SCIENZA E RICERCA
L'editoriale. Una pianta dimostra che Darwin aveva torto? Anche no
Un esemplare di Arabetta comune
Oggi vi parlo di un paradigma che qualcuno pensa di aver rotto una volta per tutti, riguardante il mio campo di studi: l’evoluzione.
Agli inizi di febbraio è uscito un lavoro che sta facendo discutere molto, realizzato da ricercatori principalmente tedeschi. Riguarda le mutazioni genetiche. La settimana scorsa abbiamo parlato delle mutazioni dei virus, casuali: succedono a caso e poi è la selezione naturale e i meccanismi evolutivi che filtrano queste mutazioni casuali.
In questo lavoro si suggerisce qualcosa di diverso: ci sarebbe un bias – una deviazione – nei tassi di mutazione, dovuti alla selezione naturale. Il modello di studi è una pianta, l’Arabidopsis – l’Arabetta comune – e il lavoro calcola in modo estensivo quante mutazioni nuove avvengono, in quali parti del genoma e con quale ritmo si accumulano.
La scoperta è che ci sono dei meccanismi, epigenetici, che proteggono le parti più funzionali e importanti del genoma di questa pianta: in queste zone il tasso di mutazione si riduce della metà o addirittura di due terzi. Fin qui, tutto bene: la scoperta è importante, del ruolo dell’epigenetica e ha un valore adattativo darwiniano. Questa protezione si pensava che fosse a posteriori, cioè Darwin avrebbe detto che la mutazione arriva comunque, poi il portatore di una mutazione svantaggiosa non si riproduce o comunque ha meno discendenti e non avviene una trasmissione di quella modifica. Nello studio si scopre che c’è una protezione a priori, che riduce la probabilità stessa che ci siano mutazioni, positive, neutrali o negative che siano.
Allora dove sarebbe il problema? Gli autori, esagerando, concludono dicendo che si tratta della dimostrazione che le mutazioni non sono casuali e non è vero che esse non hanno direzione. Quindi, figuriamoci: Darwin aveva torto. A mio avviso gli autori si sbagliano, perché fanno un errore di prospettiva. Dicono: abbiamo scoperto che le mutazioni sono un dado, ma truccato, con le facce delle mutazioni negative che non saltano mai fuori. Ma non è questa la scoperta: è che il dado – in certe parti del genoma – sia che venga fuori una mutazione positiva o negativa – ha meno possibilità di incidere, perché c’è una protezione epigenetica. Non è la dimostrazione che le mutazioni non sono casuali o direzionate, ma un’interpretazione evoluzionistica di un lavoro importante che ha suscitato molti fraintendimenti poco utili. Non vogliamo fare i difensori d’ufficio di Darwin: l’epigenetica è molto importante ma andare su tutti i media e fare discutere la propria ricerca per un’interpretazione un po’ esagerata non va molto bene.