“Immaginavi forse che il mondo fosse fatto per voi? Sappi che nelle opere, negli ordini e nei procedimenti miei, tranne pochissimi, ebbi e ho intenzione sempre a tutt’altro che alla felicità o all’infelicità degli uomini”, così la Natura si rivolge all’errante Islandese in una delle più celebri operette morali di Leopardi, e prosegue “Quando io vi danneggio, in qualunque modo e con qualsiasi mezzo, non me n’accorgo, se non rarissime volte, come, di solito, se vi diletto o vi benefico non lo so e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose o quelle tali azioni per dilettarvi o giovarvi. E infine, se anche mi capitasse di estinguere tutta la vostra specie, non me ne accorgerei”. La convivenza tra l’uomo e la natura è per definizione una relazione difficile e precaria, in cui l’uomo rappresenta il polo più debole, cosa che spesso si tende a dimenticare. Non è, e non possiamo pretendere che sia, un rapporto alla pari. Accecati da una prospettiva antropocentrica, ci dimentichiamo spesso che il nostro impatto sul mondo ha delle conseguenze che inevitabilmente incideranno sulla natura e rimbalzeranno su di noi.
Secondo il report dell’Onu presentato il 6 maggio a Parigi da Ipbes (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), l’impatto dell’uomo su terre, mari e cieli ha conseguenze di portata enorme: oltre un milione di specie animali e vegetali sono a rischio estinzione, dunque ben un ottavo di quelle attualmente presenti sul pianeta. Centinaia di esperti hanno collaborato alla stesura di questa ricerca, che vuole soprattutto essere un monito per la politica: se si comincia ad agire subito, invertendo la marcia rispetto al sovrasfruttamento della natura che negli ultimi anni si è intensificato a dismisura, cambiare le cose è ancora possibile.
“ Non è troppo tardi per agire, ma solo se iniziamo a farlo ora, a tutti i livelli, da quello locale a quello mondiale Robert Watson, presidente di Ipbes
Secondo lo studio le responsabilità maggiori sono da attribuire allo sfruttamento intensivo del territorio (deforestazione, attività mineraria, urbanizzazione, ecc.) e allo sfruttamento di attività quali caccia e pesca; molto rilievo hanno inoltre il cambiamento climatico e tutte le forme di inquinamento, in costante aumento.
In sintesi l’uomo sta prosciugando le risorse del pianeta, rotta che secondo gli esperti dev’essere invertita al più presto, poiché la salvaguardia della nostra specie passa per la salvaguardia della biodiversità.
Il 22 maggio si celebra la Giornata mondiale della biodiversità, istituita dall’Onu col fine di sensibilizzare l’opinione pubblica su questa tematica, spesso messa in secondo piano. La data è stata scelta per ricordare l’entrata in vigore della Convenzione per la Diversità Biologica (CDB), il 22 maggio 1993, che di fatto si è concretizzata nel Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza. Il prossimo anno inoltre si tireranno le somme relative all’adozione del Piano strategico per la biodiversità per il periodo 2011-2020, che si era posto alcuni obiettivi strategici e operativi per arginare il problema.
Il messaggio che è necessario far arrivare è che la salvaguardia della biodiversità è una questione di cui ognuno di noi deve assumersi una piccola parte di responsabilità, essa infatti è fonte di beni che direttamente o indirettamente incidono sulla prosperità dell’uomo. Se vogliamo assumerci il diritto di sfruttare le risorse del pianeta, la protezione e l’uso sostenibile della natura sono un nostro dovere.