La cattedra di Galileo Galilei all'università di Padova. Foto: Massimo Pistore
C’è un Galileo Galilei musicista, e non solo astronomo, fisico e matematico. E poi c’è un Galileo figlio e fratello, zio e padre. C’è una sfera privata, una quotidianità familiare che circonda l’immagine pubblica di uno dei più grandi scienziati della storia dell’umanità. Un giovane che si esercitava a “toccar i tasti e il liuto”, investito dalla stessa passione musicale, ereditata dal padre Vincenzo, che condivideva con il fratello minore Michelangelo. La pratica musicale era un’ordinaria consuetudine in casa Galilei.
Suo padre Vincenzo, compositore all’avanguardia e virtuoso del liuto, fu uno dei più influenti teorici della musica della sua epoca. Aveva studiato a Venezia con il maestro Gioseffo Zarlino, eminente teorico con cui più tardi sarebbe entrato in disputa, e aveva esercitato come maestro di musica a Pisa. Nel 1568 aveva pubblicato a Venezia Fronimo, un trattato in forma dialogica (formula usata in seguito anche dal figlio Galileo) sull’arte dell’intavolatura per il liuto. Nella sua seconda edizione, quella del 1584, questo libro sarebbe divenuto uno dei trattati più famosi mai scritti sull’argomento.
Nel 1570 Vincenzo si era trasferito a Firenze con la moglie Giulia Ammannati, dalla quale aveva avuto il primogenito Galileo nel 1570, quindi gli altri figli Benedetto, Virginia e Anna. Nel 1575, già a Firenze, nacque Michelangelo, seguito negli anni successivi da Livia e forse da un’ultimogenita, Lena. A Firenze, grazie alla protezione del conte Giovanni Bardi, che aveva radunato attorno a sé la Camerata fiorentina, Vincenzo ebbe modo di approfondire gli studi musicali e di fare propria la ricerca di una perfetta adesione ai modi esecutivi dell’antichità greca. Su questo argomento pubblicò nel 1581 il Dialogo della musica antica, et della moderna, alla cui base stava la propria convinzione, condivisa con la Camerata de’ Bardi, della superiorità della monodia sulla polifonia. Secondo Sergio Durante, docente di musicologia e storia della musica all’università di Padova, la sua era una posizione “profondamente moderna per l’epoca, che partiva dalla rilettura dell’antico per affermare il primato di una musica più semplice e comprensibile”.
Oltre alla passione musicale, gli scritti di Vincenzo testimoniano un’altra eredità, un lascito, il più prezioso, al figlio Galileo: una straordinaria inclinazione alla sperimentazione scientifica, che l’aveva spinto a usare la pratica strumentale per stabilire la diversa percezione di assonanze e dissonanze, come espresso già nel Fronimo, ad esempio. Ma non solo. Accantonata la teoria pitagorica usata nel medioevo, per gli esperimenti che condusse nel 1588 Vincenzo utilizzò i nuovi principi fisici basati sull’opera di Aristosseno. Suo figlio Galileo, che all’epoca si stava già dedicando allo studio della matematica, abitava ancora nella casa di famiglia; è più che plausibile che abbia dunque assistito il padre nel corso degli esperimenti sul suono e che questa condivisione sia stata determinate per formarne la propensione a risolvere i problemi teorici attraverso prove empiriche sperimentali, combinando considerazioni pratiche e teoria.
In questo contesto, secondo Dinko Fabris (università della Basilicata) “è difficile scindere la biografia di Galileo Galilei dal suo lavoro, denso di riferimenti a strumenti, corde e musica”. Come nel suo Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, nel quale introduce alcune magnifiche intuizioni, come la “natura visuale del suono”, e descrive la diffusione del suono attraverso una struttura di cerchi concentrici simili a quelli formati da un sasso lanciato in acqua.
Meno propensione teorica e più esecutiva, eppure finissima, caratterizzava la personalità del fratello minore di Galileo, Michelangelo, che già a 9 anni era un esperto compositore e un abile liutista. Dopo la morte del padre, il fratello maggiore si prese cura di Michelangelo, che gli diede non pochi grattacapi, non solo nella prima giovinezza. Poiché il giovane stentava a trovare lavoro in patria, Galileo lo ospitò nella sua casa a Padova e nel ’93 gli trovò un’occupazione, prima in Polonia e più tardi a Firenze alla corte medicea. Ma l’inquieto Michelangelo non riuscì a mantenere a lungo nemmeno l’impiego in Toscana, così Galileo dovette sobbarcarsi le spese di un altro viaggio in Polonia del fratello. Nell’arco di due anni Michelangelo si sarebbe però già trasferito in Lituania. Successivamente, nonostante il rapporto fra i due fratelli si fosse ormai incrinato, il maggiore lo ospitò nuovamente a Padova; il più giovane si trasferì da lì a Monaco di Baviera per lavorare come musicista di corte. In Germania, la nascita di otto figli non portò solo gioia alla famiglia di Michelangelo, ma anche un duro colpo alle finanze, gettandola nella miseria. Una condizione alla quale si aggiungevano debolezza caratteriale e il vizio del bere. Michelangelo morì prima del fratello Galileo, lasciandogli in eredità il dovere di sostentare la vedova e i nipoti, fra i quali diversi si sarebbero dedicati alla musica. E proprio con i nipoti, turbolenti alcuni quanto il padre, si esaurì la vena musicale di casa Galilei. Famiglia di straordinari personaggi e di ordinaria umanità.
Chiara Mezzalira