Ormai non è più questione di se, ma di quando. L’uomo tornerà sulla Luna. A quasi 50 anni di distanza dal primo allunaggio – con la missione Apollo 11 – mai l’attenzione sul nostro satellite è stata così alta. Una sorta di parossismo scientifico e tecnologico, legato a un motivo fondamentale e ad alcuni corollari. Proprio oggi la Nasa ha annunciato i nuovi partner privati commerciali per riportare l'uomo oltre l'atmosfera terrestre. Sono decenni, da quando la Luna perse d'interesse politico che l'uomo non supera il confine dell'orbita bassa terrestre.
Senza ombra di dubbi la Luna è una tappa fondamentale per testare a fondo le tecnologie che saranno poi alla base della colonizzazione ultima dell’uomo: quella di Marte. Il Pianeta rosso (già al centro di numerose missioni scientifiche di preparazione) non sarà raggiungibile se non grazie ai progressi che si faranno a 300mila chilometri di distanza dalla Terra. Un binomio inscindibile, anche nella titolazione usata dalla Nasa: “Explore Moon to Mars”, così si chiama infatti il progetto che ingloba il concetto di esplorazione lunare come uno step necessario e imprescindibile per portare l’uomo ben più lontano all’interno del nostro Sistema solare.
Ma il concetto è chiaro e soprattutto ben esemplificato nel documento ufficiale prodotto dall’agenzia spaziale americana. È infatti il National Space Exploration Campaign Report, pubblicato a settembre 2018, a spiegare la roadmap della conquista della Luna con anche numerosi dettagli tecnici. In quattro sezioni la Nasa snocciola quello che chiama “la risposta alla chiamata di Trump” che nel 2017 firmò il documento che autorizzava la Nasa a rilanciare l’esplorazione dello spazio. Un new deal, dopo il celebre discorso di Kennedy, chiamato, poco poeticamente, “space policy directive-1”.
“Gli astronauti che arrivarono per primi sulla Luna lasciarono solo impronte e poco più – dice la Nasa nel documento – ma il nuovo impulso esplorativo sarà sostanzialmente diverso”. È nero su bianco: la Nasa si propone di creare e occupare una stazione orbitante attorno alla Luna a partire dal 2023 e di riportare gli astronauti sulla superficie del satellite non più tardi del decennio 2020-2030.
La stazione orbitante. Si chiamerà The Gateway e non manderà in pensione la ISS (la stazione spaziale internazionale), ma porterà la convivenza dell’uomo nello spazio a un livello superiore. La piattaforma sarà infatti un punto focale per permettere agli astronauti una futura permanenza maggiore sulla Luna e garantire loro una maggiore sicurezza e dei tempi di andata-ritorno dalla Terra più accettabili. Non solo: “Sul Gateway gli americani e i loro partner si prepareranno per le missioni nello spazio profondo, testando strumenti fondamentali per il futuro viaggio di esplorazione verso Marte”. Di fatto sarà la base d’appoggio, logistica, per l’insediamento stabile sulla Luna e per comunicare – con in mezzo l’ISS – con la Terra.
Gateway sarà assemblato direttamente nello spazio e i materiali saranno inviati grazie alla nuova generazione di vettori spaziali: la classe Orion, attualmente in fase di test sulla Terra. Il Gateway sarà formato da 4 moduli, di cui uno abitativo e gli altri per la logistica-robotica e per la propulsione e l’approvvigionamento di energia solare.
Con il “portale” in funzione, la strada per la superficie lunare dovrebbe essere spianata. I primi ad arrivare saranno i robot, fondamentali per realizzare le prime infrastrutture di base. Poi arriveranno anche gli umani, grazie a un lander in grado di trasportare persone per iniziare una serie di missioni a lungo termine.
E la famosa base lunare? Per parlarne nel concreto è ancora presto: gran parte delle missioni con equipaggio umano dal 2026 in poi serviranno per carpire informazioni fondamentali su quanto la Luna possa essere effettivamente in grado di ospitare stabilmente l’essere umano. Lo dice anche la Nasa, spiegando come si stia ancora cercando di comprendere come alimentare una stazione lunare e come garantire la sopravvivenza degli astronauti. Certo: le speculazioni ci sono. Si parla di realizzare il complesso all’interno dei tunnel presenti sotto la superficie lunare. Di conseguenza si abiterebbe sotto il livello del terreno (un po’ come ipotizzato anche per Marte) protetti da uno strato di cemento e di acqua per contrastare gli effetti delle radiazioni solari e per proteggersi anche dai meteoriti che avrebbero vita facile senza una barriere come l’atmosfera terrestre. Illazioni, più o meno. O meglio: siamo in un terreno ancora a metà strada tra scienza e fantascienza. Manteniamo, per ora e ancora i piedi sulla Terra.