Il celebre cortometraggio “Viaggio nella Luna” di Georges Méliès, del 1902, è considerato il primo film di fantascienza della storia. Una delle sue scene inziali, quella in cui la navicella spaziale si schianta sull’occhio della Luna (dal volto umano), oltre ad essere una delle sequenze più iconiche del cinema mondiale, è un’importante testimonianza della curiosità umana verso lo spazio.
Se nel 1902 viaggiare oltre i confini del pianeta sembrava un’utopia, il 4 ottobre 1957, con il lancio del primo satellite artificiale della storia, lo Sputnik-1, l’umanità dava il via all’esplorazione spaziale.
Sono passati 67 anni da quella data, un arco di tempo in cui, secondo i dati del United Nations Office for Outer Space Affairs, sono state eseguite oltre 12.000 missioni spaziali. Molte di queste rientrano in quella “corsa allo spazio” nata durante la guerra fredda, in cui Stati Uniti e Unione Sovietica si contendevano, oltre al dominio ideologico, la supremazia tecnologica mondiale. Ciò che si assiste in questi ultimi anni, tuttavia, è l’inizio di una nuova era, quella delle satellite mega-constellations (SMCs), ovvero grandi flotte di migliaia di satelliti che operano in orbita terrestre bassa.
L'entrata di aziende private come SpaceX e OneWeb nel settore spaziale, prima dominato da agenzie governative e internazionali, sta portando ad una presenza umana nello spazio sempre maggiore. I dati dello UN Space Object Register restituiscono una chiara fotografia di questo fenomeno: fra il 1960 e il 2016, il numero di “oggetti” (satelliti, razzi e sonde) mandati in orbita era pari a circa un centinaio all’anno; a partire dal 2017, il numero è aumentato a diverse centinaia di lanci, se non a migliaia come accaduto tra 2020 e 2024.
Le possibili ripercussioni delle mega costellazioni satellitari
I vantaggi portati da queste mega costellazioni di satelliti sono ragguardevoli: ampliano, tra le altre cose, i sistemi di comunicazione globali e migliorano il monitoraggio di eventi atmosferici e climatici. Allo stesso tempo, esistono dei rischi che secondo la comunità scientifica non dovrebbero essere trascurabili. Il sempre maggior numero di detriti spaziali potrebbe danneggiare strutture orbitanti operative (come la Stazione Spaziale Internazionale) o rientrare nell’atmosfera in modo incontrollato (è già successo, di recente, con un satellite cinese malfunzionante). L’inquinamento luminoso prodotto dai satelliti, inoltre, sta rendendo più difficoltose le osservazioni astronomiche. C’è poi da considerare un altro pericolo: il possibile danno ecologico di questa espansione spaziale.
Un'immagine della Stazione Spaziale Internazionale. Foto: Nasa
Uno studio del 2024 pubblicato su Nature ha provato a quantificarlo. Analizzando il periodo 2020-2022, i ricercatori hanno redatto un inventario globale delle emissioni di inquinanti atmosferici derivanti dai lanci dei razzi e dal rientro dei residui spaziali. Dalla ricerca emerge quanto gli effetti delle missioni SMCs siano già significativi: nel settore astronautico, circa il 40% delle emissioni nell’atmosfera di monossido di carbonio e CO₂ è imputabile ad esse. Considerando che, entro il 2040, saranno oltre 60.000 i satelliti pianificati per la messa in orbita, è ipotizzabile che questa tendenza sarà al rialzo.
Il lancio di razzi e satelliti genera la produzione di ossidi di alluminio e particolati carboniosi, due particelle che, assorbendo la luce solare in entrata e intrappolando le radiazioni in uscita, contribuiscono a innalzare la temperatura atmosferica. L’incremento termico sarebbe aggravato dal rientro dei detriti spaziali, causando l’emissione di ossidi di azoto e diossidi di carbonio, gas climalteranti che permangono nell’atmosfera per molti anni. Un'altra delle ripercussioni più rilevanti riguarda l’ozonosfera: la combustione dei frammenti orbitali di rientro provoca il rilascio di sottoprodotti chimici (come gli ossidi metallici) che consumano l’ozono stratosferico.
Che cosa si potrebbe fare
I ricercatori, di fronte a queste criticità, pongono degli interrogativi a cui le principali agenzie regolatrici non avrebbero ancora dato risposte totalmente soddisfacenti. Nell'ottobre del 2024, un gruppo di astronomi statunitensi ha firmato un appello, indirizzato alla United States Federal Communications Commission, per richiedere una regolamentazione sul tema. Gli scienziati hanno sottolineato l’urgenza di istituire un ente che disciplini le attività spaziali e che lavori a stretto contatto con i regolatori internazionali.
La strada aperta da SpaceX con il riutilizzo dei vettori spaziali potrebbe rientrare tra alcuni dei rimedi possibili, ma anche questa soluzione non è scevra da ulteriori problematiche. Uno studio pubblicato su Acta Astronautica nel 2024 spiega come questa possibilità potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, in quanto rischia di innescare il cosiddetto “paradosso di Jevon”: un miglioramento nell’efficienza di una risorsa porta ad un aumento del consumo della risorsa stessa. Tradotto: dato il minore impatto dei lanci, derivante dal riutilizzo dei razzi, agenzie e aziende spaziali tenderanno ad aumentare il numero delle missioni, provocando un’impronta ambientale maggiore della situazione precedente. Il lancio di veicoli riutilizzabili potrebbe, quindi, causare un effetto rimbalzo sulle emissioni di inquinanti, aggravando la situazione.
Come ribadito in uno studio pubblicato su Nature dai ricercatori Aaron C. Boley e Micheal Byers, le sfide portate dall’avvento delle mega costellazioni satellitari necessitano di regole e di cooperazione internazionale, al fine di valutare e contrastare i possibili rischi : “Indipendentemente dal contesto legislativo, le mega-costellazioni richiedono un cambiamento di prospettive e politiche: è fondamentale il monitoraggio di singoli satelliti come anche la valutazione di sistemi composti da migliaia di essi, il tutto basandosi sulla comprensione dei limiti ambientali terrestri, incluse le sue orbite”.