SCIENZA E RICERCA

Marte, alla ricerca della vita perduta

Tra i pianeti vicini alla Terra, Marte è attualmente quello che mostra le maggiori somiglianze col nostro pianeta e dove potrebbero essere nate forme di vita microscopiche.

Formatosi insieme alla Terra circa 4,6 miliardi di anni fa ad alte temperature, è grande la metà del nostro pianeta e di conseguenza la sua superficie si è raffreddata prima. Come è avvenuto sulla Terra, i gas emessi dal sottosuolo insieme ai magmi devono aver formato un’atmosfera ricca di vapore acqueo, anidride carbonica e azoto. Con il raffreddamento, l’acqua può essersi condensata in pioggia e aver formato fiumi, laghi e mari. La geografia marziana mostra infatti nelle regioni più antiche del pianeta una rete di vallate simili a quelle scavate dai fiumi terrestri, che terminano a quote più basse in zone ricche di detriti simili a quelle dei nostri fondali marini vicini alla costa.

Si pensa che la vita terrestre sia nata in acque basse, in lagune o mari e che successivamente le forme di vita si siano diffuse anche sulle terre emerse. Questo processo, iniziato circa 3,95 miliardi di anni fa, ha portato l’atmosfera terrestre ad arricchirsi di gas di origine biologica e a rilasciare nel suolo sostanze ricche di carbonio. La complessità dell’evoluzione biologica sulla Terra e l’interazione tra varie forme di vita non può essere descritta semplicemente come un cammino diretto, e la comparsa della fotosintesi come meccanismo di produzione di sostanze organiche sfruttando la luce solare è avvenuta solo 1-2 miliardi di anni dopo, sottraendo l’anidride carbonica vulcanica dall’atmosfera e producendo ossigeno.

Questo processo, se mai è apparso su Marte e se ha seguito un simile cammino evolutivo, è stato interrotto dal veloce raffreddamento del pianeta. I vulcani si sono spenti e l’atmosfera non è stata più rifornita di anidride carbonica e vapore acqueo. Il primo contribuisce all’effetto serra, che riscalda oggi la Terra di 33 gradi, e l’altro crea piogge e oceani. Un’ipotetica vita marziana simile a batteri terrestri sarebbe scomparsa dalla superfice, attualmente con fortissime variazioni diurne di temperatura tra -80 e +40 °C, con una pressione atmosferica così bassa da far bollire l’acqua a soli 10 °C e con una radiazione ultravioletta sterilizzante ovunque batte il sole. Non appare sorprendente quindi che non se ne sia trovata traccia al suolo o nella tenue atmosfera.

Per queste ragioni questo piccolo pianeta oggi deserto potrebbe aver ospitato miliardi di anni fa alcune forme di vita, quando il suo ambiente era simile alla Terra primordiale, e potrebbe averne conservato tracce nel sottosuolo, a temperatura costante e protette dai raggi UV.

Tra le molte sonde automatiche di esplorazione inviate su Marte, il veicolo di esplorazione (rover) Curiosity sta producendo risultati molto interessanti riguardo a possibili forme di vita, scavando e analizzando le sostanze chimiche trovate nel sottosuolo. Curiosity è atterrato nel 2012 all’interno del cratere Gale, formatosi circa 3,6 miliardi di anni fa. Largo 154 km, esso è stato scelto per la presenza di enormi depositi stratificati di argille e minerali solfati simili ai materiali di un letto lacustre, depositati e poi scavati dall’erosione nel corso di due miliardi di anni.  

Nell’argillite di questo lago disseccato Curiosity ha trovato in diversi campioni da decine a centinaia di piccole molecole organiche, con struttura ad anelli (molecole aromatiche) o filamenti (molecole alifatiche) di carbonio. L’analisi ha rivelato in maniera diretta quelle più abbondanti: molecole aromatiche contenenti zolfo e dette tiofeni. Il tiofene sulla Terra appare presente in piccole percentuali nel petrolio o nel carbone, prodotti dalla decomposizione e fossilizzazione di materiale biologico. La distribuzione in massa delle molecole trovate è simile a quella del cherogene, contenente bitume, che, riscaldato tra 60 e 160 gradi, produce petrolio e tra 150 e 200 gradi produce metano ed etano (gas naturale).

Durante il suo soggiorno su Marte pari a 5 anni terrestri (meno di 3 anni marziani) Curiosity ha misurato anche la variazione dei gas atmosferici, osservando che la quantità di metano presente aumenta con l’inizio dell’estate e diminuisce durante il gelido inverno. Questa variazione è maggiore sia di quella creata dalla degradazione di molecole non biologiche a causa della radiazione UV, sia di quella dovuta alla vaporizzazione di meteoriti che impattano sulla superficie. Una possibile origine di questo metano è naturalmente biologica, come avviene sulla Terra. I dati indicherebbero la sua provenienza da piccole sorgenti localizzate presenti alla superficie o da serbatoi di gas nel sottosuolo.

A questo stadio, tutto ciò che possiamo dire è che in terreni marziani in cui è stata presente acqua allo stato liquido sono state trovate sostanze che sulla Terra derivano dalla decomposizione di materiale biologico e che dal suolo viene prodotto metano in piccole quantità. Possiamo chiederci se questo ci avvicina alla prossima scoperta di tracce di vita su Marte, o se dovremo attendere la missione Mars 2020, a cui collaborano anche astronomi e ingegneri padovani dell'università di Padova, del Cisas (Centro studi e attività spaziali) e dell'Inaf (Istituto nazionale di astrofisica), per avere risposte alla domanda se la vita nel Sistema solare sia una prerogativa esclusiva del nostro pianeta. La ricerca continua.

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