SCIENZA E RICERCA

Il sonnellino pomeridiano? Le ragioni sono almeno in parte genetiche, ma occhio a non esagerare

C’è chi vi si abbandonerebbe volentieri anche tutti i giorni e vive il sonnellino pomeridiano come un momento di relax utile per affrontare le attività pomeridiane successive e c’è chi invece non lo apprezza perché non ne sente la necessità o perché al risveglio fatica a tornare produttivo negli studi o nel lavoro. Quella di schiacciare un pisolino dopo pranzo è un’abitudine che può variare molto da una persona all’altra e si intreccia anche a consuetudini più ampie, legate anche a fattori culturali e climatici.

Fare la pennichella pomeridiana è infatti un’usanza particolarmente diffusa nei Paesi caldi. Ma lo è anche in Giappone, dove si chiama inemuri e viene declinata in un modo peculiare: ci si addormenta frequentemente in pubblico e, in un Paese caratterizzato da ritmi di lavoro così intensi da impedire alla maggioranza della popolazione di dormire un numero sufficiente di ore, crollare dal sonno diventa un segno di onore, la prova che si è esausti perché ci si è dedicati con dedizione e impegno alle proprie attività.

Ma la necessità di fare una siesta dipende in buona parte anche dai nostri geni. E’ la scoperta a cui è giunto uno studio, condotto dai ricercatori del Massachusetts General Hospital, insieme ai colleghi dell'università spagnola di Murcia e diverse altre istituzioni, che aveva l’obiettivo di identificare i fattori genetici associati alla tendenza a fare i sonnellini durante il giorno.

La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications, si è avvalsa dei dati della biobanca del Regno Unito, che include informazioni genetiche di 452.633 persone di origini europee. A tutti i partecipanti è stato chiesto di riferire la frequenza dei loro sonnellini pomeridiani scegliendo tra tre possibili opzioni di scelta che erano "mai o raramente", "a volte" o "di solito". A più di 100.000 partecipanti della Biobank britannica sono stati inoltre fatti indossare per una settimana degli appositi dispositivi di actigrafia, con l'obiettivo di avere una conferma che le auto-segnalazioni fossero accurate.

Attraverso uno studio di associazione genome-wide, approccio che permette di valutare su larga scala i fattori genetici che sono alla base della comparsa di alcune malattie, è stato possibile identificare 123 regioni del genoma umano collegate al sonnellino diurno e in particolare alla frequenza con cui questa abitudine si manifesta.

Dalla ricerca è inoltre emerso che alcuni geni collegati alla tendenza a fare spesso la pennichella pomeridiana sono associati a disturbi cardiometabolici ed è stata avanzata l’ipotesi che fare frequenti sonnellini diurni amplifichi fattori di rischio come l'aumento della pressione sanguigna e della circonferenza della vita. Questo specifico punto, precisano gli autori dello studio, necessita di essere ulteriormente indagato e anche in letteratura le ricerche che hanno provato a mettere in correlazione il rischio cardiovascolare con le abitudini della siesta pomeridiana hanno prodotto risultati contrastanti su cui incidono diversi fattori, come le caratteristiche stesse del campione di persone preso in considerazione. 

A rafforzare l’idea che la frequenza del sonnellino pomeridiano sia strettamente collegata a ragioni genetiche è anche il fatto che i ricercatori hanno replicato in modo indipendente i loro risultati attraverso l'analisi dei genomi di un campione di 541.333 persone fornito da 23andMe, una società privata californiana a cui è possibile inviare il proprio DNA per scoprire la propria discendenza e avere informazioni sulla predisposizione genetica rispetto a determinate malattie.

Inoltre, un numero significativo di geni vicino o in corrispondenza delle regioni identificate dallo studio di associazione genome-wide, è già noto per svolgere un ruolo nelle abitudini legate al sonno. Un esempio è KSR2, un gene il cui legame con il sonno, ma anche con problemi metabolici, è stato messo in evidenza anche da precedenti studi sul bisogno di dormire durante il giorno. 

Ma che abitudini sono emerse dalle risposte dei partecipanti? Il 38,2% ha riferito di dedicarsi al sonnellino pomeridiano qualche volta, mentre il 5,3% ha riferito di farlo quotidianamente. Scavando a fondo nei dati i ricercatori hanno identificato tre potenziali meccanismi che guidano la necessità di un pisolino: da un lato il bisogno di compensare un risveglio particolarmente mattutino o di recuperare se la notte precedente si è dormito poco o male, ma dall'altro lato è emersa anche una vera e propria maggiore propensione al sonno da parte di alcune persone rispetto al resto della popolazione.

"Era importante cercare di districare i percorsi biologici che contribuiscono al motivo per cui dormiamo", ha affermato Hassan Saeed Dashti del Massachusetts General Hospital Center for Genomic Medicine e principale coautore dello studio, spiegando che i risultati dicono che "il sonnellino diurno è guidato biologicamente e quindi non è solo una scelta ambientale o comportamentale".

"Questo studio rinforza quello che la ricerca sul sonno ha descritto da anni: il nostro sonno è in parte regolato geneticamente. Tra l’altro nel 2017 il premio Nobel è andato agli scopritori delle basi genetiche del nostro ritmo circadiano e in queste basi genetiche c’è anche il sonnellino pomeridiano", ha commentato a Il Bo Live il professor Giuseppe Plazzi, presidente dell'Associazione italiana di medicina del sonno e responsabile dei laboratori per lo studio e la cura dei disturbi del sonno dell’università di Bologna. 

 

Il professor Giuseppe Plazzi, presidente dell'Associazione italiana di Medicina del Sonno, commenta lo studio che ha identificato fattori genetici alla base di una maggiore propensione al sonnellino pomeridiano. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

Per ricostruire i motivi che hanno portato a "scrivere" nel nostro DNA le abitudini legate al sonnellino pomeridiano bisogna andare molto indietro nel tempo. "Il sonno per i nostri antenati - spiega il professor Giuseppe Plazzi - non era un momento tutto unico durante la notte, ma era distribuito durante la giornata. Nella notte avevamo un periodo di veglia, in prossimità del mattino, in cui ci preparavamo alla giornata e poi quando la temperatura pomeridiana aumentava, visto che l’uomo proviene da Paesi estremamente caldi, c’era questo sonnellino pomeridiano che è arrivato fino a noi. L’abitudine alla siesta può essere in parte un vantaggio anche se questo studio sembra invece suggerire che la pennichella pomeridiana in qualche modo ci esponga a un maggiore rischio per il sistema cardiocircolatorio e quindi per la nostra salute più in generale. Avere una pressione arteriosa mal regolata può esporre i nostri organi più importanti a un maggiore deterioramento".

Come già detto in precedenza sull'associazione tra l'abitudine al sonnellino pomeridiano e un maggiore rischio per la salute sono necessarie ulteriori ricerche. Nello studio pubblicato su Nature Communications si legge inoltre che i partecipanti che hanno riferito di fare la pennichella quotidianamente erano più spesso maschi, di età più avanzata, fumatori e con un maggiore indice di massa corporea, fattori che già da soli espongono a un pericolo superiore per il sistema cardiovascolare. Gli effetti del sonnellino diurno sulla salute sono insomma ancora dibattuti e secondo Marta Garaulet, coautrice della ricerca, l'orizzonte futuro potrebbe essere quello di "sviluppare raccomandazioni personalizzate per la siesta". 

Ma se una persona ha problemi di insonnia come deve regolarsi? Può cercare di compensare la stanchezza provando a dormire qualche ora di giorno? "Chi soffre di insonnia ad uno stadio iniziale dovrebbe evitare il sonnellino pomeridiano, a meno che non sia un’abitudine già radicata. Il rischio altrimenti è proprio quello di peggiorare l’insonnia serale. Se invece una persona ha sempre avuto l’abitudine di fare il sonnellino pomeridiano non è una pratica deleteria, anche dal punto di vista delle nostre performance, purché sia breve", precisa il professor Plazzi.

Bisogna infatti avere l'accortezza di limitare la durata della pennichella e "fare in modo che non superi i 15-20 minuti. Dobbiamo evitare di entrare nel sonno profondo dal quale difficilmente ci svegliamo di buon umore e con una mente pronta e lucida per le attività della giornata", conclude il presidente dell'Associazione italiana di medicina del sonno.

Sappiamo inoltre quanto il sonno notturno sia importante per il consolidamento della nostra memoria e quanto purtroppo la nostra capacità di ricordare tenda ad essere meno efficace con l'avanzare dell'età. Secondo un recente studio pubblicato sul British Medical Journal anche il sonnellino pomeridiano può aiutare: la ricerca è stata condotta in Cina su un campione di oltre 2 mila persone in età avanzata e ha dimostrato che i soggetti inclini al pisolino esprimevano migliori funzioni cognitive, in termini di memoria, orientamento e linguaggio. L'aspetto negativo emerso dallo studio è però che le persone con l'abitudine di fare il sonnellino avevano anche un livello più alto di trigliceridi.

Tra i sostenitori della pennichella troviamo poi personaggi come Margaret Thatcher e Winston Churchill. Ma anche Albert Einstein. Il grande scienziato era solito dormire almeno dieci ore al giorno e al sonno notturno aggiungeva delle brevi pennichelle pomeridiane. Secondo una leggenda apocrifa, riporta la Bbc, per assicurarsi di non esagerare si adagiava sulla poltrona con un cucchiaio in mano e un piatto di metallo posizionato direttamente sotto. In questo modo si concedeva di appisolarsi per qualche momento, fino a quando il cucchiaio gli cadeva di mano e veniva svegliato dal rumore. 

Oggi a guardare positivamente il riposino pomeridiano, sono anche alcune importanti aziende internazionali che lo promuovono come un modo per aumentare produttività e creatività. La stessa Nasa già da tempo ne ha sottolineato l'utilità per migliorare le prestazioni di piloti e astronauti e non a caso nei paesi anglosassoni il sonnellino viene chiamato power nap, termine inventato dallo psicologo sociale James Beryl Maas e che va ad indicare proprio il senso di rinvigorimento che fa seguito a una breve dormita.

La pennichella, insomma, non deve essere vista come sinonimo di pigrizia. L'importante, come sempre, è non esagerare e limitare il sonnellino a non più di venti minuti. 

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