SCIENZA E RICERCA

Scoperta (forse) una nuova specie di Australopithecus

Un recente studio su Nature ha presentato nuovi ritrovamenti fossili che potrebbero indicare la scoperta di una nuova specie di Australopithecus, vissuta intorno a 2,6 milioni di anni fa in Africa orientale. Il condizionale però è d'obbligo: i reperti rinvenuti nel sito di Ledi-Geraru, in Etiopia, infatti sono solo denti, e dai soli denti non è possibile stabilire con sicurezza se effettivamente si tratti di una nuova specie. Serviranno altre evidenze per confermare questa eventualità.

Quello che i ricercatori scrivono però è che questi denti differiscono da quelli di altre specie di Australopithecus già note. Potrebbe trattarsi quindi di una nuova specie vissuta nella stessa regione dove 3,2 milioni di anni fa aveva vissuto, nel deserto di Afar, la più celebre Lucy, esemplare di Au. afarensis.

L'altra conferma importante che viene dallo studio diretto da Kaye Reed, paleontologa dell'Institute of Human Origins dell'Arizona State University, è che in quel remoto periodo le australopitecine non erano sole: convivevano con quelli che probabilmente sono stati tra i primi individui del genere Homo, quel ramo evolutivo da cui poi sarebbe originata la nostra specie.

Il nuovo lavoro infatti descrive 13 denti: dieci di questi, come detto, non assomigliano a nessun gruppo tassonomico già noto, tre invece (nella figura: quello in alto a destra e i due in basso a destra) sono riconducibili a individui del Homo vissuti 2,7 milioni di anni fa.

Proprio Reed, che ha coordinato gli scavi del sito di Ledi-Geraru dal 2002, in un paper su Science del 2015 aveva descritto il ritrovamento nello stesso sito etiope di una mandibola di Homo, risalente a quasi 2,8 milioni di anni fa: si tratta del più antico reperto fossile attribuito al nostro genere mai ritrovato.

Hominin fossils from the Ledi-Geraru Research Project area, Ethiopia, suggest that early Homo and Australopithecus species co-existed in the region more than 2.5 million years ago, according to a paper published in Nature. go.nature.com/45Np847🏺 🧪 

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— Nature Portfolio (@natureportfolio.nature.com) 23 agosto 2025 alle ore 21:30

L’intervallo di tempo tra 3 e 2 milioni di anni fa è un periodo particolarmente importante per l’evoluzione umana. Diverse specie e addirittura diversi generi dell’albero degli ominini convivevano in Africa, e in particolare nel corno d’Africa: c’erano i primi individui del genere Homo, c’erano esemplari di Paranthropus (noti anche come australopiteci robusti), e individui di Australopithecus della specie gahri, vissuta dopo la specie di Lucy, Au. afarensis, le cui testimonianze fossili si fermano a 3 milioni di anni fa.

Gli autori del nuovo paper, a prima firma di Brian Villmoare dell’università di Nevada a Las Vegas, suggeriscono ora che i ritrovamenti dei 10 denti fossili potrebbero indicare il quel periodo, in quella regione, la presenza di una nuova specie di Australopithecus. Ma esercitano estrema cautela nell’avanzare quest’ipotesi, e non è per niente scontato farlo tra i paleoantropologi, quando si pensa di avere tra le mani qualcosa di mai visto prima. I ricercatori elencano altre tre possibili ipotesi, scientificamente altrettanto valide, che potrebbero spiegare la collocazione dei nuovi pezzi del puzzle.

La prima è che i denti di Ledi Geraru rappresentino una tardiva popolazione di Au. afarensis. Da un lato quest’ipotesi avrebbe il pregio di non dover postulare l’esistenza di una nuova specie: in questo senso sarebbe parsimoniosa. Dall’altro però dovrebbe introdurre una notevole forzatura, ovvero allungare la vita (per così dire) della specie afarensis di quasi 350.000 anni.

La seconda possibile interpretazione è che i 10 denti appartengano a un Australopithecus che è stato antenato del genere Paranthropus, e potrebbe essere sostenuta dalla taglia piuttosto grande dei premolari e molari rinvenuti. Tuttavia la megadonzia è un fenomeno piuttosto comune in diversi ominini di quel periodo. Inoltre, sebbene si sappia che i parantropi hanno vissuti in regioni del Kenya e della Tanzania tra i 2,7 e i 2,6 milioni di anni fa, finora non sono mai stati ritrovati nella regione di Afar, in Etiopia. Per queste ed altre ragioni, i ricercatori ritengono poco probabile che questa sia la spiegazione corretta.

La terza ipotesi, alternativa alla scoperta di una nuova specie, prova a essere parsimoniosa in modo simile alla prima: propone che i denti appartengano a Au. gahri, una specie già nota nel territorio. Tuttavia, i nuovi denti differiscono nettamente da quelli tipici di Au. gahri, e attribuire i nuovi ritrovamenti a questo gruppo tassonomico ne amplierebbe moltissimo, troppo, la variabilità morfologica. Per questa ragione i ricercatori tendono a escludere che questa sia l’interpretazione corretta.

Considerando quindi i vari scenari esplicativi, l’ipotesi che i 10 denti di Ledi Geraru indichino l’esistenza di una nuova specie di Australopithecus non appare così remota. Se le cose stessero così (ma serviranno ulteriori conferme) il panorama sella storia evolutiva umana tra i 3 e i 2 milioni di anni fa in Africa orientale si arricchirebbe di un nuovo inquilino, oltre a quelli che già sapevamo esserci.

Questa convivenza è già di per sé un’importante evidenza del fatto che l'evoluzione umana sia stata tutt'altro che una storia lineare, in cui una specie veniva sostituita da un'altra. Si è trattato piuttosto di una sperimentazione di biodiversità in cui per lungo tempo più specie hanno convissuto nello stesso ecosistema. A ben vedere il fatto che oggi siamo rimasti solo noi Homo sapiens è più un'anomalia e non la regola del nostro passato evolutivo.

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