè, un surplus o avanzo di bilancio in cui le spese sono inferiori alle entrate. Ci sono paesi, come l'Italia, che presentano situazioni di disavanzo di bilancio pubblico persistente nel tempo.

Questa situazione porta all'accumulazione del debito pubblico in misura crescente e può determinare, a lungo andare e in assenza di politiche di risanamento efficaci, situazioni di forte instabilità finanziaria con una conseguente crisi di credibilità del paese, perché i creditori dello Stato iniziano a temere che il debito pubblico non venga più ripagato. Questo significherebbe fare il default sul debito pubblico.

È, infatti, successo in passato che molti paesi (anche l'Italia, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale) non abbiano onorato il proprio debito pubblico, di fatto appropriandosi dei capitali prestati dai creditori. Questo spiega perché i creditori chiedono tassi sempre più alti per accettare il rischio di comprare i titoli di debito pubblico emessi da paesi già molto indebitati. Gli alti tassi di interesse però creano due problemi. Il primo problema è che la spesa pubblica per interessi cresce a parità di debito pubblico accumulato, aggravando il disavanzo pubblico e rendendo ancora più veloce la crescita del debito pubblico stesso (non a caso si parla di "effetto palla di neve"). Il secondo problema è che i tassi di interesse molto alti sul debito pubblico implicano che anche gli altri debitori, come ad esempio le famiglie o le imprese, debbano pagare tassi più alti, come ad esempio sui mutui per l'acquisto delle abitazioni o sui prestiti bancari per gli investimenti produttivi, determinando una crisi finanziaria dell'economia reale che deprime la domanda di consumi e investimenti, crea disoccupazione e fa cadere la produzione.

Per queste ragioni, l'obiettivo del pareggio di bilancio è un principio di sana gestione dell'economia, tanto da essere incluso anche nella nostra Costituzione all'art. 81 già dal 1948 (la riforma dell'art. 81 intervenuta alcuni anni fa ha formalmente rafforzato questo principio). Quindi, il disavanzo pubblico può essere utile come strumento di politica economica (in anni di particolare crisi), ma non bisogna abusarne, perché altrimenti la crisi economica si aggrava”.

L'obiettivo del pareggio di bilancio è un principio di sana gestione dell'economia, tanto da essere incluso anche nella nostra Costituzione all'art. 81

Spesso sentiamo parlare di Patto di Stabilità, che cos’è?

Il Patto di Stabilità (e Crescita) è un accordo definito in sede di Consiglio Europeo finalizzato ad evitare che i paesi che condividono l'Euro come moneta abbiano finanze pubbliche troppo squilibrate. Gli strumenti applicativi del Patto sono stati modificati nel tempo ed hanno l’obiettivo di evitare che alcuni paesi siano in forte disavanzo pubblico (es. l'Italia) mentre altri siano in forte avanzo pubblico (es. la Germania).

Il Patto è stato introdotto perché l'Eurozona manca di una politica fiscale unica (come avviene, per esempio, in uno stato federale) capace di compensare gli squilibri di bilancio dei diversi paesi dell'area monetaria. Il collegamento tra disavanzo di bilancio e debito pubblico, da un lato, e politica monetaria, dall'altro, è un argomento molto complesso.

Semplificando molto, uno dei principali modi che i paesi molto indebitati hanno di "rinnegare" il proprio debito, cioé di fare default, è stata l’emissione di moneta che, creando inflazione, riduce molto il valore del debito già emesso (così fece l'Italia tra il 1945 e il 1946, riducendo di circa il 70% il debito pubblico emesso durante la Guerra). Questa interferenza rende molto più complicato il ruolo della Banca Centrale Europea e rischia di compromettere la capacità di quest’ultima di conseguire l’obiettivo della stabilizzazione dei prezzi (cioè di evitare l’inflazione eccessiva).

 

Allo stesso modo, gli avanzi di bilancio pubblico eccessivi di alcuni paesi possono determinare – come è successo negli anni scorsi – rischi di deflazione nell’Eurozona. In sostanza, i collegamenti tra politiche di bilancio e politica monetaria e l’assenza di strumenti efficaci di coordinamento ha reso necessario un sistema di regole che introduca un minimo di coordinamento tra le politiche di bilancio dei diversi paesi dell’Eurozona. Negli ultimi anni i limiti di questa soluzione sono emersi con grande evidenza e occorre studiare soluzioni alternative, se non si vuole rischiare la fine dell’Eurozona.

Quindi, il motivo per cui la Germania nei prossimi tre anni ha previsto di ridurre il suo surplus di bilancio è perché altrimenti ci sarebbe un rischio di deflazione?

Esatto: il surplus (o avanzo) di bilancio eccessivo limita la capacità della politica monetaria di regolare l’inflazione (o la deflazione) al pari del disavanzo eccessivo di altri paesi.

Prof. Greco, negli ultimi giorni abbiamo sentito parlare di Documento Programmatico di Bilancio (DPB), di Documento di Economia e Finanza e di legge di bilancio, quali sono le differenze?

Il DPB è introdotto dalle regole dell’UE e serve a rendere operativo il controllo delle istituzioni europee competenti (Commissione Europea e Eurogruppo) sulle politiche di bilancio dei paesi membri dell’Eurozona. Il DPB registra gli obiettivi decisi dal Governo e approvati dal Parlamento con il DEF (in aprile), successivamente aggiornati – poco prima della presentazione della legge di bilancio – con la Nota di Aggiornamento al DEF (in settembre). Sia il DPB che il DEF presentano anche le stime sull’evoluzione dell’economia (quadro macroeconomico) su cui si fondano le decisioni del Governo. La legge di bilancio è la legge con la quale il Parlamento italiano approva il bilancio dello Stato e contestualmente introduce eventuali variazioni alle spese e alle entrate pubbliche per conseguire gli obiettivi decisi dal Governo (e approvati dal Parlamento stesso) nel Documento di Economia e Finanza (DEF) e nella Nota di Aggiornamento al DEF.

Guardando le stime del nostro deficit sembra proprio che nei prossimi anni ci “allontaneremo” dagli altri stati membri. Perché è rischioso allontanarci dagli altri paesi UE?

Questa è una domanda molto ampia. Nel breve periodo, allontanarci dagli altri paesi UE vuol dire allontanarsi dalle regole di coordinamento delle politiche di bilancio. Quelle regole indicano a tutti, inclusi i creditori, gli impegni presi dal nostro paese. Pertanto, è pericoloso per l’Italia allontanarsi da questo quadro perché può comportare – come si vede in questi giorni – una crisi di credibilità della politica economica del paese (con aumento dei tassi di interesse e del debito pubblico).

Nel medio-lungo periodo, il rischio è che, per effetto di una crisi di credibilità, che significa che nessuno vuol più acquistare i titoli pubblici italiani e non si riesce quindi a rifinanziare il debito pubblico, l’Italia sia costretta a uscire dall’Euro e risolvere la crisi da indebitamento facendo default. In ultima analisi, il rischio è di innescare un meccanismo di crisi globale paragonabile, ma probabilmente più grave, di quella originatasi nella finanza privata degli Stati Uniti dieci anni fa.

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La nostra situazione è aggravata anche da un alto debito pubblico, ci può spiegare che cos’è?

Il debito pubblico è la somma delle obbligazioni finanziarie (titoli obbligazionari – Buoni ordinari del tesoro, Buoni poliennali del tesoro, ecc. – mutui, ecc.) che le Amministrazioni pubbliche hanno emesso negli anni. Il debito pubblico è caratterizzato da titoli con scadenze diverse, questo implica che ogni anno l’emittente sia costretto a emettere debito non solo per finanziare nuove spese (non coperte dalle entrate fiscali) ma anche per “ri-finanziare” il debito emesso in passato (si parla di “roll-over del debito pubblico”).

Prof. Greco, perché l’Italia ha un debito pubblico così alto?

Per una serie di fattori storici:

-       tra la seconda metà degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80 del secolo scorso, lo Stato italiano ha aumentato molto le spese pubbliche in proporzione del PIL (riforma sanitaria, ampliamento del sistema previdenziale, investimenti pubblici, ecc.) senza che queste spese fossero compensate da un equivalente aumento delle entrate fiscali;

-       negli anni ’70, la maggiore spesa fu compensata – di fatto – emettendo moneta (cioè, obbligando la Banca d’Italia a comprare i titoli di Stato), questa scelta comportò il beneficio che il deficit pubblico non determinò eccessivo accumulo di debito pubblico ma il costo di una fortissima inflazione;

-       per risolvere il problema dell’inflazione e per partecipare alla creazione del mercato unico europeo (che non era conciliabile con la svalutazione continua delle valute dei singoli paesi europei), l’Italia aderì nel 1979 al Sistema monetario europeo (prima fase della creazione dell’Euro) che limitava le svalutazioni e le oscillazioni dei cambi e, per questo motivo, imponeva di non ricorrere più all’emissione di moneta per finanziare il deficit pubblico; i tassi di interesse aumentarono in tutti i paesi europei, inclusa l’Italia, quindi il forte deficit pubblico determinò il raddoppio del rapporto tra debito pubblico e PIL tra il 1980 e il 1990;

-       dalla seconda metà degli anni ’80 e negli ’90, fino all’adesione dell’Italia all’Euro, i tassi di interesse sono il principale motivo della crescita del debito pubblico (effetto palla di neve), mentre i governi cercano di riequilibrare il rapporto tra spese pubbliche e entrate pubbliche;

-       con l’entrata dell’Italia nell’Euro, alla fine degli anni ’90, la spesa pubblica per interessi di dimezza nel giro di pochi anni e il deficit pubblico si abbassa moltissimo, il debito pubblico italiano si riduce in rapporto al PIL fino alla metà degli anni 2000;

-       lo sforzo di risanamento del debito è, tuttavia, frenato da una nuova causa: la scarsa crescita del PIL (che quindi fa crescere il rapporto tra debito pubblico e PIL); questo fenomeno si aggrava moltissimo con la crisi globale che inizia dieci anni fa.

In sintesi le cause del debito pubblico italiano sono caratterizzate da tre fasi: tra la seconda metà degli anni’70 e gli anni ’80, il debito pubblico cresce per effetto del deficit pubblico deciso dal Governo e dal Parlamento; tra la fine degli anni ’80 e la fine degli anni ’90, il debito pubblico cresce per l’effetto palla di neve (alti tassi di interesse, alta spesa pubblica per interessi, alto deficit, alto debito); dopo una fase di riduzione del debito pubblico, negli ultimi quindici anni, il debito è tornato a crescere in rapporto al PIL per l’insufficiente crescita economica.

Ci sono anche altri Paesi nel mondo che hanno un debito pubblico superiore al 100%, come ad esempio gli Stati Uniti. Perché gli USA, non preoccupano i mercati?

Perché tre motivi: il Congresso americano ha sempre ridotto il debito pubblico quando questo era troppo alto, anche a costo di tagliare spese pubbliche importanti e/o aumentare i prelievi fiscali; il PIL americano cresce molto; i tassi di interesse americani sono bassi (come quelli europei)… ma gli USA non rischiano di uscire dall’Euro, cioè non rischiano la crisi di credibilità che fa salire i tassi.

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