SCIENZA E RICERCA

L'eredità di Gordon Moore, visionario della microelettronica e padre della celebre "legge"

Gordon Moore, pioniere nel settore dei microprocessori, ideatore della teoria sull'evoluzione tecnologica dei chip per computer e filantropo, è scomparso il 24 marzo all’età di 94 anni.

Imprenditore visionario e precursore della generazione Silicon Valley, Gordon Moore nel 1968 è stato tra i cofondatori di Intel, in una lunga avventura che lo ha portato poi a diventare presidente onorario una volta lasciato il il board of directors per limiti di età, ed è stato capace di imprimere una chiara direzione di sviluppo all’intero campo dell’industria della microelettronica grazie alla legge che porta il suo nome.

In articolo scritto nel 1965 sulla rivista Electronics Magazine Moore osservò che il numero di transistor su ogni singolo chip era quasi raddoppiato annualmente da quando i circuiti integrati erano stati inventati. Avvalendosi di pochi dati disponibili (il primo circuito era stato realizzato nel 1958 da Jack Kilby che per questa invenzione vinse il Premio Nobel per la Fisica nel 2000), Moore predisse che il numero di transistor che è possibile stampare su di un circuito integrato sarebbe continuato a raddoppiare ogni 12-18 mesi, consentendo quindi anche un costante aumento della potenza di calcolo dei computer.

La profezia, che assunse la denominazione di "legge" su iniziativa di Carver Mead, un altro pioniere dei microchip, si rivelò corretta fino al 1975 quando Moore la modificò portando a 24 mesi l’intervallo di tempo necessario all’industria dei microprocessori per raddoppiare il numero di transistor su ogni singolo chip. I circuiti integrati (o chip) sono minuscoli quadratini di wafer di silicio al cui interno vengono posizionati dispositivi semiconduttori (transistor) allo scopo di creare un circuito elettronico miniaturizzato che, in uno spazio molto ridotto, è in grado di svolgere una notevole quantità di funzioni.

La legge di Moore ha di fatto rappresentato una linea guida per l'industria che ha sviluppato enormemente le proprie capacità tecnologiche per rispettarla, avendovi colto una grande portata in termini di innovazione, efficienza, avanzamento della potenza di calcolo e miniaturizzazione dei dispositivi, compresi ovviamente tutti quei prodotti tecnologici che oggi sono parte fondamentale della nostra vita quotidiana. 

Anche se arriverà un momento in cui la legge di Moore dovrà arrendersi ai limiti fisici che non consentiranno di scalare ulteriormente le dimensioni minime dei transistor che si possono stampare su un singolo chip, per il momento la linea tracciata dal suo inventore rimane ancora valida e nel frattempo si continua a lavorare anche su molte innovazioni tecnologiche che prevedono, ad esempio, l'impiego di materiali alternativi al silicio o l'uso di architetture di chip innovative con forme che consentono ancora di ridurre gli spazi.

"Gordon Moore aveva però anche fatto una riflessione che è diventata un secondo suo importante lascito: la legge da lui elaborata non durerà per sempre, così come nessun artefatto umano. Però possiamo cercare di spostare sempre più in avanti il termine temporale e questi sforzi testimoniano l’intelligenza, la sagacia e l’intraprendenza, la visione e la capacità di lavorare insieme della specie umana", ha osservato il professor Alessandro Paccagnellafisico del dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell'università di Padova ripercorrendo la figura di Moore e il ruolo che ha assunto la sua previsione nel guidare lo sviluppo dell’industria microelettronica. 

Il professor Alessandro Paccagnella del dipartimento di Ingegneria dell'informazione dell'università di Padova ripercorre la figura di Gordon Moore e la legge che porta il suo nome. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Gli inizi della carriera di Gordon Moore

"Gordon Moore era un chimico che aveva cominciato a lavorare nell’industria dei semiconduttori entrando nella Shockley Semiconductor, azienda guidata da William Shockley, uno scienziato geniale che fu tra gli inventori dei transistor e ottenne poi il Premio Nobel nel 1956. L’avventura di Gordon Moore nella Shockley Semiconductor durò però poco: dopo un anno e mezzo abbandonò l'azienda e insieme ad altri sette colleghi che lavoravano con lui fondò la Fairchild Semiconductor che diventò ben presto una realtà di riferimento per l'industria dei semiconduttori", spiega Paccagnella.

Siamo nella parte meridionale della San Francisco Bay Area, in quella che anche grazie al contributo di Moore sarebbe diventata la culla della tecnologia per eccellenza, la Silicon Valley quando le memorie al silicio stavano facendo il loro debutto. "Gordon Moore era un californiano e ha goduto della zona sulla West Coast per la sua educazione, aveva studiato a Berkeley, e per lanciare le sue aziende".

La legge di Moore e la miniaturizzazione delle tecnologie

Nel 1965, partendo da pochi dati disponibili, Moore fece una previsione che sarebbe poi diventata la sua legge. La modificò dieci anni più tardi, durante un talk all'International Electron Devices Meeting, "perché nel frattempo le tecnologie erano un po’ cambiate e stava cominciando ad affermarsi la tecnologia basata su transistor mosfet al posto dei bipolari presenti all’inizio degli anni ’60". Nel 1975 Moore affermò quindi che il numero di transistor su un singolo chip raddoppia ogni due anni.

"Questa previsione diventò una linea guida perché l’industria si rese conto della necessità e dell’opportunità generata dalla possibilità di integrare più componenti su un singolo chip". Per far crescere il numero dei transistori entrò in gioco un altro personaggio di riferimento che si chiamava Bob Dennard e lavorava all’IBM. "Fu lui ad individuare il modo in cui raddoppiare: l’idea di fondo è di non fare crescere l’area di un chip e di lavorare sulle dimensioni dei transistor, riducendone le dimensioni lineari di circa il 30% ad ogni generazione tecnologica", continua il professor Alessandro Paccagnella.

"Questo fattore di scala è proseguito ed è stato il successo della legge di Moore perché ha consentito la miniaturizzazione. Il primo microprocessore fu l’Intel 4.004 e poteva contare su circa 2000 transistor: in seguito il numero di transistor in un singolo chip è cresciuto in modo esponenziale, fino ad arrivare a decine di miliardi", osserva il docente.

La legge di Moore è diventata la linea guida per l’industria microelettronica Alessandro Paccagnella

Il limite fisico alla legge di Moore e possibili soluzioni tecnologiche

La continua miniaturizzazione ha quindi finora consentito di raddoppiare periodicamente il numero di componenti all'interno di un chip ma ad un certo punto, con il restringersi delle dimensioni, si arriva a dei limiti dettati dalle macchine con cui si fa la fotolitografia e si stampano questi circuiti.

"Sono macchine estremamente sofisticate ma anche molto costose e possono costare anche 200 milioni di euro l’una. Siamo arrivati ad un limite di stampa che è dell’ordine di una dozzina di nanometri, non riusciamo a stringere oltre. Cosa si fa allora? Invece di avere dei transistor piani si producono transistor planari. Adesso ci sono altre strutture e tecnologie. Anche le chiavette USB contengono all’interno dei chip che una volta avevano un solo strato di transistor, mentre adesso siamo arrivati a oltre 200. Siamo giunti a un’integrazione che non è più solo planare, ma basata su più strati. E’ un’industria estremamente sofisticata che riesce ancora oggi a seguire l’evoluzione della legge di Moore anche se nel corso di questa evoluzione a volte alcuni previsori avevano sostenuto che non era più possibile andare ad integrare così tanti transistor in un singolo chip", puntualizza il professore del dipartimento di Ingegneria dell'informazione dell'università di Padova.

In tempi più recenti la finestra per il raddoppio del numero di transistor si è sicuramente allargata, ma qualche mese fa l'attuale Ceo di Intel, Pat Gelsinger ha difeso la validità della legge di Moore rimarcando che è ancora possibile dire che il numero dei transistor raddoppia secondo tempistiche predeterminate. E Intel qualche mese fa ha affermato che punta a realizzare chip da 1000 miliardi di transistor entro il 2030.

"Gordon Moore aveva però anche fatto una riflessione che è diventata un secondo suo importante lascito: la legge di Moore non durerà per sempre, così come nessun artefatto umano. Però possiamo cercare di spostare sempre più in avanti il termine temporale. L’auspicio è che l’intelligenza che è stata messa a disposizione dalla tecnologia possa essere applicata per gli scopi più alti e pacifici per tutta l’umanità", conclude Alessandro Paccagnella.

Alle molteplici dimensioni che ruotano attorno al settore della microelettronica e alle complesse questioni geografiche, politiche, commerciali e perfino etiche e ambientali lo caratterizzano, Il Bo Live ha dedicato un approfondimento in 5 puntate curato dalla nostra caporedattrice Elisabetta Tola insieme al professor Alessandro Paccagnella e a David Burigana, storico del dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi Internazionali, all’università di Padova.

Puoi trovarlo qui:

Scienza e geopolitica del microchip. Storia di un oggetto che usiamo tutti i giorni /01

Scienza e geopolitica del microchip. Storia di un oggetto che usiamo tutti i giorni /02

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