SCIENZA E RICERCA

Il legame tra guerre e invasioni di specie aliene

Invasione, assedio, battaglia, competizione, controllo e difesa: sono tutti termini presi in prestito dal vocabolario militare che sono sempre più presenti quando si parla di specie aliene invasive.

Secondo un articolo pubblicato su Frontiers in Ecology & the Environment, il legame tra guerre e invasioni di specie aliene non esiste solo sul piano semantico: spesso proprio i conflitti armati hanno facilitato, volontariamente o involontariamente, il trasporto di alcuni animali e piante al di fuori delle loro aree di appartenenza, con enormi e prolungate conseguenze sugli ecosistemi e le economie dei Paesi invasi.

L’anello di collegamento tra questi due aspetti apparentemente slegati sono i trasporti.

Lo spostamento di eserciti e materiali militari fornisce infatti percorsi utili all’introduzione di specie aliene allo stesso modo del commercio internazionale, universalmente riconosciuto come sua causa principale.

“Biological invasions are synonymous with international trade.” Philip E. Hulme

Difatti, per gli eserciti non è sempre sufficiente razziare i territori per procurarsi cibo, materiali da costruzione, acqua e altri beni essenziali: a volte è necessario portarseli da casa.

Sono molti gli esempi in cui il successo o l’insuccesso della missione è stato determinato dalla catena di rifornimenti. Tra i tanti, troviamo il fallimento dell’invasione della Russia da parte di Napoleone nel 1812, l’insuccesso delle campagne in URSS e Nord Africa da parte delle potenze dell’Asse durante la I Guerra Mondiale e i trionfi in Italia e Francia ottenuti dagli Alleati tra il 1943 e il 1945.

La creazione di queste reti di rifornimento modifica i percorsi commerciali preesistenti, traccia nuove rotte, disturba gli habitat, aumentandone la vulnerabilità, e impone ingenti e rapidissimi spostamenti di uomini e mezzi.

Nello studio, pubblicato dai ricercatori Alberto Santini, Giorgio Maresi, David M. Richardson e Andrew M. Liebhold, vengono identificati tre percorsi principali di arrivo delle specie aliene.

Il primo è il trasporto di equipaggiamento: molte specie animali e vegetali si sono diffuse accidentalmente “aggrappandosi” alle munizioni, alle armi o alle provviste, oppure incastrandosi alle ruote degli aerei. Alcune piante con i semi uncinati sono state facilmente trasportate attaccandosi ai vestiti. Inoltre, poiché molte erbe attecchiscono meglio su terreni incolti o danneggiati, la guerra ha dato una grande mano a preparare un terreno facile da attaccare. Questo fenomeno ha dato origine alla flora castrense (dal latino castrum=accampamento militare), termine inizialmente usato durante la I Guerra Mondiale per indicare l’insieme di tutte quelle piante che crescevano vicino a depositi e accampamenti militari. Anche il legno usato per imballare le casse di munizioni si è rivelato essere un ottimo mezzo di trasporto per alcuni patogeni delle piante; del resto, solo nel 2009 l’International Plant Protection Convention ha deciso di implementare dei trattamenti fitosanitari obbligatori per arginare il fenomeno in ambito commerciale.

Il secondo percorso è rappresentato dal trasporto di cibo, al giorno d’oggi riconosciuto come una dei principali mezzi di diffusione delle specie aliene. Ciò era ancora più vero in epoca coloniale, quando l’approvvigionamento di vegetali, frutta e carne fresca spesso consisteva in spedizioni da Oltremare di piante e animali vivi. In particolare, le marine europee sono state responsabili dell’introduzione volontaria di diverse specie in varie isole del Pacifico e dell’Oceano indiano, come nel caso delle capre selvatiche che tanti problemi danno oggi in Australia.

Nei contesti di guerra, inoltre, il bisogno di spedizioni tempestive rende tuttora difficile implementare pratiche sanitarie o di decontaminazione adeguate, con il rischio di introduzioni non volute. Tra gli esempi più importanti c’è la Dorifora della patata (Leptinotarsa decemlineata), una delle specie più dannose per le coltivazioni. Questo parassita originario del Messico è stato introdotto sulla costa atlantica francese attorno al 1917 da una spedizione alimentare diretta alla base americana di Bordeaux, per arrivare oggi  a espandersi fino al Kazakhistan causando lungo il suo percorso perdite di produzione tra il 20 e il 100%.

La terza e ultima strada attraverso la quale le specie aliene si spostano sono le introduzioni volontarie ad uso bellico. La storia è piena di esempi di questo tipo: dai più “innocui”, come quello delle piante di Leucaena leucocefala introdotte dai giapponesi su alcune isole del Pacifico per nascondere le postazioni di artiglieria, fino ai più orrendi, come la distribuzione di coperte infette dal virus del vaiolo da parte dell’esercito britannico nel 1763 per soffocare le proteste dei nativi americani del Delaware. Altri esempi più recenti sono la guerra batteriologica mirata alle coltivazioni di grano, portata avanti dall’Iraq durante la guerra del 1980-1988 con l’Iran, oppure le operazioni condotte dagli Stati Uniti per distruggere le produzioni di papavero da oppio e di coca in Afghanistan e in Colombia. La stessa Dorifora già citata fu oggetto di studio da parte della Wehrmacht come possibile arma per indebolire l’approvvigionamento di cibo degli Alleati.

Nel bene e nel male i conflitti armati hanno sempre giocato un ruolo importante nella storia umana e hanno portato a evoluzioni sociali, economiche, tecnologiche e culturali. Purtroppo, però, con loro sono arrivati anche fame, devastazioni, migrazioni e spesso anche specie dannose. Un aspetto, quest‘ultimo, che spesso passa in sordina, ma capace di avere conseguenze importanti e durature e, nonostante ciò, ancora poco regolato.

Qualche tentativo in questo senso è stato fatto da istituzioni internazionali come Nazioni Unite e l’International Plant Protection Convention, senza però affrontare specificamente il problema da un punto di vista militare. Tanto insomma rimane ancora da fare, sia contro la guerra che a favore dell’ambiente.

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