SOCIETÀ

Il metodo scientifico e le fake news

Di sicuro la scienza non può risolvere tutti i problemi del mondo. Ma può dare qualche aiuto per un buon numero di essi. Ad esempio quando abbiamo a che fare con la drammatica questione delle bufale e delle post verità che ormai ammorbano la comunicazione e l’informazione a tutti i livelli. Grazie anche all’enorme ed incontrollata diffusione permessa dai social network, bufale e falsità – pur se sempre esistite - sono da tempo uscite dai recinti di ristrette o bizzarre comunità – ebbene sì, esistono i “terrapiattisti” – per divenire strumenti pericolosi che mettono a repentaglio vite umane e la stessa convivenza democratica.

Per combattere questa preoccupante deriva può essere utile ripensare a due elementi che sono alla base del lavoro scientifico: il dubbio e l’errore. Dietro ai prodotti di professionisti e dilettanti della bufala ci sono infatti alcuni aspetti comuni: iper-semplificazione, illusione e “buon senso”. Innanzitutto l’iper-semplificazione della narrazione di vicende e problemi e la conseguente ostilità verso la complessità e lo sforzo necessario a comprenderla e gestirla. L’illusione – creata ad arte - che la rete possa renderci competenti con pochi click e like e quindi il favorire una cultura “usa e getta”, dove la fatica dell’apprendimento viene vista come ostacolo o perdita di tempo e l’autorevolezza dei fatti e dei maestri troppo spesso sostituita dal “l’ho letto su internet”.

Per combattere questa preoccupante deriva può essere utile ripensare a due elementi che sono alla base del lavoro scientifico: il dubbio e l’errore

E infine un crescente ricorso ad un generico “buon senso”, spacciato come patrimonio comune e come antagonista alla competenza di presunte élite che di volta in volta hanno chissà quali interessi da difendere. Attenzione: “buon senso” che non è la saggezza che si costruisce con l’esperienza, con la tradizione, con l’insegnamento, ma una pericolosa scorciatoia basata sul sentito dire, che ha come inevitabile conseguenza il rifiuto di tutto ciò - persone, situazioni…- che è diverso da noi, dalla nostra esperienza locale, dal piccolo recinto del nostro modo di vivere e di pensare.

Rifiuto che poi contribuisce alla logica del “O con me o contro di me”, ad una sempre maggiore propensione alla credulità e all’accettazione supina di qualsiasi bufala, anche le più pericolose. Di fronte a questa vera e propria emergenza la scienza può dare un contributo riproponendo due concetti che le appartengono e che l’hanno fatta crescere: il dubbio e l’errore.

Dubitare e quindi anche sbagliare, verificare e pretendere che le affermazioni siano supportate da fatti, essere pronti a riconoscere i propri errori ed in generale il valore dell’ ”ignoranza costruttiva” (quella cioè che si colma con l’istruzione e l’apprendimento) sono passaggi fondamentali per il progresso della conoscenza scientifica, ma in generale anche per crescere.

La scienza quindi fa tesoro del dubbio e non si vergogna dell’errore che inevitabilmente accompagna qualsiasi attività umana,

Il dubbio, come diceva il fisico premio Nobel Richard Feynman, non deve incutere timore, ma deve essere accolto come una preziosa opportunità. È il dubbio, anche nei confronti di quelli che appaiono come concetti granitici e risultati solidi, il principale motore per nuove scoperte. È anche grazie al dubbio nei confronti di una teoria come la relatività galileiana, che resisteva da secoli e che descriveva molti aspetti della natura e della tecnologia, che nasce la rivoluzione della relatività di Einstein.

La scienza quindi fa tesoro del dubbio e non si vergogna dell’errore che inevitabilmente accompagna qualsiasi attività umana, anzi. Il fisico Enrico Fermi aggiunse un’“errata corrige” alla lezione magistrale che diede in occasione del premio Nobel. Fermi pensava che tra i risultati delle sue ricerche vi fosse anche la scoperta di nuovi elementi “transuranici”, più pesanti dell’uranio. Solo pochi mesi dopo, però, altri fisici capirono che non erano elementi più pesanti dell’uranio, ma un processo mai fino ad allora descritto: la fissione nucleare, la rottura del nucleo originario in frammenti più piccoli. Fermi non l’aveva colto, e lo ammise con sincerità. A causa di questo pensiamo che Fermi sia stato meno bravo? No di certo! Rimane uno dei fisici più brillanti di sempre. Un errore che nulla toglie alla grandezza del suo lavoro e al suo Nobel. Anzi, la sua statura è ancor di più esaltata dall'aver saputo riconoscere l’errore.

D’altro canto dubbio ed errore sono costituenti fondamentali del metodo scientifico, grazie al quale nella scienza moderna procede il processo di conoscenza. Metodo scientifico che è basato sull’osservazione, sulla formulazione di ipotesi e modelli che spieghino l’osservazione e siano in grado di prevederne altre e sulla verifica delle ipotesi con esperimenti riproducibili. Nel quale quindi la capacità di dubitare, di riconoscere e gestire gli errori non è un limite, ma una garanzia di credibilità e affidabilità ed il principale motore per nuove scoperte. Ciò che distingue la scienza, quella vera, dalle pseudoscienze. Offrire e pretendere interpretazioni basate sui fatti, verificare, rifiutare teorie basate solo sull’autorità o sul sentito dire, riconoscere la complessità delle situazioni e rifuggire dalle eccessive semplificazioni, in altre parole riconsiderare il metodo scientifico – e di conseguenza il valore del dubbio - per l’interpretazione del mondo e delle sue vicende e per l’approccio alla nostra informazione quotidiana può essere anche uno strumento potente per liberarsi dalla tirannia delle bufale e delle post-verità.

Ricordando che ai tempi di Galileo l’affermarsi del metodo scientifico è stata una rivoluzione, perché si sono poste le basi di un sistema di conoscenza fondato sul dubbio, sulla critica e sui fatti, e non sulla cieca fede nell’autorità. Una conquista che non va data per scontata. Sia perché la storia ci insegna che può essere messa in discussione – anche con conseguenza tragiche – sia perché oggi l’autorità che impone un credere fideistico può avere contorni più subdoli, come ad esempio quelli di un sistema di comunicazione che solo apparentemente ci trasforma in competenti e giudici, ma che in realtà ci priva della nostra autonomia di giudizio e controllo e in ultima analisi ci rende schiavi. Dubitare, studiare, farci accompagnare dai maestri e crescere nella conoscenza e nella capacità di interpretare autonomamente le vicende sono grandi momenti di libertà, da preservare gelosamente.

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