CULTURA

Il Muro di Berlino e il sogno di una Germania unita

Alla fine del secondo conflitto mondiale, la Germania era profondamente segnata dalla fame e dalla povertà. Dopo il passaggio dell'Armata rossa, che aveva liberato il popolo dal nazismo, lasciandosi alle spalle una sequela di saccheggi e di vendicative violenze sessuali - celebre e temuta divenne la frase, nel tedesco semplificato del soldato sovietico, "Frau komm" - gli alleati si spartirono quello che restava del terzo Reich: posero sotto il proprio controllo lo stato tedesco dividendolo, rendendolo ancora più debole, e dandogli il ruolo storico di simbolo dello scontro ideologico tra il capitalismo consumistico e il socialismo sovietico. Il clima di tensione che ne seguì caratterizzò i rapporti tra il blocco di potenze occidentali da una parte e l'Unione sovietica dall'altra: la Guerra fredda, della silenziosa corsa agli armamenti nucleari, si sarebbe conclusa solo nel 1991 con la dissoluzione dell'Urss.
 

Nel 1949, quindi, nacquero due stati la Repubblica democratica tedesca (Rdt) ad est e la Repubblica federale tedesca (Rft) ad ovest, rispettivamente controllate dall'Urss e dal blocco occidentale (Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia), anche Berlino subì la stessa sorte. Negli anni '50 comunque gli scambi fra Est e Ovest erano intensi, così come i passaggi delle persone che si recavano a occidente per lavoro o in visita, nel frattempo due diversi stili di vita si andavano delineando. Tra il 1949 e il 1961 fuggirono dalla Rdt circa due milioni e mezzo di persone, finché il 13 agosto 1961 venne eretto il muro di Berlino. Nel giro di una notte si interruppero le linee di trasporto, le fognature e le linee elettriche: una striscia di 1.400 km che attraversava persino le case. Fra il 1962 e il 1989 il numero di fuggitivi calò a 50mila. 
 

La caduta del muro 

Prima della caduta fisica del muro, fu l'ideologia che ne costituiva le fondamenta a cedere. L'élite del SED (Partito di unità socialista di Germania) si rifiutava di vedere il malumore che serpeggiava tra il popolo, specialmente tra gli operai e i lavoratori che denunciavano le condizioni di arretratezza dei macchinari e di pericolosità del lavoro

Intanto Mikhail Gorbaciov, segretario generale del partito comunista dell'Unione sovietica dal 1985, continuava a perseguire la sua politica basata sulle due famose parole d'ordine: perestrojka, ristrutturazione e riorganizzazione dell'economia, della politica e della società sovietiche e glasnost, trasparenza di informazione. Lo statista era il perpetuatore di quella che più avanti venne ribattezzata scherzosamente la "dottrina Sinatra", dalla canzone dell'artista intitolata I did it my way, per indicare che le ingerenze dell'Urss negli affari interni degli stati satellite non erano compatibili con la nuova politica sovietica.

Nel maggio 1989 l'Ungheria aveva aperto i suoi confini con l'Austria diventando un punto di transito per i tedeschi che dall'est fuggivano a ovest, a settembre in Polonia si era instaurato il primo governo non comunista, Gorbaciov aveva rapporti con Washington e con la Rft. Insomma, c'erano tutte le condizioni perché il cambiamento investisse anche la Rdt: il 4 novembre 1989 venne autorizzata la prima contestazione dopo 40 anni.  

Infatti, dopo aver destituito in ottobre il precedente segretario generale della Sed, Erich Honecker, che non era stato in grado di far fronte alla crisi del sistema socialista, il successore Egon Kraz, il 3 novembre, consapevole che questa fosse l'unica misura in grado di calmare i cittadini, aveva annunciato la volontà di regolamentare gli spostamenti da est verso ovest, dando quindi l'idea di voler dare al popolo tedesco la possibilità di viaggiare e spostarsi, anche per interessi privati, senza controlli.

Tuttavia cercò di fare marcia indietro ponendo dei limiti di tempo ai viaggi e la necessità di un permesso, perché le casse dello Stato erano vuote e i tedeschi dell'est che si sarebbero recati nella Rft avevano bisogno di valuta. In un primo momento Krenz aveva chiesto aiuto anche al suo corrispettivo occidentale Helmut Khol, che si disse disposto ad aiutarlo solo se avesse rinunciato a perseguire giuridicamente i cittadini che erano riusciti a entrare nella Rfte a cui era stata concessa automaticamente la cittadinanza tedesco-occidentale

BBC News 9 Novembre 1989

La situazione dopo la protesta del 4 novembre precipita velocemente: i cittadini domandano maggiori libertà, di spostamento innanzitutto. Quello che segue è una serie di rocamboleschi escamotage, alla ricerca di un compromesso che soddisfi il popolo, ma che permetta alla Rdt di mantenere il proprio controllo e prestigio. Tuttavia il 9 novembre un impreparato Gunter Schabowski, portavoce del governo, durante una conferenza stampa dichiara l'intenzione di permettere i viaggi privati senza restrizioni e alla domanda di un giornalista italiano su quando entrerà in vigore il provvedimento, risponde: "Immediatamente!".


I berlinesi dell'est si riversarono in strada la sera stessa cercando di passare attraverso i blocchi della polizia, gli agenti inizialmente respinsero la gente, ma poi, per non causare una sanguinosa carneficina con le armi da fuoco, si dovettero arrendere alla fiumana di persone che da ovest urlavano: "Fateci entrare!" e che da est rispondevano: "Fateci uscire!

Il mito di Berlino Est

  Il film Goodbye, Lenin! ha sicuramente segnato l'immaginario comune dandoci un'idea di quello che poteva significare vivere a Berlino Est: la dedizione per il partito, l'industrializzazione e il forte inquinamento, i prodotti tipici (molti dei quali sparirono in seguito alla caduta del muro perché non ressero la concorrenza dei prodotti occidentali) e l'arretratezza tecnologica. Memorabile la scena in cui un grandissimo stendardo della Coca-cola viene srotolato sul palazzo davanti alla casa della madre del protagonista, che, essendo finita in coma, non ha vissuto l'evento storico di portata mondiale del 9 novembre 1989. Il figlio per tutta la durata della pellicola cerca di ingegnarsi per ricreare la Rdt in cui era vissuta la madre, in modo da evitarle il trauma che le causerebbe la notizia dell'avvento del capitalismo.   

«Scusi dove posso trovare Mocca-Fix?» «Fuori commercio» «Cetrioli Spreewald?» «Ma dove diavolo vivi, sulle nuvole? Moneta nuova, vita nuova, non mi dire che hai ancora lo stomaco di mangiare quelle porcherie!» Dialogo tra il protagonista e una commessa che sta attaccando i prezzi ai nuovi prodotti, dal film Goodbye, Lenin! (2003)

Ma qual era la vita per un berlinese dell'est? B. H., 52 anni, è un’insegnante e funzionaria tedesca che è nata e cresciuta in quella zona: “Quando sono nata c’era già il muro, perciò non sapevo come fosse vivere senza, non sapevo cosa ci mancasse e cosa ci fosse al di là di quello. Le persone dell’est non potevano andare a ovest, solamente i pensionati perché non lavoravano più. Mia nonna, che era in pensione, andava a Berlino ovest per fare visita a una sua amica e ci portava dei regali, prodotti che non si trovavano a Berlino Est, infatti non tutto veniva venduto nei nostri negozi: ad esempio la nutella e non sempre erano disponibili  le banane. Era come se i berlinesi dell’ovest vivessero in un’isola, i ragazzi non dovevano andare a fare il soldato. Da noi invece era obbligatorio imparare il russo e non era possibile esprimersi negativamente sulle politiche del governo”.


Suo marito, I. H. di 53 anni è cresciuto a Rostock, nella Germania dell'est e a 20 anni si è trasferito a Berlino: "Lì si viveva comunque meglio che ne alle altre città dell'est che erano meno fornite di prodotti". La moglie aggiunge: “Noi non eravamo liberi di viaggiare ovunque e chi proveniva da certi paesi non poteva entrare, però io feci comunque molti viaggi in Germania e in Polonia”.

Trailer del film Goodbye, Lenin! (2003)

B. H. spiega che "ci furono molti momenti tragici sia quando venne costruito che quando cadde" e continua il suo racconto su quella notte storica: "Durante la caduta provai imbarazzo a causa del comportamento di alcune persone che davano l’impressione che la vita a est fosse molto brutta e aspettavano solamente di prendere i 100 DM di benvenuto, i Begrüßungsgeld. Io, personalmente, avevo paura per il mio futuro… non sapevo cosa mi sarebbe accaduto, avevo studiato per diventare professoressa, ma dopo la caduta del muro ho dovuto sostenere di nuovo alcuni esami perché non accettavano i certificati della Germania dell’est, anche se oggi si dice che la nostra formazione fosse migliore. I miei genitori persero il lavoro, anche loro erano professori a est ed erano molto vicini allo Stato, che decideva cosa avrebbero dovuto insegnare. Tutte le persone che avevano lavorato per lo Stato non poterono svolgere lo stesso impiego dopo la caduta del muro, perché si aveva paura che perpetuassero l’ideologia dell’est”.
 

La costruzione del Muro, alla fine, era ancora vista da molti tedeschi come: "Ce lo meritiamo, abbiamo perso la guerra. Questo è il prezzo che il perdente deve pagare." Era una sensazione tra risentimento e impotenza. I. S. berlinese classe 1938

Un articolo del Süddeutsche Zeitung del 3 ottobre scorso titola: "Perché l'unità tedesca è una bugia" e afferma che è ancora lunga la strada per la reale unità della Germania, perché non venne integrata l'esperienza politica dell'est nella nuova Germania. B. H. sostiene che: “Oggi a Berlino non si percepiscono più le differenze di un tempo, ma nel resto della Germania sì. Si utilizzano ancora molte parole che si utilizzavamo solo ad est e i salari sono più alti a ovest”.


La figlia, F. H. di 23 anni, ci racconta: “I miei genitori quando conversano con qualcuno molte volte si esprimono sugli altri definendoli “wessi” cioè cresciuti all’ovest o “ossi” se originari dell’est, ma dai ragazzi della mia generazione questi modi di dire non sono più usati e questo modo di pensare è sparito. Secondo me le differenze linguistiche sono dovute al fatto che ogni regione ha il proprio linguaggio”.
 

Poiché l'esercito nazista aveva commesso atrocità spietate in Russia, i sovietici volevano vendetta, perciò nessun tedesco voleva rimanere nelle zone occupate da loro. Le forze alleate erano più focalizzate sulla destabilizzazione degli stati socialisti I. S. berlinese classe 1938

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