Il rischio idrico è una crisi silenziosa, eppure il ‘Day Zero’, ovvero il giorno in cui le nostre città perderanno i normali accessi alle risorse idriche, non è una prospettiva così lontana. I cittadini di San Paolo in Brasile, Chennai in India e Cape Town in Sud Africa hanno già rischiato di ritrovarsi con i rubinetti completamente a secco. Secondo un’analisi dell’Università di Twente, circa 4 miliardi di persone vivono in aree in cui si verifica un periodo di carenza idrica per almeno un mese all’anno, mentre 1,8 miliardi di persone devono fare i conti con la siccità per un periodo pari a 6 mesi l’anno.
La Banca Mondiale stima almeno 507 atti violenti per il controllo delle risorse idriche sparse nel mondo. Da qui nasce l’idea di creare una mappa globale in grado di prevedere dove potrebbero sorgere conflitti legati alla carenza idrica. Progettata dai ricercatori della “Water, Peace and Security Partnership” e successivamente presentata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la mappa è ora consultabile pubblicamente a questo link: https://www.waterpeacesecurity.org/map
Si tratta di uno strumento innovativo che utilizza per la prima volta dei fattori ambientali, come la siccità, per prevedere dove si verificheranno i prossimi conflitti. Secondo i creatori, il modello è in grado di rilevare circa l'86% dei conflitti futuri, costituendo dunque uno strumento scientifico utile nell’anticipare le mosse politiche nello scacchiere globale.
Come funziona?
Grazie all’uso di immagini satellitari, gli scienziati riescono a misurare l’umidità che traspira dalle colture agricole sparse nel mondo per avere un’idea riguardo il loro stato di salute. Laddove lo stato delle colture va peggiorando, il fattore di rischio per l’insorgere di un conflitto aumenta. A quest’analisi satellitare si vanno a combinare altri dati ottenuti con metodi tradizionali per la previsione dei conflitti, ad esempio quelli riguardanti l'instabilità politica, per tracciare un quadro più completo della probabilità che insorgano atti violenti.
Ma la carenza idrica può veramente scatenare delle guerre?
Non tutti sanno che l’estrema siccità iniziata nel 2006 in Siria ha ucciso l'85% del bestiame e distrutto le colture del paese, spingendo migliaia di agricoltori e allevatori a spostarsi nei centri urbani in seguito al fallimento delle loro tenute. Si stima che 1,5 milioni di persone siano state costrette a trasferirsi dalle campagne siriane alle grandi città dove hanno creato disordini sociali che, a loro volta, hanno esacerbato la guerra civile siriana. I ricercatori della NASA e dell'università dell'Arizona, attraverso lo studio degli anelli degli alberi, un metodo affidabile per misurare le precipitazioni passate, hanno scoperto come la recente siccità siriana è stata probabilmente la peggiore negli ultimi 900 anni. Dati allarmanti, ma non è chiaro se la carenza idrica sia una ragione sufficiente a scatenare una guerra. Potrebbe essere solo uno dei molteplici fattori che, sommandosi tra loro, generano pericolose escalations di violenza. Tuttavia, nel caso del conflitto siriano gli analisti politici hanno largamente sottovalutato gli effetti disastrosi della siccità del 2006.
Cosa evidenzia la Mappa?
Il Medio Oriente ed il Nord Africa sono aree calde, non solo dal punto di vista politico. Secondo un rapporto stilato dal Max Planck Institute, a causa dei cambiamenti climatici, queste regioni si stanno riscaldando più rapidamente rispetto a gran parte del mondo, fino a toccare sempre più spesso temperature prossime ai 50 gradi. La siccità minaccia una pace già fragile in Iraq e Iran. L'Iraq meridionale sta affrontando da alcuni anni continue siccità legate alla costruzione di grandi dighe in Turchia e in Iran che limitano il regime d’acqua del Tigri e dell’Eufrate. Bassora, la seconda città dell’Iraq una volta soprannominata la "Venezia del Medio Oriente" per la sua ricca rete di canali, soffre ora della mancanza di acqua potabile. Il sale filtrato nella riserva idrica cittadina ha reso l’acqua imbevibile e per questo migliaia di persone sono state ricoverate in ospedale. Il settore agricolo iracheno lamenta inoltre la mancanza di fondi allo sviluppo delle infrastrutture agricole. Nel vicino Iran, la cattiva gestione delle risorse idriche, la siccità e i cambiamenti climatici hanno esasperato la carenza idrica al punto che il lago Urmia, considerato riserva della biosfera dall’UNESCO, si è ridotto a meno del 20% delle sue dimensioni originali.
Ma è solo un modello!
È giusto specificare come questo screening geopolitico sia un modello, e come tale una rappresentazione semplificata della realtà. Gli autori sottolineano come abbiano scelto di impostare i parametri del loro modello in modo da ottenere una previsione della presenza del conflitto piuttosto che prevederne erroneamente l'assenza. L'aspetto negativo di questa decisione è che il modello sopravvaluta la probabilità che un conflitto insorga, una scelta contestabile che sembra legittima in un’ottica di prevenzione.
Un secondo limite del modello e quello della mancanza di un numero sufficiente di dati per alcune aree del pianeta. Una zona potenzialmente sensibile dove le informazioni scarseggiano è la ragione montuosa del Pamir nell’Asia Centrale. Qui sorgerà una diga di 355 metri, la più alta del mondo, sul fiume Vakhsh in Tagikistan ad opera dalla compagnia italiana Salini. Il Vakhsh è un affluente dell’Amu Darya, il corso d’acqua essenziale per le coltivazioni uzbeke di cotone. Potete immaginare come gli uzbeki, reduci dal disastro economico ed ambientale del lago d’Aral, abbiano reagito al progetto. Nel 2011, l’ex-presidente uzbeko Karimov ha inizialmente sospeso il tratto ferroviario tra Uzbekistan e Tagikistan ed in seguito ha iniziato a smantellarlo nel tentativo di tagliare i collegamenti tra il Tagikistan dal resto del mondo. Nell’aprile del 2012, l'Uzbekistan ha anche interrotto le consegne di gas in Tagikistan, la cui fornitura di gas naturale dipende per il 95% proprio dall'Uzbekistan. Fortunatamente ora il peggio sembra essere passato e con l’avvento del nuovo presidente uzbeko Mirziyoyev, favorevole ad una partecipazione del suo paese nel consiglio di amministrazione della diga, si aprono nuovi scenari nel rapporto fra i paesi.
L’acqua è una risorsa strategica e lo è da sempre, basti pensare come la parola “rivale” derivi dal latino “rivalis”, ovvero colui che divide con un'altra persona l'acqua di un fiume (rivus) per irrigare i propri campi. Ora le cose stanno cambiando e la “corsa all’acqua” potrebbe amplificarsi in un contesto di climate emergency. Speriamo solo che la mappa proposta dai ricercatori della “Water, Peace and Security Partnership” possa aiutarci ad evitare i conflitti per l’accesso alle risorse idriche scendendo a patti con i possibili “rivali”.