A causa dell’epidemia da Sars-Cov-2 l’università italiana ha dovuto far ricorso a piattaforme e canali informatici per poter continuare le lezioni e gli esami dell’anno accademico 2019-20. La didattica a distanza è stata poi reintrodotta anche nel corso del primo semestre dell’anno accademico attuale, per assicurare nuovamente la frequenza delle lezioni da remoto, con lo scopo di limitare il contagio della cosiddetta seconda ondata dell’epidemia. Se da una parte va sottolineata la risposta tempestiva data alla situazione di emergenza, dall’altra la didattica a distanza non può essere accolta come un’innovazione o una normalità. Questo il pensiero di molti docenti italiani, alcuni dei quali si sono riuniti in una giornata di studi, inevitabilmente telematica, giovedì 26 novembre. Il webinar ha avuto l’obiettivo di discutere su quanto accaduto nei mesi passati, su come e quanto la didattica a distanza abbia cambiato l’insegnamento universitario, su quali sono stati i limiti, tecnici, ed etici, cosa può essere migliorato e cosa deve essere invece evitato.
Abbiamo raccolto i pensieri di alcuni dei relatori della giornata di studio dal titolo Le ragioni dell’emergenza, le ragioni della didattica.
Servizio di Elisa Speronello
Se la professoressa Daniela Mapelli, prorettrice alla didattica (università di Padova) si focalizza sugli sforzi fatti in un fine settimana, e che hanno permesso agli studenti di seguire le lezioni online e quindi di concludere l’anno accademico, il professor Emanuele Zinato (Disll, università di Padova) sostiene l’importanza di cogliere i punti di forza della Dad, senza però sorvolare sui suoi aspetti critici. “L’aula universitaria” sostiene Zinato, “è una comunità aperta di persone che condividono uno spazio fisico, insieme per mettere a confronto voci, corpi, modelli del sapere sulla base di un’idea critico-dialogica dell’apprendimento universitario”. Un pensiero simile è quello del professor Mino Conte (Fisppa, università di Padova) che sostiene anche l’opportunità che il tempo dell’emergenza ha permesso di cogliere: “è un tempo propizio: ci ha messo nelle condizioni di sperimentare modalità didattiche che non avevamo sperimentato prima. La lezione da trarre da questo periodo può essere riassunta in una domanda, che deve essere risposta: che cos’è una lezione, qual è il suo senso?”. Il professor Federico Bertoni (Ficlit, Università di Bologna) ha allargato l’orizzonte per scovare le origini della trasformazione che c’è stata nell’università italiana negli ultimi 10-15 anni e che porta con sé alcuni trend che rischiano di essere accelerati dalla situazione di emergenza: “c’è una tendenza a centrare le risorse in alcuni poli, considerati di eccellenza, a scapito dell’università nel suo complesso”.
Il webinar è disponibile in forma integrale sul canale Youtube dell’università di Padova (prima e seconda parte).