Trent’anni fa – nel 1990 – l’Italia approvava la legge 185: nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito di materiali di armamento.
Si tratta di una legge molto avanzata e che ha fatto scuola. Contiene diversi elementi interessanti, per cui tutto il commercio di armi deve essere gestito sotto diversi protocolli, molti controlli e informative costanti al parlamento. Ma la parte più importante è l’articolo 1: la legge vieta esportazione di armi verso paesi in stato di conflitto armato, paesi che vadano contro all’articolo 11 della nostra Costituzione, con Paesi sottoposti a embargo, con Paesi responsabili di accertate gravi violazioni delle convenzioni sui diritti umani, paesi che ricevendo aiuti dall’Italia destinano al proprio bilancio militare risorse eccedenti all’esigenza di difesa. Poi ancora: è vietata l’esportazione di armi in contrasto con impegni internazionali dell’Italia, la sicurezza dello Stato, la lotta al terrorismo e quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali.
Questa legge compie 30 anni. Qualche settimana fa in Parlamento è stato presentato un rapporto di diverse associazioni dove risulta che l’esportazione di armi italiane continua a crescere: 44 miliardi di euro di autorizzazioni, pari alla somma dei 15 anni precedenti.
Dove finiscono gli armamenti? Ai primo 4 posti ci sono Kuwait, Qatar, Regno Unito e Germania. Le armi arrivano anche alla coalizione degli Emirati arabi uniti e di Arabia saudita, attiva in un conflitto armato in Yemen. Poi arrivano in Turchia, Egitto, Turkmenistan e altri ancora. Ci sono, secondo il rapporto, oltre 100 miliardi spesi in armamenti per stati andati fuori da Paesi Ue e Nato. Crescono le armi vendute in Medio Oriente e in stati senza regimi democratici.
Mi focalizzo su un caso: dentro alla lista di Paesi c’è l’Egitto. A mio avviso è palesemente in violazione del primo articolo della legge 185: è un Paese impegnato in un conflitto, che viola i diritti umani. Sappiamo cosa è accaduto a Giulio Regeni e sappiamo che ora è incarcerato Patrick Zaky. Ci sono tutte le condizioni per dire che non potremmo vendere armi all’Egitto. Invece ci sono state varie compravendite. La domanda è semplice: perché non rispettiamo una legge dello Stato italiano?